M.I.U.R. -
Ufficio Scolastico Regionale per l'Emilia Romagna - Direzione Generale
Le parole chiave per la scuola dell'autonomia
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Sintesi dei
lavori della Commissione
a cura di Roberto Maragliano (13 maggio 1997)
Indice
0. Premessa
1. Quadri di
riferimento
2. Le coordinate metodologiche della
nuova scuola
3. Le aree di sapere della nuova
scuola
0. Premessa
"Esperto al di sopra delle parti, chiamato a dare
un parere su una questione controversa".
Così il dizionario definisce il
saggio.
Non so se noi, che "saggi" siamo stati designati non
dall'amministrazione ma dall'opinione pubblica e da chi la fa, ci siamo
comportati coerentemente con tale immagine.
Ma una cosa è certa: "cosa
insegnare ai bambini e ai ragazzi delle prossime generazioni" (l'interrogativo
postoci dal Ministro Berlinguer) è questione assai controversa, rispetto alla
quale l'esperto non può non essere una collettività senza limiti, destinata a
coincidere con la scuola, ovviamente, ma in prospettiva con la società tutta, e
con le dinamiche della sua attuale, profonda trasformazione. La risposta a
questo interrogativo non potrà mai trovare un punto fermo.
Il lavoro dei
saggi si è concluso. Ma non è terminato certamente il confronto, per il quale,
al di là delle considerazioni affidate alla presente sintesi l'impegno della
Commissione fornisce comunque un'indicazione di metodo.
Essa consiste in due
scelte di fondo.
Quando si affrontano temi di questo tipo, ogni singola
competenza, e di conseguenza la tentazione di far centro attorno al relativo
ambito di esperienza, deve essere subordinata all'esigenza di "pensare in
generale": solo così si può contribuire alla delineazione di una quadro
complessivo di competenze e conoscenze irrinunciabili per tutti coloro che
escono dalla formazione scolastica. Non è solo lo storico che deve sostenere
l'importanza di una formazione storica, la dovranno sostenere il fisico, il
musicista, il tecnologo, il linguista, e lo faranno (l'hanno fatto nell'ambito
della Commissione) rinforzando una cornice generale di considerazioni di
carattere filosofico, sociale, ideologico, epistemologico: in questo quadro di
complessità (che significa non più pensare alle articolazioni di una scuola
liceale, ma alla costruzione di una solida base educativa per la scuola di
tutti) il problema della singola area di formazione perde il suo carattere
locale, e diventa elemento di un tessuto complessivo.
Seconda scelta. E'
opportuno che si consideri programmaticamente aperta l'interpretazione del
significato di un simile impegno di elaborazione, cominciando dalla parte che vi
hanno giocato i singoli membri della Commissione. Per questo occorrerà prendere
in considerazione l'intero tragitto fatto, e le tracce via via depositate. Al di
là della sintesi, inevitabilmente parziale, i saggi della Commissione si
riconoscono nel complesso del lavoro fatto. E nei materiali che lo documentano:
vale a dire nelle circa cinquecento cartelle - le decine di contributi
personali, i verbali delle cinque riunioni tenute dallo scorso gennaio ad oggi,
gli impegni redazionali in vista della presente sintesi - che vengono oggi
consegnate al Ministro Berlinguer, anche nella forma di un Ipertesto (su floppy
disk). L'auspicio è che di questo complesso di materiali si voglia dare la più
ampia divulgazione. La decisione, assunta fin dall'inizio dei lavori dal
coordinatore e condivisa dalla Commissione, di realizzare e mettere a
dispo
sizione di tutti un ipertesto risponde appunto a questo intento: non
indulge alle suggestioni di una moda tecnologica, ma fa sua un'esigenza di
massima democratizzazione dell'informazione e del confronto.
L'Ipertesto,
infatti:
consente la riproduzione e la diffusione del complesso del materiale
accumulato dalla Commissione;
agevola, in chi se ne vorrà servire, modalità
di interrogazione selettiva di tale materiale: per temi, autori, cronologia, ed
anche con collegamenti (operati dal coordinatore) tra la sintesi e i contributi
forniti dai membri della Commissione;
dare il senso di un confronto in
movimento, non riducibile alle ristrette considerazioni di un testo di
sintesi.
1. Quadri di riferimento
1.0 E' parere del
coordinatore che, relativamente all'esigenza di individuare dei quadri generali
di riferimento entro i quali far maturare e collocare una serie di proposte di
revisione degli orientamenti didattici (punto 2 del presente documento) e
culturali (punto 3) della nostra scuola, la Commissione abbia centrato la sua
attenzione prevalentemente su sette nodi problematici.
Si tratta di nodi,
appunto, che tali restano anche alla conclusione dei lavori: non potrebbe essere
altrimenti, considerando la loro ampia portata "filosofica" e la composizione
della Commissione stessa.
I nodi sono:
le questioni relative alla sfera
dell'identità: dell'individuo che si intende formare, del nostro paese (e delle
sue tradizioni storiche, rilette in chiave internazionale), dei processi in atto
di globalizzazione (vale a dire europeizzazione e mondializzazione) della
cultura, della comunicazione, dell'economia, della politica;
l'esigenza di
dare un significato etico ed empirico all'obiettivo di "educare nella e alla
democrazia": l'ultima riforma complessiva dell'istruzione, in Italia, è avvenuta
più di settant'anni fa; sia il contenuto di tale riforma, sia la sua distanza
temporale dall'Italia e dal mondo contemporanei continuano in varie forme a far
sentire il loro peso;
la dialettica che, in ordine all'organizzazione dei
contenuti della formazione scolastica, si apre tra un'impostazione curricolare,
affidata alla solidità dei quadri disciplinari di base (gli elementi
istituzionali delle materie d'insegnamento), e una visione di tipo "reticolare",
orientata ad individuare criteri più mobili di aggregazione delle future
conoscenze e competenze dei giovani;
il problema della sostenibilità sociale,
culturale e ambientale delle dinamiche dello sviluppo, in ordine all'esigenza di
coniugare le risorse disponibili con il bisogno di sicurezza e di aspettativa
individuale e collettiva nel futuro;
la messa in discussione di una visione
esclusivamente "conoscitiva", "verbale" e "acorporale" dell'esperienza
individuale e collettiva, e la conseguente promozione di elementi basilari di un
sapere pratico, manuale e operativo;
la questione del ruolo della cultura del
lavoro nello sviluppo di un nuovo modello educativo;
la sfida che
l'innovazione tecnologica e la moltiplicazione delle fonti di informazione e di
conoscenza pongono all'azione scolastica e all'individuo in crescita.
Su
questi terreni, inevitabilmente, le opinioni dei membri della Commissione non
sono state sempre concordi.
Ma concorde è il loro considerarle espressioni
di "emergenze" alle quali l'azione politica dovrà dare ascolto e
risposte.
1.1 Molto si è discusso di identità, e lo si è fatto il più
delle volte usando il termine al plurale. Nella società del presente, ampiamente
differenziata e aperta a un mutamento costante, l'individuo deve orientarsi
sulla base di un gran numero di modelli, talvolta anche contrastanti e, lungo
tutto il corso della sua vita, deve assumere, di volta in volta, ruoli diversi,
a seconda dei contesti di esperienza e di attività. E' dunque assai più
difficile, oggi, proporre e far sì che un individuo mantenga una sua identità
definita: i suoi quadri di riferimento saranno forniti dalla mediazione delle
forme sociali e culturali, ma anche da processi centrifughi rispetto a queste,
basati sulla possibilità di far leva su una elaborazione cosciente della sua
personale esperienza di vita.
In questo senso, il problema dell'identità
individuale e delle forme di appartenenza dovrà essere al centro dell'attenzione
di una scuola rinnovata. E ciò lo si potrà ottenere sia concedendo un'importanza
fondamentale agli aspetti metodologici della conoscenza (si tratta fornire gli
strumenti linguistici, interpretativi, operativi che meglio rispondono alle
esigenze attuali di un'alta mobilità tra le diverse forme di specializzazione
culturale e professionale) sia lavorando a promuovere un fondamento di
solidarietà universale che si anticipi alla definizione delle identità
particolari e favorisca il riconoscimento reciproco delle differenze.
1.2 Ci si deve rendere conto di quanto sia ancora grande, in Italia, la
diseguaglianza delle opportunità educative. L'articolo 3 della Costituzione
italiana aveva impegnato la repubblica a "rimuovere gli ostacoli di ordine
economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei
cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana". Ma secondo alcuni
dei più importanti indici internazionali sullo sviluppo dell'educazione, risulta
che la produttività formativa del scolastico italiano è ancora arretrata
rispetto a quella di buona parte dei paesi europei. Famiglia, ricchezza e
cultura di provenienza determinano in forme non più accettabili la riuscita
scolastica di moltissimi individui.
1.3 La scuola è l'unica sede in cui
si presentano in forma ordinata e relativamente completa le "istituzioni" dei
vari saperi, diversamente da quanto accade per le informazioni più o meno
occasionali e scoordinate che vengono fornite da altre sedi. Ma questo stesso
"disordine", che è proprio della società dell'informazione, agisce come specchio
e generatore di una costante revisione dei quadri istituzionali delle
conoscenze. La scuola non può assistere inerte a questo fenomeno. Le si potrà
chiedere di darsi un assetto culturale all'interno del quale la dimensione
disciplinare e quella reticolare (dei saperi trasversali e dei collegamenti fra
le diverse aree) costituiscano i poli di un campo di tensioni costruttive,
sostenute da un costante impegno di ricerca e di proposizione.
1.4 Un
sistema formativo contribuisce allo sviluppo di un paese quando sa anticipare le
domande, i bisogni, i vincoli di un futuro possibile. Di fronte alla crisi del
rapporto qualità della vita - qualità del lavoro - qualità dello sviluppo, alla
scuola si chiede di operare in vista della promozione di una "cittadinanza
attiva": un obiettivo, questo, al perseguimento del quale concorrono, oltre la
domanda di lavoro, le caratteristiche qualitative del "sistema Italia", della
cittadinanza, dell'organizzazione ambientale e culturale, dello sviluppo, della
Pubblica Amministrazione. In questo quadro va dato un opportuno rilievo
formativo al problema della sostenibilità ambientale dello sviluppo, inteso come
complesso intreccio di elementi scientifici, di innovazione tecnologica, di
mentalità e di cultura, di approccio sistemico ai problemi, di coerenza tra
conoscenze, valori e comportamenti, di nessi tra locale e globale e tra presente
e futuro, di capacità di gestione delle risorse naturali e di rispetto per le
altre forme di vita.
1.5 Sviluppo fisico, manipolazione, operatività
minima volta a costruire oggetti sono state fondamentali capacità umane
suggerite, imposte, garantite anzitutto nell'extrascuola, dalle condizioni
ambientali e dai modi di vita delle società preindustriali e industriali, e solo
assai secondariamente dall'istituzione scolastica. La loro acquisizione, con
quella della parola, ha consentito agli individui e ai gruppi umani di muoversi
nelle articolazioni dello spazio delle culture, dalle forme più concrete alle
più astratte, dalle più private e locali alle più universali. La scuola, in
quelle condizioni, ha potuto essere scuola di verbalità e di saperi postverbali.
Ma ormai le condizioni sono cambiate. La scuola della verbalità e dei saperi
postverbali gira a vuoto se non recupera le previe dimensioni della manualità e
dell'operatività, dai livelli elementari del gioco e della quotidianità su su
fino ai livelli più impegnativi dello sviluppo di capacità di controllo e
comprensione di tecniche e tecnologie, anche com
e risorsa per educare a un
costume di collaborazione, recuperare l'etica del lavoro e della produzione,
preparare ai necessari rapporti col mondo complesso dell'organizzazione sociale
e produttiva
1.6 Far sì che la scuola metabolizzi progressivamente
una nuova cultura del lavoro significa investire su due fronti: l'orientamento e
la proposta formativa. Per il primo fronte, si tratta di introdurre nella
didattica alcuni contenuti innovativi propri di questo nuovo approccio: il
superamento della "cultura del posto" a vantaggio di una nuova visione delle
opportunità e delle professioni; la cultura della flessibilità attraverso la
conoscenza delle nuove forme di organizzazione dei processi lavorativi; le nuove
forme del lavoro, da quello autonomo a quello artigianale, a quello atipico; la
preparazione all'autoimprenditorialità. Per il secondo, considerata la maggiore
velocità di trasformazione dei processi strutturali rispetto a quelli culturali,
il problema più urgente è di por mano all'impianto metodologico della scuola: è
in gioco non solo una questione di contenuti, ma anche e soprattutto una
questione di metodo di studio e di impegno umano. Si tratta allora di utilizzare
e valorizzare le forme dell'apprendere proprie del mondo esterno alla scuola,
sviluppando il senso di responsabilità e di autonomia che richiede il lavoro, le
capacità etiche ed intellettuali di collaborazione con gli altri, la
pianificazione per la soluzione di problemi concreti e la realizzazione di
progetti significativi (competenze di tipo trasversale da promuovere nella
scuola e nell'educazione permanente). In questo quadro andrà particolarmente
valorizzato il rapporto costruttivo fra scuola, comunità locali, mondo
produttivo.
1.7 Le tecnologie possono essere viste come veicoli.
Oppure come ambienti di formazione dell'esperienza e della conoscenza. Nel primo
caso il loro apporto alla formazione sarà puramente strumentale: permettono di
risparmiare tempo (e talvolta denaro), ma non incidono sulla qualità culturale
dell'insegnamento e dell'apprendimento. Nel secondo caso il ruolo che
svolgeranno tenderà ad essere ben più impegnativo, anche e soprattutto sul piano
epistemologico.
2. Le coordinate metodologiche della nuova
scuola
2.1 Compito prioritario della nuova scuola è la creazione di
ambienti idonei all'apprendimento che abbandonino la sequenza tradizionale
lezione - studio individuale - interrogazione per dar vita a comunità di
discenti e docenti impegnati collettivamente nell'analisi e nell'approfondimento
degli oggetti di studio e nella costruzione di saperi condivisi.
Queste
comunità dovranno essere caratterizzate dal ricorso a metodi di insegnamento
capaci di valorizzare simultaneamente gli aspetti cognitivi e sociali, affettivi
e relazionali di qualsiasi apprendimento.
2.2 Elemento cruciale per
l'apprendimento e per la motivazione all'apprendimento è dato dalla qualità
delle esperienze che insegnanti e studenti realizzano in relazione alle aree di
studio. I saperi offrono i materiali dell'imparare, ma acquistano significato (e
praticabilità, anche operativa) in rapporto a come vengono collocati dentro il
tessuto delle diverse forme linguistiche e delle strutture teoriche: di qui la
centralità dell'epistemologia propria di ogni area di sapere, che fornisce
alcune delle coordinate di riferimento per l'approccio didattico.
Le
"discipline di studio" vanno dunque pensate come campi di significato che
debbono fornire un orizzonte intersoggettivo ma anche acquistare un senso
personale e tradursi in operatività, non solo in verifiche scolastiche.
L'istruzione non può e non deve mirare ad essere enciclopedica.
Sezioni
diverse del sistema scolastico hanno livelli e scopi diversi, ma in ognuno di
esse la regola dovrebbe essere l'insegnamento di alcune cose bene e a fondo, non
molte cose male e superficialmente: si deve avere il coraggio di scegliere e di
concentrarsi.
2.3. Si deve sviluppare una nuova modalità di
organizzazione e stesura dei programmi, che preveda l'indicazione dei traguardi
irrinunciabili e una serie succinta di tematiche portanti.
E' necessario
operare un forte alleggerimento dei contenuti disciplinari.
2.4.
Tutto ciò comporta un forte investimento negli insegnanti: nel gusto per
l'insegnamento, nel senso morale, nel piacere che viene dal far conoscere, far
discutere, far costruire sapere.
La scuola deve diventare un luogo di vita e
di apprendimento per docenti e studenti: per far questo ci vogliono spazi e
tempi adeguati e vivibili.
Va progettato un grande lavoro collaborativo
imperniato sull'interazione nei due sensi fra scuola da un lato e università e
centri di ricerca dall'altro. Gli obiettivi di questo sforzo consisteranno nella
riqualificazione culturale dei docenti (accompagnata dalla drastica eliminazione
dell'attuale cumulo di inutili procedure burocratiche) e nella riapertura delle
vie di passaggio tra scuola e università. La professione dell'insegnamento dovrà
tornare ad essere culturalmente e socialmente desiderabile, grazie anche a nuovi
profili di carriera e adeguati riconoscimenti economici.
2.5
Maggiore attenzione, nell'ambito della didattica, dovrebbe essere data alla
utilizzazione di una pluralità di strumenti educativi, quali:
testi di buona
divulgazione, per tutti gli ambiti disciplinari, scritti con abilità narrativa e
capaci di attrarre l'interesse degli allievi;
attività di ricerca,
individuale e di gruppo, che insegnino a bambini e ragazzi a responsabilizzarsi,
organizzare il pensiero, preparare relazioni scritte: tutte capacità cruciali
nel moderno mondo della comunicazione e del lavoro;
pratiche di gioco, e non
solo a livello elementare. Il vero gioco e' vivace, lieve, ma anche
appassionato, e quindi serio. L'esigenza di alleggerire il carico culturale e
materiale della nostra scuola va inteso anche in questo senso: vale a dire come
invito a proporre, tutte le volte che ciò sia possibile, contesti didattici
all'interno dei quali apprendere sia esperienza piacevole e
gratificante;
impiego delle macchine della conoscenza e dell'elaborazione di
informazioni e problemi. In particolare, gli strumenti multimediali sono
estremamente motivanti per bambini e ragazzi, perché non hanno affatto odore di
scuola, danno loro il senso di disporre di risorse per il saper fare e
consentono di non disperdere, ma valorizzare, in un quadro intellettuale più
strutturato, forme di intelligenza intuitiva, empirica, immaginativa, assai
diffuse tra i giovani.
2.6 Bisogna intervenire sull'editoria
scolastica, sollecitandola a (e fornendole le condizioni per) maturare nuove
scelte produttive, a favore di testi essenziali (per gli studenti) e più ampi e
documentati (per i docenti). Si tratta di un impegno gravoso per l'editoria, ma
il sacrificio potrebbe esser compensato:
da un investimento collettivo su
biblioteche di istituto (assai più ricche ed efficienti delle attuali),
necessarie se si vuole davvero giungere ad una costante utilizzazione degli
edifici scolastici al di fuori dell'orario delle lezioni e si intende puntare
seriamente sulla riqualificazione permanente dei docenti;
dalle opportunità
offerte da un mercato interno e internazionale in cui si fa sempre più forte la
domanda di prodotti di divulgazione di elevato profilo culturale e che
utilizzino al meglio le risorse della tecnologia.
2.7 L'istruzione e
la vita famigliare dovrebbero essere maggiormente connesse che nel passato. Al
momento non poche famiglie entrano nella scuola quasi solo per ricevere notizie
sul rendimento e sul comportamento dei figli. La formale "democratizzazione"
della scuola, attraverso la partecipazione dei rappresentanti dei genitori, ha
mostrato, nella forma attuale, molti e preoccupanti elementi di debolezza.
E' dunque necessario ripensare il legame fra scuola, famiglia e società
civile, in termini più concreti, dove la scuola sia parte attiva delle moderne
collettività urbane. Il mondo del lavoro, del volontariato, delle religioni, dei
gruppi ambientalisti, della cultura, dovrebbero tutti penetrare nella scuola, ed
essa a sua volta dovrebbe volgersi verso l'ambiente esterno attraverso
associazioni scolastiche, e iniziative varie. Dibattiti e discussioni,
rigorosamente preparati, sono strumenti cruciali, anche all'interno del gruppo
classe, per la creazione di quel "mettere in questione" e di quella autonomia
intellettuale che idealmente formano le basi di una moderna società civile.
2.8 E' necessario operare un serio riconoscimento della profonda
mancanza di obbiettività riguardo al "genere" nella maggior parte del materiale
attualmente in uso nelle scuole italiane: il fatto che più ragazze che ragazzi
perseguano attualmente la loro istruzione non significa affatto che sia stata
eliminata la parzialità riguardo alla posizione preminente del soggetto maschile
nel materiale scolastico e in parte delle attività didattiche. Un analogo
atteggiamento dovrebbe essere esercitato tutte le volte che, volontariamente o
no, emergono pratiche e culture di discriminazione nei confronti delle diversità
umane.
3. Le aree di sapere della nuova scuola
3.1 Una
particolare attenzione va dedicata alla comprensione e alla produzione del
discorso parlato e scritto, in tutta la pluralità di testi possibili,
sollecitando sia l'efficacia della comunicazione sia il controllo della validità
delle argomentazioni.
La pratica degli usi funzionali più diversificati della
lingua parlata e scritta significa familiarizzare con i diversi generi di
discorso: un'esperienza da iniziare presto nella scuola di base, ma che andrà
continuata, ripresa e approfondita ai livelli ulteriori.
Dunque, un'assoluta
priorità deve essere accordata al "controllo della parola", e in particolare una
nuova enfasi e urgenza va riposta sulla capacità di scrivere correttamente ed
efficacemente in italiano. La tradizione orale e retorica dell'istruzione e
della cultura italiana non sono buone basi per una moderna educazione. Né lo è
l'acritica accettazione delle attuali tendenze comunicative dei mass media.
L'educazione, a qualunque livello, non può essere basata sul ricalco orale di un
concetto o di un'informazione, dentro un arco di tempo estremamente ridotto. E'
necessario andare controcorrente, ed insistere sul valore insito nelle attività
di ricezione-produzione di lingua scritta, e sull'allenamento mentale che esse
comportano.
In questo quadro, l'approccio del giovane alla dimensione
letteraria dovrebbe essere sviluppato secondo le caratteristiche di una pratica
di lettura disinteressata, libera, avventurosa. La lettura va intesa e
sollecitata come emozione immediata e come bisogno-piacere inesauribile, come
scoperta di un libro e continua ricerca di altri libri, come esperienza che può
sembrare irripetibile e che può invece durare all'infinito, e perciò anche come
uso imprevedibile e imponderabile dei testi. La didattica, anche con la sua
strumentazione storica, critica, filologica, dovrebbe tendere a questo
risultato, svolgendo un ruolo ausiliario e ritirandosi al momento opportuno.
Dovrebbe inoltre saper integrare l'esperienza tradizionale del lettore
"catturato" dal testo, e l'esperienza moderna del lettore partecipe e
cooperante, del lettore-lettore e del lettore-autore.
3.2 Quanto
alle discipline scientifiche, è essenziale puntare sul lavoro didattico di
scoperta e di esperienza diretta a livello di scuola di base, dove c'è spazio e
tempo per attività libere di laboratorio e dove i bambini possano mettere le
mani e gli occhi su oggetti, materiali ed eventi. Mediante l'identificazione
concreta e la classificazione di fenomeni e processi, di materiali e delle loro
proprietà, verrà gradatamente sviluppata una positiva "conoscenza del mondo
naturale", e, con essa, l'interiorizzazione dei valori del rispetto e della
conservazione della risorse e dell'ambiente (inteso come res publica e non più
res nullius): con un tale approccio, maturerà negli allievi un adeguato
linguaggio di base e sarà favorita l'intersoggettività di congetture
interpretative non ancora formalizzate.
Più avanti questa linea d'azione
andrà integrata con pratiche di narrazione storico-divulgativa degli eventi
significativi dello sviluppo delle scienze, con lo scopo di mostrare anche i
contrasti con altre forme del pensiero e l'effetto dirimente delle prove
dimostrative (comunemente intese come frutto di "metodo").
A livello
superiore si condivide l'esigenza di immettere negli insegnamenti delle scienze
fisico-naturali una prospettiva critica, di natura storico-epistemologica, che
ne consenta l'integrazione nel sistema dei saperi sociali e permetta anche di
accogliere la tecnologia come ambito e strumento di conoscenza, e come tramite
con le attività di produzione di beni e servizi. Su un piano più generale, si
dovrà operare al fine di mettere gli allievi nelle condizioni di far fronte
all'incertezza, intesa come istanza epistemologica propria delle scienze
contemporanee, e come ambito entro il quale far esercitare le dimensioni di
responsabilità della scelta e il coinvolgimento etico che essa comporta.
Va
tenuto conto che gli insegnamenti scientifici sono ancora oggi legati in gran
parte ad un apprendimento dai testi. E' quindi essenziale un profondo
ripensamento dei modi, spesso pedanti, con cui sono esposte le scienze in simili
strumenti: si tratta insomma di lavorare a rendere meno labile il linguaggio
scientifico evoluto, almeno nei suoi aspetti più elementari. In questa
operazione possono essere utili i sistemi multimediali di simulazione, il cui
ruolo e le cui funzioni andranno chiaramente identificati e promossi,
particolarmente in rapporto all'esigenza di disporre di rappresentazioni mentali
efficaci e operative.
Un'attenzione particolare e profondamente innovativa
sul piano metodologico va riservata all'insegnamento della matematica, che
attualmente registra, soprattutto a partire dall'attuale scuola media, il
maggior numero di fallimenti a cui si aggiungono un gran numero di esiti al
limite dell'accettabilità. La ricerca sulla matematica non scolastica indica la
necessità di insegnare agli studenti ad usare idee e tecniche di tipo matematico
nella soluzione di problemi diversi (sia di scienze fisico-naturali sia di
scienze sociali). Sembra essenziale, a questo riguardo, che bambini e ragazzi
non perdano il piacere del matematizzare, non siano demotivati da eccessi di
formalismo e siano aiutati dagli insegnanti e dagli stessi compagni a pensare a
percorsi alternativi di soluzione e ad utilizzare in positivo le dinamiche degli
eventuali errori.
3.3 Si auspica una generalizzazione di modi nuovi
di "fare storia" nella scuola di tutti. Una volta abbandonato il vincolante
impianto storicistico di tutti i nostri attuali programmi umanistici, non si può
più intendere la storia solo in senso politico, e come sequenza cronologica di
avvenimenti. Occorre un profondo ripensamento che investa i criteri delle
periodizzazioni, e tenga conto del fatto che ci sono tanti "tempi" quante sono
le logiche dei fenomeni che si esaminano.
Sono parte della storia come
ambito disciplinare, a livello della scuola per tutti, le grandi trasformazioni
culturali che riguardano la storia della mentalità e delle idee, la letteratura,
l'arte, la musica.
Non si possono riproporre tante "storie" differenziate,
soprattutto all'interno dell'obbligo scolastico (diverso è il discorso per gli
indirizzi superiori), ma si deve coraggiosamente puntare ad una "storia
integrata", innovando le attuali pratiche.
Gli attuali strumenti di studio
vanno revisionati ed integrati con l'uso di testi di alta divulgazione e con
l'impiego di nuovi strumenti (repertori di dati e di immagini, fonti orali,
materiali cinematografici e audiovisivi, ricostruzioni virtuali, giochi di
ruolo, ecc.).
3.4 E' indispensabile dare un opportuno spazio
culturale (anche nell'ultimo biennio dell'obbligo) alle "scienze sociali" e alle
risorse che esse forniscono in vista della comprensione dei meccanismi di fondo
dell'agire individuale e collettivo. A titolo di esempio, temi come: il PIL e il
deficit; i sistemi politici e quelli elettorali; i condizionamenti "naturali" e
lo sviluppo economico-sociale, il formarsi della personalità, il funzionamento
dei gruppi, il linguaggio, la comunicazione e i suoi strumenti (in particolare i
media), andranno affrontati con adeguati riferimenti tecnici, teorici e
concettuali. Non si tratta di introdurre un ventaglio sconsiderato di nuove e
vecchie "materie", ma di sviluppare un insegnamento delle scienze sociali per
blocchi tematici, attorno ai diversi rapporti tra natura e società, economia e
società, potere e società, cultura e società. Su questo terreno esistono già
esperienze consolidate, in alcune scuole sperimentali, ma in vista di una
generalizzazione dell'esperienza è nec
essario pensare ad una chiara
identificazione culturale dei docenti, in un'area d'insegnamento per definizione
multidisciplinare.
In tale contesto si colloca una revisione complessiva
dell'educazione civica, che si dovrà sviluppare sia con i blocchi tematici delle
scienze sociali sia con lo studio comparativo di testi di grande importanza
civile (filosofici, giuridici, religiosi), favorendo nei ragazzi una sorta di
"navigazione mobile" attraverso le molte visioni su cui la società potrebbe, o
dovrebbe essere organizzata. Qualunque siano i suoi contorni, la nuova
educazione civica dovrebbe:
avere più peso nella valutazione
scolastica;
introdurre forti elementi di libero pensiero;
procedere,
almeno in parte, per dibattiti e discussioni.
3.5 La tradizione
classica costituisce un patrimonio importante per il nostro paese: è necessario
che gli italiani sentano come propri e conoscano i monumenti fra cui vivono per
stabilire un proficuo rapporto con il loro ambiente storico e
geografico.
Naturalmente il nostro passato greco-latino non dovrà essere
necessariamente noto a tutti attraverso la diretta conoscenza delle due lingue:
l'approfondimento delle condizioni di vita, delle culture, dei mondi fantastici
e istituzionali dei due popoli potrà essere affidato a resoconti in chiave
moderna che sappiano utilizzare anche nuovi e novissimi strumenti di
comunicazione.
Altro discorso va fatto per uno specifico percorso scolastico
destinato alla formazione dei futuri antichisti. Questo percorso classico (o
comunque lo si voglia chiamare) dovrà fornire anche la conoscenza delle due
lingue antiche, che potrà utilmente maturare a partire dagli ultimi anni della
formazione obbligatoria , sotto forma di opzione non vincolante, e proseguire
fino al completamento del periodo della scolarità, tenendo comunque presente che
la finalità dell'apprendimento delle lingue antiche è tutta e solo nella
possibilità che essa consente di accedere direttamente alle due civiltà e, per
il latino, nella comprensione storica dell'italiano.
3.6 Per coloro
che amano la cultura e la storia di un certo secolo è sempre eretico il
suggerimento che un altro potrebbe essere educativamente più importante.
Tuttavia, nessuna riforma culturale del sistema scolastico italiano può
lasciare il Novecento nell'attuale stato di abbandono o di rimozione. La storia
e la cultura recenti devono trovare adeguato spazio negli insegnamenti. Il
Novecento può essere affrontato in assoluta serenità se ci si rende conto che
nessun insegnante è al di sopra delle parti, qualunque sia l'argomento o il
secolo, ma che tutti gli insegnanti hanno l'obbligo (è la loro versione del
giuramento di Ippocrate) di presentare idee avverse alle loro, nel modo più
intellettualmente onesto possibile.
Va comunque tenuto presente che il
Novecento non si caratterizza solo per un insieme notevolmente complesso di
avvenimenti ma anche per l'affermarsi di ottiche, teorie, linguaggi assai
diversi da quelli tradizionalmente adottati dalla scuola. La rilevanza
scientifica, tecnologica ed epistemologica del Novecento andrà quindi riferita
alle dimensioni di "crisi" e alle tradizioni conflittuali che stanno all'origine
delle esperienze contemporanee.
3.7 Quanto all'insegnamento della
filosofia - positiva specificità della scuola italiana - non ha giustificazione
la proposta di estenderlo, nella sua forma attuale di ricostruzione storica,
alle scuole non liceali.
Bisogna pensare a qualcosa che sia valido per tutti
(ma non prima dei 15-16 anni), quindi anche (e sono la maggioranza) per i
giovani degli attuali istituti tecnici e professionali: dovrà essere una
rassegna di idee portanti e servirà alla costruzione delle loro identità e alla
riflessione sul loro stare nel mondo.
Nella fase successiva all'obbligo si
deve dunque pensare a un insegnamento di "elementi di filosofia" (per tutti,
qualunque sia l'indirizzo prescelto) che potrebbe trattare, esemplificativamente: questioni di etica, necessarie per comprendere le forme di
validazione e di argomentazione in materia di valore, giustizia, ecc. a partire
dai temi dei diritti/doveri, della cittadinanza, della bioetica, della medicina;
questioni di logica, di verità e plausibilità, in relazione ai problemi
epistemologici e alle diverse forme di linguaggi convincenti e persuasivi. E' un
impegno didattico che si può realizzare agevolmente muovendo da testi filosofici
accessibili, anche classici.
3.8 L'apprendimento di un inglese
veicolare finalizzato alla comprensione di "istruzioni per l'uso" ed alla
comunicazione quotidiana con persone di altre nazionalità, oltre a rispondere
alle esigenze del tempo, consentirebbe di avviare su una nuova e più solida base
una politica complessiva delle lingue nella scuola.
Accanto all'italiano
come lingua madre per i più (ma anche come lingua straniera per gli immigrati),
e assieme al francese, il tedesco, lo sloveno, ecc., propri delle aree di
bilinguismo del nostro paese, sarebbe opportuno proporre per tutti, fin dai
primi anni di scuola, l'apprendimento e l'uso di un inglese essenziale, non
letterario (da utilizzare anche con i compagni immigrati, spesso bi o trilingui), e poi, negli anni successivi, lo studio, avanzato sul piano
produttivo e culturalmente articolato di una o più lingue della comunità
europea.
3.9 Va apertamente denunciata e conseguentemente rimossa la
condizione marginale alla quale sono relegate, nella nostra scuola, le arti
sonore e visive, e tutto ciò che le integra (come il teatro e cinema). Ciò è per
un verso scandaloso, per un altro verso è espressione di un più generale
atteggiamento autolesionistico, considerata l'immagine europea e mondiale della
nostra cultura e delle nostre tradizioni: si pensi, per fare un solo esempio, a
quanto poco si investe sulla circolazione internazionale e sull'insegnamento di
una lingua, quella italiana, praticata da tutti quanti nel mondo si occupano o
si interessano di musica vocale. Occorre reagire con coraggio e inventività a
questo stato di cose: in caso contrario, l'Italia rischia la svendita o
l'alienazione del suo patrimonio storico più prezioso.
Occorre dare
legittimità scolastica alle forme di sapere che sono proprie degli spazi
acustici, investendo in primo luogo sull'ascolto, inteso come espressione di un
modo diretto e partecipato di stare in rapporto con le cose.
La musica parla
al mondo e parla del mondo, e si fa intendere anche da chi non dispone di una
specifica alfabetizzazione musicale: la logica, il movimento, la retorica sono
continuamente ed efficacemente azionate dai suoni e dalle voci.
Non si tratta
di fare della scuola un luogo di informazione sulla musica. Si tratta invece di
farne una sede di esperienza acustica e musicale.
Praticare e realizzare
musica, prima e dopo - ma non necessariamente con - il supporto tecnico della
notazione, significa riconoscere, gustare ed inventare strutture di suoni e di
silenzi, e ciò lo si può fare anche attraverso forme di riflessione che nascano
dall'agire e quindi dall'intelligenza del corpo. In questa prospettiva, la
composizione musicale andrà integrata con l'improvvisazione, che è un modo per
"andare al di là di ciò che si sa", per dare parola, attraverso il gesto sonoro,
al non detto delle emozioni.
I riferimenti storici e ambientali alle diverse
espressioni musicali acquisteranno senso e diventeranno patrimonio dei giovani
solo se ad essi non verrà mai negata questa possibilità di intendere le arti
sonore come "luogo del saper essere e del saper fare".
La scuola dovrà essere
anche la sede per un incontro tra i giovani e la civiltà figurativa, intesa come
espressione di un fare dotato di una sua specifica identità. E' inevitabile
legare questa identità al linguaggio "visivo", ma l'esigenza di conoscerlo e
praticarlo consapevolmente può essere considerata fondamentale, contribuendo
così a dare una base alla formazione complessiva dell'individuo, solo attraverso
una lettura coordinata del suo complesso costituirsi, nel tempo storico e negli
spazi d'uso, in forma, immagine, oggetto, territorio.
In questo senso le arti
figurative offrono opportunità enormi e non sostituibili allo sviluppo
dell'inventiva, dell'operatività, della comunicazione, del giudizio.
Un'auspicabile promozione scolastica del complesso delle attività legate alla
conservazione e alla valorizzazione dei beni culturali porterebbe anche alla
maturazione del senso storico e di una più compiuta responsabilità ambientale,
nonché allo sviluppo di sofisticate competenze tecnologiche.
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