Obbligo Formativo nella scuola in rapporto alle azioni formative integrate della Regione Emilia e Romagna di Marco Paolo Dellabiancia
Giugno 2001
Indice:
1) Le ultime
elaborazioni della Commissione per il riordino dei cicli scolastici
Da qualche giorno, prima del passaggio dell’incarico tra i Ministri della Pubblica
Istruzione Di Mauro e Moratti, sono state rese disponibili sul sito ministeriale
tutte le indicazioni della Commissione di studio per il riordino dei cicli sulla
scuola secondaria: tutte quelle, almeno, che sono state espresse nei tempi risultati
compatibili con le scadenze del governo uscente. Si tratta, infatti, soltanto
delle tematiche generali e di carattere "trasversale" che hanno preceduto
logicamente e temporalmente l’analisi di carattere disciplinare (nella nuova
situazione rimandata a tempi futuri).
Tra esse si trovano le elaborazioni sull’Obbligo Formativo nella scuola. L’argomento, in particolare, è stato affrontato con il rapporto del gruppo di lavoro n. 5, tuttavia è evidente che solo una lettura del documento complessivo può consentire una comprensione adeguata del testo di tale relazione, giacché anche gli altri gruppi, chi più chi meno, hanno definito delle concettualizzazioni che vanno a costituire lo scenario in cui tale relazione specifica si colloca.
Così il primo gruppo, impegnato su "Profili e terminalità", ha chiarito definitivamente che i curricoli secondari dovranno rafforzare la dimensione culturale e favorire l’orientamento formativo, senza tralasciare di fornire elementi di professionalità generale che possa anche risultare riconoscibile e spendibile sul mercato del lavoro, purché non intesa in senso specialistico e settoriale. Più inquietante, poi, può risultare l’affermazione che i profili di uscita saranno caratterizzati da conoscenze, abilità, atteggiamenti e motivazioni, perché non è facile ipotizzare verifica puntuale e costruzione di percorsi coerenti a proposito degli ultimi due elementi (di personalità), mentre più facilmente controllabili risultano nei primi due (di conoscenza).
Parimenti importanti sono le affermazioni del secondo gruppo, sulle "valenze dell’area comune", quando ne indica il significato nella reticolazione delle discipline e nell’individuazione di un’area dei saperi di cittadinanza, dove le medesime discipline si caratterizzino per una propria valenza formativa; ovvero del terzo gruppo, sulle "valenze dell’area d’indirizzo", quando dice che non sono "interamente funzionalizzate alle competenze professionali" e ne propone un’analisi tesa a far emergere le dimensioni operative, riflessivo/teoriche, critiche, di autocontrollo e responsabilità; ovvero il quarto gruppo, sulla "didattica orientante", quando ne categorizza tre ambiti: la dimensione consulenziale (intesa come l’intervento del docente per formare la consapevolezza di sé e del contesto scolastico o ambientale), quella informativa e quella formativa (intesa come l’intervento del docente per formare le capacità di autorientamento e scelta) e quando, introducendo i percorsi orientanti nel biennio, ne prevede: destinazione a tutti gli studenti, seppur con articolazioni individualizzate e interazioni con gli altri ambienti formativi; strutturazione su un’organizzazione modulare della didattica; possesso di risorse per mantenere l’effettiva titolarità delle azioni e formazione iniziale e in servizio dei docenti su queste tematiche (anche integrata col personale della Formazione professionale e dei Centri per l’impiego e di orientamento del territorio) di qualità e non soltanto residuale come avviene ora.
E così via anche per gli altri gruppi, tra cui in particolare spicca l’ottavo su "valutazione, certificazione e passerelle nel sistema di istruzione e formazione professionale" che fa utilmente il punto, in modo chiaro e semplice, su tutti gli argomenti affidatigli, ma senza aggiungere nulla a quanto era già presente da tempo al dibattito avviato dalla riforma.
2) La formazione integrata nella scuola
Il tema della relazione sviluppata dal quinto gruppo, come è stato detto, riguarda Obbligo formativo, Ifts, Eda e la prospettiva della Formazione permanente. Per avere una panoramica completa, perciò, va collegato certamente con l’elaborazione del gruppo sull’Obbligo scolastico (che, infatti, riprende a sua volta e necessariamente anche quello formativo). Ma tali accostamenti, probabilmente frutto di scelte inerenti all’efficacia dell’operosità della commissione, in questa fase di analisi e dibattito non vanno accettati senza approfondimento.
In questo senso si può correttamente convenire, infatti, che, se dal punto di vista della formazione orientante il biennio dell’Obbligo scolastico si debba caratterizzare in modo specifico, perché snodo terminale e consequenziale agli altri momenti orientativi curricolari (nel corso della scuola di base, oltreché in modo del tutto speciale al suo esito) e presupposto dello sviluppo alternativo dei successivi percorsi (nell’istruzione, nella formazione e nell’apprendistato), tuttavia dal punto di vista dell’organizzazione educativa e didattica vada a ricollegarsi con l’Obbligo formativo (del triennio successivo), perché entrambi richiedono una medesima impostazione di base dei percorsi didattici (quella ineludibile premessa per l’individuazione e l’acquisizione di una qualifica professionale sia nella formazione che nell’apprendistato e di forme di esperienza professionalizzante nell’istruzione).
Analogamente, tuttavia, dall’altro lato si può considerare che l’Obbligo formativo nella scuola possa essere differenziato dalle restanti forme di azione integrata (Ifts, Eda ed Educazione permanente) per la titolarità della scuola e, dunque, per la sua prevalenza nel ruolo di regia complessiva e nell’assegnazione di senso all’intero processo di istruzione/formazione. In tal modo, perciò, anche quello formativo si collega all’Obbligo scolastico col quale deve interagire significativamente per la costruzione curricolare e del Pof. In questa prospettiva l’omologazione unitaria e pressante di tutte le forme integrate, indistintamente considerate, può anche ottundere il valore dell’Obbligo formativo nell’Istruzione.
Che cosa significa in parole semplici e dirette quanto si è cercato di far emergere con le affermazioni testé fatte? Ma certamente che il sistema regionale e provinciale di accreditamento e sovvenzione degli Enti di Formazione per attuare le azioni integrate non è poi così funzionale alla progettazione della scuola che, tuttavia, almeno per l’Obbligo scolastico e quello formativo assolto nell’Istruzione, rimane titolare di obblighi definiti per legge. Più funzionale, perciò, parrebbe il fatto che le scuole medesime, riconosciute agenzie formative a pieno titolo o anche soltanto a titolo specifico per Nos e Nof dalla Regione, potessero concorrere mediante le proprie progettazioni ai bandi emessi per l’acquisizione del contributo del Fondo Sociale Europeo (col quale in questi primi anni si sono sovvenzionate appunto dette iniziative).
Ma quando si tratta di riconoscere la titolarità delle istituzioni scolastiche pare che l’Ente Regione (nel nostro caso Emilia e Romagna, ma è probabile che si tratti di una caratteristica che accomuna anche Regioni di colorazione politica diversa: basta leggere l’articolo in nota n. 1 sulla Lombardia) non ci senta in nessuna maniera, come la storia della terza area nel Progetto 92 degli Istituti Professionali sta a dimostrare tangibilmente. Ovvio, però, che tutto ciò si possa dire, senza per questo voler negare l’ampio riconoscimento all’Ente per tutto ciò che ha fatto e sta facendo nel settore delle attività formative integrate.
Per rendersene conto basta, del resto, ricordare il percorso messo in atto, seguendo le ricerche dell’Isfol, ma anche con studi locali (come in nota n. 2), per pervenire alle ultime definizioni sulle certificazioni e sul sistema d’integrazione della formazione.
3) Le premesse sviluppate dalla Regione Emilia e Romagna per l’attuazione delle attività integrate
Il percorso che qui intendiamo ricordare in forma essenziale, ma ragionata, è documentato da poderosi atti curati dal Servizio Scuola Università e Integrazione dei Sistemi Formativi dell’Ente: il primo di tali documenti è sicuramente "Crediti Formativi e Certificazione delle Competenze – Indicazioni Teoriche e Strumenti Operativi", edito ad ottobre 1999.
Tale testo inizia col riprendere tutte le varie tipologie di attestazione in uso, dal Certificato (qualifica, specializzazione, competenza, competenza superiore), al Diploma (qualifica, regionale di specializzazione), alla dichiarazione di Competenze e all’Attestato di frequenza, per avviarsi ad individuare l’itinerario che mira al riconoscimento comune tra le istituzioni dei crediti formativi fino all’esito conclusivo di una modalità unificata di certificazione delle competenze e dello strumento per raccoglierla sia nel Libretto formativo che nel Portfolio.
Il secondo documento essenziale che si incontra sulla strada già percorsa dell’integrazione è il "Glossario Integrato" del Gruppo Tecnico degli Esperti, edito nella stessa data del primo documento. In tale opera si analizzano, specificano e definiscono i termini fondamentali in discussione (competenza, abilità, capacità, unità formativa capitalizzabile, standard formativo minimo ecc.), contribuendo non poco a fare chiarezza nel lessico utilizzato dalla discussione intersistemica che ha accompagnato l’iniziativa regionale.
Il terzo e fondamentale lavoro riguarda "Riflessioni sui Nuovi Modelli di Apprendimento" diffuso nel marzo 2000 a cura del Servizio che aveva già definito il primo documento. Qui si discute la "filosofia" del sistema formativo integrato nell’ottica dei rapporti lavoro – mercato del lavoro - economia nella società postindustriale e si perviene a definire il concetto di "Sistema dell’Education" e le sue caratterizzazioni centrate sulle Competenze. In questo testo si sviluppano tutte le determinazioni da realizzare in Nos e Nof (indistintamente), anche con riferimento alla sperimentazione regionale impegnata nel progetto Janus.
In fase di esplicita realizzazione di quanto fin qui rappresentato dai primi tre documenti, il quarto lavoro consiste nell’allegato A alla Delibera n. 1640 del 3 ottobre 2000. Questo allegato A, in tre parti, descrive minuziosamente le "Modalità di valutazione finale e certificazioni rilasciabili per le attività formative integrate" e nella prima parte, dopo aver definito regole comuni di accertamento e aver enumerato le varie filiere di azioni integrate, espone la nuova modalità di verifica della competenza mediante i Comitati Tecnici di Progetto o Commissioni esperte per filiera, la composizione delle commissioni e, per finire, la prova dell’esame.
Per Nos e Nof in definitiva si prevede che sussista una certificazione delle competenze soltanto:
a) in attuazione di progetti integrati realizzati tramite i Centri di Formazione Professionale o le Agenzie formative (perché evidentemente la scuola statale per forza propria non ha più titolo a rilasciare qualifiche, come quelle dei corsi triennali degli Istituti Professionali);
b) in forma soltanto integrativa - aggiuntiva del documento scolastico attestante l’adempimento dell’obbligo (documento che è stato approvato con DM 70 del 13/3/00 per l’Obbligo scolastico e con la certificazione dell’Esame di Stato – annualmente determinata – per quello formativo);
c) sulla base di una decisione a totale discrezione del Comitato di progetto e dell’attuazione della procedura di verifica regionale (in particolare di competenze comunque non di pertinenza dei normali curricola scolastici – almeno così si dice nel testo dell’allegato – quali sono: azioni orientative e di supporto alla motivazione; iniziative preprofessionalizzanti; approccio alle competenze di base e trasversali).
Su questo punto, ovviamente, la scuola potrebbe avere altra opinione, dicendo ad esempio che solo per la formulazione dell’ultimo elemento potrebbe riconoscersi una mancata competenza, dal momento che la distinzione tra competenze di base e competenze trasversali è un’elaborazione della Formazione Professionale, un’elaborazione molto formale ma poco sostanziale che, perciò, non può avere un reale rispecchiamento negli obiettivi educativi e didattici scolastici afferenti ad un impianto epistemologico ben più consolidato. Quindi si tratta, più che di una mancata competenza, di una diversa impostazione degli obiettivi dell’azione formativa e perciò di una mancata condivisione dell’impianto formativo generale, peraltro così come è stato proposto dalla Formazione.
4) Un percorso integrato per Nos e Nof realizzato in Romagna
Se, però, possono sussistere, come abbiamo visto, divergenze e forti caratterizzazioni, almeno a quanto appare dai documenti e dalla loro interpretazione, fortunatamente più solidi sono i legami sulle azioni realmente perseguite, attuate e verificate. A Forlì, ad esempio, si è sviluppata una buona convergenza tra Scuola e Formazione, per effetto di una saggia regia provinciale.
Fin da agosto 2000, infatti, la Provincia aveva cominciato ad approvare le azioni di sistema e quelle corsuali a carico degli Enti di Formazione che avevano in precedenza elaborato appositi progetti da realizzare col fondo sociale europeo – obiettivo 3 – sulla base dei bandi allo scopo predisposti, sulle disposizioni e sulle modalità fissate dalla Regione fin dall’inizio dell’anno e nella prospettiva del periodo 2000/2006.
Questi nuovi progetti presentati, naturalmente, per gli enti che si riproponevano dopo l’esperienza d’avvio nell’anno 1999/2000, avevano potuto godere di una maggior condivisione rispetto a quelli dell’anno precedente e soprattutto avevano usufruito della verifica che in modo più o meno formale scuole ed enti di formazione avevano compiuto al termine della prima discussa edizione (a questo proposito si veda la nota n. 3). Per gli enti che non potevano accampare tale esperienza, poi, si è trattato di predisporre progettazioni un po’ generiche. Perché per tutti e comunque da settembre a novembre si è passati ad una fase di contrattazione e riprogettazione (senza varcare i limiti già fissati, ma con significativi assecondamenti che talvolta sono divenuti veri e propri rifacimenti: basta vedere il caso dell’ITAS "Garibaldi" di Cesena) con le scuole.
Quest’ultima è una fase molto delicata e, in qualche modo, risolutiva a cui spesso le scuole si dispongono con sufficienza e poca attenzione (prevalentemente per le solite carenze nei riconoscimenti economici ai docenti) e gli enti di formazione con scarsa conoscenza del lavoro scolastico. Tutto ciò era già emerso fin dall’anno precedente, tanto che la scuola aveva cercato di diffondere la propria posizione e la propria strumentazione con un articolato e ampio intervento riguardante l’Orientamento e le necessarie connessioni metodologico-didattiche sul portale Web della Provincia (si veda la nota n. 4).
A novembre intanto è uscito un documento fondamentale da parte del Ministero della Pubblica Istruzione dal titolo "Attuazione dell’obbligo formativo nell’anno 2000/2001 – Indicazioni operative per le scuole". In questo testo si ribadiscono tutte le incombenze poste in capo alla scuola citando esplicitamente il manuale dell’Isfol dal titolo "L’intervento per l’obbligo formativo nei servizi per l’impiego". Con riferimento anche a questo testo da novembre 2000 a gennaio 2001 nelle scuole polo per il Nos della provincia di Forlì (una a Forlì e una a Cesena) si sono tenuti incontri di informazione e formazione per Dirigenti e Referenti delle scuole secondarie secondo un progetto del Gruppo di lavoro per il Nos e il Nof dell’Ufficio scolastico provinciale. Tale formazione si è poi prolungata per il resto dell’anno scolastico con un Laboratorio di Progettazione Integrata.
Al termine del mese di gennaio 2001 anche l’Ente Provincia effettuava un coordinamento per i Dirigenti scolastici sulle azioni predisposte per entrambi i nuovi Obblighi ed, inoltre, annunciava una formazione per personale sia degli enti che della scuola di 84 ore sia per il Nos che per il Nof, istituendo nel contempo un Comitato misto di progettazione e un Comitato misto di valutazione dell’azione formativa. E per completare le iniziative di sistema, poco dopo, lanciava un’indagine in collaborazione con l’Università di Bologna sulle prospettive dei futuri percorsi formativi, mediante analisi dei bisogni della popolazione scolastica iscritta al primo anno del corso secondario di II grado in tutte le scuole superiori.
Al momento presente nelle scuole si sono concluse le attività e attraverso la valutazione finale condivisa si è maggiormente saldata la collaborazione; la rilevazione dell’Università sulle opinioni degli allievi è stata effettuata ed ora non rimane che stendere i risultati per poterne desumere le indicazioni più appropriate; il corso integrato ha raggiunto le 36 ore conclusive della prima fase, per riprendere a settembre con le restanti 48 ore della seconda fase. Il quadro è dunque in forte movimento e potrà stabilizzarsi solo alla conclusione delle verifiche e dei monitoraggi dopo l’estate. Tuttavia sussiste una forte tensione comune e positiva tra le diverse istituzioni, che forse si era sentita solo in occasione delle giornate destinate all’Orientamento, quando tutte le scuole avevano, seppur con diverso ruolo, partecipato agli eventi predisposti dall’Ente provinciale sia a Cesena che a Forlì.
5) Le prospettive delineate dalla Commissione di Studio per il Riordino dei Cicli Scolastici
Ma ora, dopo aver visto cosa ha preparato la Regione per l’integrazione e come si è praticamente realizzato un itinerario integrato in una provincia, è necessario tornare alle elaborazioni della Commissione e, in particolare, alle prospettive sondate dal V gruppo di lavoro sull’obbligo formativo (oltreché sulle altre forme integrate che al momento non ci interessano) per commentarne gli esiti.
Gli elementi fondamentali alla lettura del testo sembrano riassumersi in pochi ed essenziali concetti posti in capo alla relazione. Il primo di questi è la definitiva affermazione dell’ottica (già "imposta") dall’elaborazione della Formazione e documentata dagli atti qui già discussi della Regione: sussistono dei vincoli sistemici alla (dichiarata) parità e riconosciuta equivalente dignità dei diversi percorsi formativi, qualità fondative e in un certo senso obbligate per l’attuazione della reale permeabilità e transitabilità tra Istruzione, Formazione e Apprendistato (passerelle). Tali vincoli legano le azioni dei tre protagonisti a quanto uno di essi (di fatto egemone sugli altri) ha predisposto circa le modalità di progettazione delle azioni formative, di verifica, valutazione e certificazione dei percorsi e degli esiti, di controllo e monitoraggio dei processi educativi. Ma proprio sui temi della progettazione, valutazione e controllo si aprono, a parere dello scrivente, i più profondi motivi di dissenso tra Istruzione e Formazione (per l’Apprendistato non si dispongono ancora dei riferimenti fondamentali).
In realtà nella scuola si sta prendendo coscienza che dall’originaria proposta dell’Obbligo scolastico a 18 anni, punto qualificante del programma dell’Ulivo nella campagna elettorale della passata legislatura, si è passati da un lato ad una forte riduzione della prospettiva con l’Obbligo scolastico a 15 anni della Legge 9/99 così come è stata interpretata alla luce della legge 30/00 sul riordino dei cicli, mentre dall’altro si è fortemente valorizzato il sistema della Formazione, anche nella prospettiva della liceizzazione dei corsi d’istruzione secondaria tecnica e professionale. Quanto sono distanti i tempi del Progetto 92, quando si pensava di valorizzare e potenziare i corsi dell’istruzione professionale statale, elevandone la dimensione culturale delle materie dell’area di base e integrandone la valenza professionale con una terza area a carico delle Regioni.
Il secondo punto in discussione è costituito dai contenuti proposti nel documento: si tratta, infatti, dei contenuti connessi alla "cittadinanza". Si ricordi, infatti, che nel documento su "Indirizzi per l’attuazione del curricolo", dettato in attuazione dell’articolo 8 del regolamento dell’Autonomia delle scuole, nel I capitolo si apre un paragrafo di grande importanza (il terzo) sulla formazione alla cittadinanza che ora assume un diverso significato: è stato ricavato in questo modo precisamente un altro ambito di intervento della Formazione nel curricolo scolastico, dopo quello dell’Orientamento nell’ambito del Nos al biennio (intendendo nell’Orientamento le azioni che vanno dall’Accoglienza al Riorientamento e ai moduli di passaggio, terminalità e consolidamento della scelta) e considerando già acquisite definitivamente alla Formazione tutte le forme di Nof nel triennio. Tutto ciò facendo tabula rasa delle precedenti esperienze di formazione (attuate con titolarità e certificazione dalla scuola) sia nel segmento secondario di I grado (Progetto di Orientamento formativo nella scuola media) che in quello di II grado (cooperative nella scuola, IG Student ecc.)
Il terzo punto è quello della Competenza (e della sua certificabilità). Ormai nel dibattito si sono talmente dilatate e sovrapposte le definizioni che parrebbe non sussistere più una diversità radicalizzata in posizioni alternative. Ed invece più si va avanti e più si sta costruendo una fondamentale distinzione. Quella per cui è il contenuto oggetto di formazione a caratterizzare la competenza (Formazione), quella per cui non è il contenuto ma la modalità di formazione – metacognitiva – a caratterizzare la competenza (Istruzione). Da qui il rifiuto di assegnare a certi elementi dell’esperienza del lavoro e della sua simulazione (necessariamente della Formazione e dell’Apprendistato) e della formazione teorica (prevalentemente dell’Istruzione) il contrassegno della riconoscibile reciprocità nel sistema di passaggio e certificazione.
In altre e più dirette parole la scuola non si deve sentire nella necessità di acquisire la progettazione e il sistema delle Ufc, finalizzati alla costruzione delle Competenze, come ineludibile riferimento del segmento formativo del proprio curricolo, giacché fondamentalmente la valenza formativa dell’Istruzione non dipende da queste caratterizzazioni di architettura, quanto dal perseguire le proprie finalità. E le finalità della scuola sono quelle di costruire persone socialmente e culturalmente preparate per vivere compiutamente nella società del proprio tempo. Con queste finalità anche i segmenti formativi dei curricoli devono fare i conti, non con una scolastica della competenza. Mentre è del tutto evidente che rimane essenziale disporre di un contesto adeguato in cui si possano sviluppare le esperienze, perché il contesto è l’elemento che maggiormente interagisce con gli apprendimenti e perciò il lavoro, il tirocinio, l’apprendistato, lo stage sono le sedi appropriate proprio per determinare il significato formativo degli apprendimenti, molto più dei corsi della Formazione.
La relazione, poi, prosegue con numerose altre puntualizzazioni, sia in riferimento ancora all’obbligo formativo, sia all’Eda e all’Ifts (definizione di competenze, percorsi esperienziali ed esiti misurabili, sequenze di contenuti disciplinari ecc. fino alla formazione dei docenti) venendo a costruire, in definitiva, il sistema già visto nell’elaborazione della Formazione.
6) Prime conclusioni
Nelle elaborazioni della Regione Emilia e Romagna e nella relazione del quinto gruppo della Commissione per il Riordino dei Cicli si sviluppa una notevole convergenza di vedute su un sistema che valorizza la regia, la gestione e il ruolo della Formazione. Tutto ciò può essere completamente condivisibile anche dalla scuola per quanto concerne tutte le azioni integrate che si sviluppano nei livelli più alti della formazione per giovani adulti, ma non lo è più quando si rivolge a soggetti in pieno sviluppo psicofisico, come quelli che sono in età di Obbligo scolastico, fino a 15 anni, e di Obbligo formativo nel sistema dell’Istruzione, fino a 18 anni. Per questi soggetti la scuola, pur nel pieno rispetto delle normative vigenti, deve affermare la propria funzione con assoluta preminenza delle proprie finalità e, in tal senso, deve tenere la titolarità piena della formazione degli allievi e della sua certificazione, pur aprendosi all’integrazione con Formazione e Apprendistato, per valorizzare i principali ambiti di esperienza formativa.
In tal senso non solo si ritiene che la scuola non possa recepire la Delibera regionale n. 1640 del 23/11/2000, dove si è pur modificata la certificazione proposta nell’Allegato A, ma si è di fatto cassata qualunque possibilità per l’Istruzione di progettare, attuare, verificare e certificare percorsi formativi integrati che non siano rispondenti al sistema imposto dalla Regione, ma di più ci si attende che la nuova Direzione Scolastica Regionale all’interno dell’Accordo tra Regione Emilia e Romagna e Ufficio scolastico regionale firmato il 24/5/2001 denunci l’inadeguatezza di tale delibera per il suo superamento. Ovviamente ci si attende anche che la Direzione Scolastica Regionale valorizzi questo settore ed impegni le necessarie risorse (dello Stato e non della Regione) per sviluppare le dimensioni di ricerca e di sviluppo sull’analisi dei bisogni formativi, sulla progettazione delle azioni, sulla verifica e valutazione dei percorsi, sulla certificazione di prodotti e processi da un lato, di informazione e di formazione del personale dall’altro su tutte le tematiche connesse agli itinerari formativi, a partire dall’Orientamento e costituendo banche dati e realizzando forme di comunicazioni informative e documentali per le scuole.
7) Note: