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di Marco Paolo Dellabiancia

1) L’Autonomia scolastica all’inizio dell’anno 2000/01

Dopo i due anni precedenti di sperimentazione, quest’anno scolastico non costituisce ancora l’inizio definitivo del processo autonomistico, perché quanto era stato delineato nell’art. 8 del Dpr. 275/99 (Regolamento in materia di autonomia, ai sensi dall’art. 21 della Legge 59/97) manca alla definizione dei curricoli scolastici, anche per effetto della imminenza con cui si presenta il Riordino dei Cicli scolastici (L. 30/2000). Non sono stati definiti, in altre parole:

E tutto ciò manca, perché va descritto nella pienezza della riforma generale del sistema scolastico italiano, prefigurata dalla Legge 30/2000 che mette a regime nuovi Ordinamenti e nuovi Programmi nella scuola dotata di autonoma determinazione. A questo scopo, intanto, il Ministro De Mauro ha istituito una commissione di studio con il compito di individuare i criteri generali su cui basare la realizzazione di quanto la legge indica e l’impianto dei nuovi curricoli. Detta commissione ha già espresso le proprie considerazioni generali in 9 rapporti su altrettante tematiche, consultabili nel sito Internet del Ministero. Ivi si prefigurano i significati generali dei termini attualmente più discussi ed utilizzati come: curricolo, standard, obiettivi, competenze ecc..

Per quest’anno, perciò, il Dm. 234/2000 (Regolamento in materia di curricoli nell’autonomia, ai sensi dell’art. 8 del Dpr. 275/99) ha proposto come curricolo delle scuole autonome "gli ordinamenti e relative sperimentazioni funzionanti nell’anno scolastico 99/2000, sia per ciò che riguarda i programmi di insegnamento che l’orario di funzionamento". Su tale curricolo le scuole ricavano, applicando gli ormai consueti strumenti di flessibilità, la quota dell’85% come limite riservato al curricolo nazionale e la quota del 15% restante per il curricolo locale, in attesa dell’area dell’ampliamento dell’offerta formativa che si potrà realizzare in integrazione con le iniziative degli Enti locali sulle materie loro delegate dal D. L.vo 112/98 (Offerta formativa integrata tra Istruzione e Formazione professionale; Educazione alla salute; Orientamento scolastico e professionale; Continuità verticale e orizzontale; Educazione degli adulti; Pari opportunità; Prevenzione della dispersione scolastica; Interventi perequativi) a partire dal prossimo anno (come rappresentato nella figura 1).

L’applicazione della quota locale potrà servire:

Fig. 1: Il POF nell’Autonomia e nella sperimentazione

 

2) Quadro generale sull’innovazione scolastica all’inizio dell’anno scolastico 2000/01

Per muoversi consapevolmente nella scuola secondaria odierna, i docenti devono sempre più tener presente l’intero fronte dell’innovazione innescata dalla Conferenza Nazionale sulla scuola e realizzata dall’attuale dirigenza politica nell’ambito della legislatura che sta or ora concludendosi. A tal fine si delineano gli aspetti salienti di questa innovazione nei seguenti punti:

  1. Riforma dell’Amministrazione scolastica. Nel luglio dell’anno in corso il Consiglio dei Ministri ha varato il Regolamento per la riorganizzazione dell’amministrazione centrale e periferica che, tuttavia, non è stato ancora pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale ed ha ricevuto taluni rilievi dalla Corte dei Conti. Nella sua essenza tale provvedimento, in attuazione della Legge 59/97, a livello centrale riordina gli uffici di diretta collaborazione con il Ministro (Ufficio di Gabinetto e Ufficio Legislativo, Segreteria del Ministro e Segreterie dei Sottosegretari), elimina tutte le Direzioni Generali, Ispettorati e Servizi che fino ad ora costituivano il Ministero, per dar luogo a due Dipartimenti (per lo sviluppo dell’Istruzione e per i Servizi nel territorio) e tre Servizi (per gli Affari economici, per l’Informazione automatica e l’Innovazione tecnologica, per la Comunicazione). A livello periferico abolisce i Provveditorati agli Studi dall’1/1/2001 e istituisce al loro posto Uffici scolastici regionali che assorbono le Sovrintendenze. Per tutta la regione tale Ufficio svolge i compiti degli ex Provveditorati che non sono delegati alle scuole autonome, anche articolando sul territorio servizi di consulenza e supporto alle scuole.
  2. Sperimentazione dell’Amministrazione regionale . In quattro regioni (Lombardia, Liguria, Toscana e Sicilia) dallo scorso anno scolastico si è avviato l’esperimento della nuova amministrazione regionale. Riferimenti e materiali di lavoro si possono trovare al proposito sia nel Progetto PICTO del prof. Butera che nel Progetto PISA (sperimentazione dei centri di servizio territoriali nella provincia di Pisa).
  3. Attribuzione della Dirigenza scolastica. Ai Capi d’Istututo delle scuole razionalizzate è stata conferita, dopo un’ampia fase formativa che è stata attuata da Enti accreditati nello scorso anno scolastico ed una valutazione del servizio che sta giungendo alla fase finale di scrutinio tramite l’opera di Nuclei regionali a composizione mista, la Dirigenza scolastica, per ora in modo automatico, ai sensi del D. Lgs. 300/99. Per effetto di tale qualifica il Dirigente dall’1/9/2000 ha potuto designare i propri collaboratori (D. Lgs. 59/98), incominciare a organizzare autonomamente le funzioni attuative degli obiettivi nazionali (Ordinamenti e Programmi) e locali (POF), anche mediante assegnazione di direttive di massima e obiettivi al nuovo Direttore dei servizi generali e amministrativi. Dall’autonomia derivano poi ulteriori aspetti di titolarità al dirigente come nella definitività degli atti, il controllo di gestione e le relazioni sindacali.
  4. Funzioni strumentali al piano dell’offerta formativa. Dal CCNL e poi da quello integrativo, come strumento per la realizzazione delle finalità istituzionali, sono state lanciate le Funzioni Obiettivo. Declinate in quattro aree (Gestione del POF; Sostegno al lavoro dei docenti; Interventi e servizi per gli studenti; Realizzazione di progetti formativi d’intesa con enti ed istituzioni esterni alla scuola), tali figure, comprensive del vicario, vengono individuate dal Collegio dei Docenti nel suo seno e sono sottoposte ad una verifica dal medesimo organo in conclusione del proprio mandato. Nell’arco dello scorso anno, poi, si sono realizzate le prime attività di formazione loro destinate con l’impiego di nuove modalità di comunicazione, come quella informatica.
  5. Riordino degli Enti Autonomi e degli Organi Collegiali Territoriali. Tutti gli organismi tecnici della Pubblica Istruzione sono stati rivisitati alla luce della maggior aderenza all’assetto innovativo. Così il CEDE è divenuto l’Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema Scolastico (INVALSI); la BDP è stata ridenominata in Istituto Nazionale di Documentazione per l’Innovazione e la Ricerca Educativa (INDIRE); gli IRRSAE sono diventati Istituti Regionali di Ricerca Educativa (IRRE). Analogamente sono stati definiti e "normati" dal D. Lgs. 233/99 il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione, i Consigli Regionali dell’Istruzione e i Consigli Scolastici Locali che sostituiscono i Consigli scolastici provinciali e distrettuali a partire dall’1/9/2001.

3) I curricoli della scuola dell’autonomia: scuola media

Alla luce di quanto è stato fin qui detto, la scuola appare attualmente un cantiere aperto dove si realizza una grande ricerca: la definizione e l’attuazione del POF. Tale ricerca, a parere dello scrivente, deve tendere a portare i docenti delle scuole Medie a riconsiderare le progettazioni curricolari disciplinari e interdisciplinari, costituenti da tempo il risultato abituale del loro lavoro educativo e didattico nell’attuale scuola Media, per dibattere, prefigurare e possibilmente attuare quell’iniziativa formativa che sembra (alla luce sia delle prospettive sperimentali per gli anni ‘98/99 e ‘99/00 – artt. 12 e 13 del Dpr 275/99 - che della prima applicazione dell’articolo n. 8 del Regolamento – art. 2 del Dm 234/00 come già detto sopra) più direttamente riconducibile alle indicazioni dell’Autonomia e poi ovviamente anche a quelle delle altre Riforme collegate o comunque connesse (NOS, NOF, CICLI ecc.) e cioè la ricostruzione dei percorsi didattici "per obiettivi formativi specifici di apprendimento e competenze degli alunni".

In tal modo si vuole ottenere un duplice risultato: sia quello di avviare la riflessione e possibilmente forme d’innovazione nel loro insegnamento fin da ora, ma anche, se non soprattutto, di coinvolgerli attivamente per arrivare più facilmente all’accettazione responsabile del cambiamento strutturale determinato dal Riordino dei Cicli scolastici che, invece, è stato fin da principio inteso come una punizione per i docenti di questa scuola. Il coinvolgimento, in particolare, dovrà essere perseguito per sollevare la categoria dallo stato depressivo che l’ha colpita negli ultimi anni, col far riassaporare quelle dimensioni di creatività e di generatività disciplinare che facilmente possono venir attivate nell’operatività e ludicità dei linguaggi e delle tecniche delle diverse materie e dell’Educazione Fisica in particolare.

Per perseguire questo fine generale si deve sviluppare un intervento autoformativo o di ricerca – azione che, valorizzandone comunque la professionalità e tutta l’esperienza, tenda a orientare la progettualità di tali docenti su "obiettivi formativi specifici d’apprendimento" descritti per "competenze degli alunni". In tal senso la nuova progettualità dovrebbe individuare:

  1. il profilo di competenze trasversali finale dell’intero ciclo secondario di primo grado (ma ovviamente nello stesso tempo anche l’iniziale del ciclo secondario di secondo grado), e da questo ricavare, per analisi successive,
  2. quelli interni al ciclo e terminali del secondo (ma che costituisce contemporaneamente anche quello iniziale del terzo anno)
  3. e del primo (che costituisce anche l’iniziale del secondo anno), atteso che
  4. il profilo in ingresso al primo anno dovrà attestarsi su quello finale della scuola elementare, e perciò sarà da questa in prima istanza definito e poi, auspicabilmente, soltanto condiviso dalla scuola media. Il profilo dovrà emergere da un dibattito socio - culturale che coniughi le indicazioni dei programmi nazionali (Dm 9/2/79), rappresentativi delle determinazioni più assolutamente fondative della persona, con le esigenze della società contemporanea e delle culture locali.

La spirale triennale (vedi fig. 2) composta da quattro profili annuali (integrabile per un settore del curricolo da percorsi anche più brevi, a seconda se si voglia specificare una periodizzazione quadrimestrale o bimestrale per avviare itinerari modulari speciali con certificazione di competenze – ad esempio nell’integrazione con la Formazione professionale o nell’area dell’ampliamento dell’offerta formativa) dovrà sicuramente attingere, da un fianco e con gradualità rispettosa delle caratteristiche dello sviluppo del preadolescente, a dimensioni globali di competenza come quelle relative al "metodo di studio", a "l’autonomia nell’apprendimento" e al "processo di orientamento" che caratterizzano fortemente in senso unitario tutto il ciclo della scuola Media e il suo asse educativo (si veda il Progetto di Orientamento formativo della scuola Media ex Dm 31/10/96).

Tali componenti poi vanno completate dall’altro fianco da un analogo profilo parallelo delle competenze disciplinari, sia quelle "specifiche di base" (esercitate sui nuclei fondanti dei saperi essenziali), che quelle "applicative" (messe in gioco ad esempio dalla ricerca e dal laboratorio sia disciplinare che pluri e interdisciplinare) a seconda delle caratteristiche proprie di ciascuna materia e del progetto di scuola.

La determinazione delle dimensioni "comuni" indicate nei profili, dunque, esplicitata per competenze, costituisce la struttura "unitaria" vincolante del curricolo e perciò cade nell’ambito della prima fase di lavoro, come l’intelaiatura su cui costruire poi progressivamente la trama e l’ordito dei curricoli valorizzando le potenzialità delle materie.

Per poter partire dal profilo, infatti, ciascuna disciplina scolastica dovrà necessariamente articolare il proprio valore formativo su un ordito rappresentato dalla descrizione dello specifico impianto epistemologico (identificando così le competenze cognitive dichiarative e procedurali; non cognitive, d’atteggiamento e attitudinali; operative ed euristiche; ermeneutiche e metacognitive). Anche le discipline scolastiche meno formalizzate (come i "linguaggi non verbali" o le "tecnologie applicative") dovranno scavare nelle varie dimensioni disciplinari utilizzando i modelli più appropriati (il Tetraedro di Bransford ricordato da Boscolo o i Sistemi di Padronanza ricordati da Margiotta o, ancor più semplicemente, la Struttura pluridimensionale della Disciplina secondo Schawb).

Predisposto un chiaro impianto epistemologico delle materie del corso di studi in ordine alle competenze comuni del profilo, si tratta poi di realizzare il "flusso progettuale", secondo le ordinarie operazioni della programmazione educativa e didattica, specificando finalità, obiettivi, contenuti e argomenti, metodi del lavoro disciplinare, mezzi e materiali, verifica e valutazione. Tutto ciò andrà a costituire la trama del curricolo intrecciata agli orditi disciplinari e nelle sovrapposizioni tra più discipline esprimerà le diverse "omologie interdisciplinari" più confacenti al tipo di iniziativa didattica che si intende sviluppare (materiale, metodologica o epistemologica) per mettere alla prova di un compito di realtà la cultura scolastica.

Fig. n. 2: La Spirale Triennale dei Profili Formativi

 

4) I curricoli della scuola dell’autonomia: scuola secondaria di II grado

Quanto detto per la scuola media vale anche per l’ordine superiore: la ricerca globalmente avrà le medesime caratterizzazioni e articolazioni operative, seppur su un impianto non più triennale ma quinquennale e con una forte cesura di significato (tutto ancora da scrivere) tra biennio e triennio, ma con ancora possibili interpretazioni di riferimento all’elaborazione della Commissione Brocca.

Particolare considerazione, tuttavia, nella realizzazione del progetto dovrà essere offerta alla specifica riorganizzazione curricolare di questo segmento scolastico (ed alla sua conseguente ricaduta sulla professionalità dei docenti), recentemente modificata funzionalmente ad entrambi gli estremi del corso di studio dall’Elevamento dell’obbligo scolastico – L. 9/99 e Dpr 323/99 - (con altri rilevanti riflessi derivati anche dall’elevamento dell’obbligo formativo ex art. 68 della L.144/99 e dal suo Regolamento) e dal Nuovo Esame di Stato conclusivo (L. 425/97, Dpr 323/98, più i vari regolamenti delle varie prove, delle certificazioni, delle aree disciplinari e dei crediti, oltreché l’ordinanza annuale e le circolari che regolano le modalità organizzative).

L’attenzione richiesta è collegata alla considerazione che non si tratta di innovazioni sedimentate ma in fase di accoglimento e adattamento, perciò non ancora profondamente conosciute e condivise da tutti i docenti.

Il primo passo nella scuola superiore vede, infatti, un vero e proprio "percorso annuale" (Accoglienza, Bilancio di competenze, Riorientamento, Moduli di integrazione, terminalità o passaggio, Certificazione di competenza) affiancare il curricolo ordinario: un percorso che inizia in modo comune per tutti gli alunni, ma poi, con l’emergere delle caratteristiche e dei bisogni formativi individuali, deve diversificarsi per accogliere le differenti opzioni che la legge assicura al diritto allo studio dell’alunno. E in questa sua "flessibilità organizzativa" cozza contro un ordinamento tripartito del canale superiore tra le varie "istruzioni" ("classica", "tecnica" e "professionale". Atteso che l’istruzione artistica a seconda del tipo di corso si può comunque ricondurre alle predette). Cozza perché la tripartizione è storicamente sedimentata non sulle attitudini, ma sulle diversità di classe sociale e di ceto della popolazione scolastica (la prima è per i futuri professionisti, la seconda per periti con ampia autonomia professionale e la terza per tecnici prevalentemente esecutivi).

In tal senso una reale possibilità di sviluppo di tale riforma richiede la definizione del nuovo sistema scolastico dei cicli, con reale attuazione di comprensività del biennio (come aveva già delineato in forma integrale la sperimentazione dei BUS negli anni ’70 ed ora sta prefigurando la sperimentazione dei Bienni per l’Autonomia).

Una riforma che sta finalmente riscuotendo larghi consensi dagli operatori e dalla popolazione perché riesce ad assicurare una buona riuscita gestionale e organizzativa complessiva è quella dell’Esame finale del corso di studi superiore. Questa riforma parte dalla definizione dell’oggetto dell’accertamento dell’esame come "conoscenze, competenze e capacità", struttura le prime due prove scritte in modo identico su tutto il territorio nazionale, ma fa articolare alle commissioni gli strumenti e le modalità di verifica e valutazione, oltreché definire e realizzare una terza prova scritta e un colloquio in dimensione pluridisciplinare tendenzialmente su tutte le discipline annuali.

Le programmazioni dei corsi secondari di secondo grado sono state tutte, chi più e chi meno, investite dall’ondata di operazioni didattiche conseguente direttamente alle disposizioni organizzativo - gestionali ricordate, con introduzione delle nuove tipologie di scrittura e di prova per la verifica, ma soprattutto con definizione e introduzione delle macroaree comuni nei contenuti delle varie discipline e omogeneizzazione dei procedimenti di verifica e valutazione.

Per valorizzare tutto ciò anche nella ricerca è bene che il profilo finale dei corsi di studi (ancora forzatamente distinti per indirizzo) tenga conto nelle sue determinazioni (che diventano l’origine del flusso progettuale delle discipline e la matrice per analisi successiva dei profili interni del corso di studi) di tutti e tre gli oggetti della verifica scolastica in sede d’esame conclusivo.

Tra questi due livelli marginali, dunque, si sviluppa il curricolo del corso secondario superiore caratterizzato sempre più nel salire delle annualità dalla prevalenza dell’indirizzo. Accanto alla dimensione disciplinare, come per la scuola media, un settore che progressivamente sta assumendo significato in tutti i canali d’istruzione (anche quello classico) è quello della "professionalizzazione". L’ipotesi che si sta facendo, soprattutto in ordine alle diverse richieste che vengono al sistema scolastico da quello della formazione (Formazione professionale e Apprendistato, ma anche IFTS e corsi postdiploma) è che il curricolo orientativo iniziato con l’elevamento dell’obbligo prosegua con l’aggancio ancora di forme orientative di sfondo (Programma Gioia e "Peer guidance", più le nuove iniziative previste dall’art. 4 del regolamento per l’attuazione dell’art. 68 della legge 144/99 concernente l’obbligo di frequenza di attività formative), però integrate in senso significativo dagli stage e dai tirocini formativi per dar luogo ai percorsi con integrazione curricolare e ai percorsi con arricchimento curricolare dell’art. 7 del regolamento di cui sopra).

Per tacere dei veri percorsi di formazione che le scuole superiori (in grado di ottenere il riconoscimento come centri di formazione dalla Regione) potranno realizzare attualizzando la loro capacità di realizzarsi come agenzie formative (si veda l’articolo di D. Gabbrielli "I nuovi rapporti tra scuola e formazione professionale" nell’aula di studio della F. O. di area 4 nella pagina Web della BDP).

5) Per l’impostazione dei nuovi riferimenti concettuali: Materie e Attività

Già alla luce di quanto detto, pur se soltanto succintamente detto, si può apprezzare tutta la complessità del passaggio culturale che ci attende. Tuttavia ciò non è sufficiente, perché talune ideazioni progettuali già in essere oggi, meglio si possono configurare se collegate fin d’ora a dimensioni certe del divenire.

Il primo elemento da tener presente è il rimescolamento (con l’espansione o la riduzione) che toccherà gli oggetti della didattica nella scuola dell’autonomia. In relazione a ciò si può osservare come più volte nella normativa primaria e secondaria si faccia esplicito riferimento a "discipline e attività costituenti il curricolo" che dovranno essere definite dal Ministro (art. 8 Dpr. 275/99) e che a questo scopo ha da tempo dato luogo alla riflesione sui saperi fondamentali prima e sui contenuti essenziali poi. Fino ad ora, infatti, a scuola si insegnavano le Materie (ogni singolo settore di insegnamento) definite dal Ministero nei Programmi Nazionali, ovvero le Attività integrative e complementari (con diverse denominazioni nel tempo e a seconda del grado di scuola) definite generalmente dai Collegi Docenti. Le materie erano il fondamento educativo del curricolo e perciò anche delle altre attività che ricevevano da esse un utile impianto epistemologico. Così le dimensioni sportive e le dimensioni espressivo – comunicative (gli sport e l’ed. psicomotoria) sono solo attività e dunque necessariamente vivono la propria validità formativa solo nel quadro di valori e significati definiti dalla materia dell’Ed. fisica.

Le materie, in tal senso, possono anche essere raggruppate in Discipline affini (come Ed. Linguistica che raggruppa Italiano, Lingua Straniera ecc., oppure Ed. Logico-matematica che raggruppa Algebra, Aritmetica, Geometria, Statistica ecc., oppure Studi sociali che raggruppa Storia, Geografia, Religione ecc.). Così ad esempio sono definiti gli ambiti disciplinari nell’organizzazione modulare dell’attuale scuola elementare. L’Educazione fisica, in questa prospettiva, potrà perciò essere abbinata agli altri linguaggi non verbali, come già ora accade al Liceo delle Scienze sociali. Non si tratta, però, soltanto di una aggregazione. Perché ciascuna materia scolastica costituisce un ambito della cultura appositamente organizzato e predisposto per l’Educazione, in tal senso rappresenta un piccolo sistema con proprie e specifiche caratterizzazioni.

Troveremmo, se li volessimo cercare, facili riferimenti almeno a tre diverse modalità di organizzazione didattica della disciplina, quella logica, quella psicologica e quella strutturale, e almeno due strutture della disciplina, la prima chiamata curricolare perché riferita alla sua progettazione, consiste nella configurazione di finalità, obiettivi, contenuti, metodi di studio, prove di verifica e criteri di valutazione, mentre la seconda chiamata epistemologica, perché connessa alla caratteristica modalità di conoscere la realtà che quella disciplina realizza, si definisce in contenuti, metodi, linguaggi e operazioni mentali, come abbiamo già indicato parlando della trama e dell’ordito nella progettazione per obiettivi formativi e competenze.

Proprio in questa sua seconda configurazione la materia scolastica continua a mantenere un legame forte con il corrispondente sistema simbolico-culturale che l’ha generata, mentre nella sua configurazione curricolare la singola materia è stretta e forzata in uno schematismo che, se è essenziale per la programmazione e l’unità dell’insegnamento, tuttavia può risultare opportunistico e, in definitiva, far cadere quelle specificità che invece valorizzano la materia nella cultura di un territorio e di una società. Il sistema simbolico generativo è, infatti, quell’area dell’agire sociale che si è sviluppato per soddisfare i bisogni sociali: si tratta in definitiva delle Scienze, delle Arti, delle Tecniche, dei Linguaggi e dei Saperi che una società si è progressivamente data per sopravvivere e per evolvere.

Ovviamente mentre un sapere è in continua ebollizione e cambiamento, perché chiamato concretamente a rispondere ai bisogni sociali (le regole sportive cambiano, le tecniche espressive dell’attore si modificano, le valenze relazionali nell’integrazione dell’alunno in situazione di handicap si sviluppano ecc.), una materia è molto più stabile perché legata al processo di mediazione culturale intergenerazionale (il senso dell’educazione fisica rimane sempre il medesimo: utilizzare le attività motorie per rendere consapevole l’alunno del proprio sé corporeo, autore del suo sviluppo e cittadino della sua comunità). In tal senso le Attività integrative e complementari sono materie meno strutturate e più vicine ai saperi naturali e tecnici che le hanno generate. Tra questi diversi sistemi, infatti, sussistono notevoli diversità: i linguaggi, i saperi e le tecniche sono più facile preda del processo di obsolescenza, poi vengono le scienze, e per ultime le arti che mantengono indelebili i loro significati anche al cader delle tecniche e al passar delle mode culturali che le avevano generate, anzi acquisiscono col succedersi delle varie interpretazioni nuovi significati culturali.

6) Le differenti "Logiche" delle diverse discipline di studio.

Tra i vari sistemi simbolico-culturali quello delle scienze presenta una formalizzazione accentuata e può essere preso in considerazione per derivarne giusti parallelismi con le discipline scolastiche. Le prime scienze che si sono emancipate dalla Filosofia sono quelle logico-matematiche. Si tratta di scienze deduttive, dove lo sviluppo dei contenuti si determina per dipanamento dei primi enunciati, e formali, cioè non traggono le ragioni del loro esistere dalla descrizione della realtà, ma dal rispetto del sistema di regole che presiede alla costruzione degli enunciati, assumendo come criterio di conoscenza il principio di non contraddizione interna.

Poi sono nate nell’atmosfera culturale del Materialismo e del Meccanicismo le Scienze della Natura sulla base di un nuovo metodo di ricerca, quello sperimentale, che ha introdotto il concetto di validazione sperimentale di ipotesi e teorie iniziali, metodo che utilizzato universalmente ha unificato in senso oggettivo tutto il pensiero scientifico assumendo come criterio di verità degli enunciati l’accordo esterno con i fatti.

Per ultime si sono sviluppate le Scienze dell’Uomo, dapprima trattate naturalisticamente come le precedenti, poi, presa coscienza che nella pretesa oggettivistica di fatto si nascondevano forti pregiudizi di valore da un lato, mentre l’esperimento in ambito umano poteva avere l’effetto di modificare sostanzialmente il campo d’osservazione dall’altro, realizzarono delle ampie differenziazioni tra:

a) le Scienze Umane Sperimentali (Psicologia, Sociologia, Antropologia, Linguistica, Economia, Demografia ecc.) che, come le scienze della natura, cercano leggi generali per descrivere i fenomeni rispondendo al medesimo criterio di verità e si realizzano nelle loro indagini senza che subentrino giudizi di valore sui risultati della ricerca (avalutative);

b) le Discipline Storico-sociali o dello Spirito (Storia, Diritto, Politica, Pedagogia, Religione, Filosofia ecc.) che tendono a descrivere, comprendere e interpretare l’evoluzione o lo stato delle manifestazioni della vita socioculturale inerente al proprio campo epistemico e perciò possono anche iniziare con descrizioni avalutative, ma poi, differenziandosi da quelle sperimentali, collegano inevitabilmente gli esiti della ricerca ad elementi valutativi e prospettici di azione sociale vera e propria. Tutte queste discipline utilizzano il metodo interpretativo o ermeneutico e rispondono al criterio di conoscenza della comprensione dei fatti (cfr. W. Brezinka, in "Metateoria dell’educazione", Armando Roma 1980).

Ogni scienza gode dei propri specifici metodi di ricerca e consegue tanto meglio i propri obiettivi, quanto più correttamente rispetta i criteri di conoscenza che si è data. La rigorosa metodologia scientifica unita all’approccio avalutativo delle scienze sperimentali non è però assimilabile alla prassi ordinaria dell’educazione, che rimane prospettica e valoriale, perciò l’impostazione della ricerca nella scuola che si era trasformata in Sperimentazione ex artt. 2 e 3 del Dpr 419/74 (cfr. indicazioni per la sc. Media in Cm 99/93 e per la sc. Secondaria di II grado in Ccmm 231/91, 206/92, 338/92, 299/93 ecc.) poi recepiti dal Testo Unico, ora più proficuamente sarà collocata direttamente nelle mani della scuola autonoma come attivo processo di ricerca, sperimentazione e sviluppo (cfr. l’art. 6 del Dpr. 275/99). Questo è proprio il secondo elemento fondamentale della scuola autonoma da analizzare.

7) Questioni legate all’autonomia scolastica di ricerca, sperimentazione e sviluppo

Aspetti fondamentali da tener presente nell’affrontare il problema dell’elaborazione autonoma delle singole scuole di processi di ricerca, sperimentazione e sviluppo che possano produrre rilevanti effetti di ricaduta sull’elaborazione del POF, sono sia il significato generale della certezza nella conoscenza scientifica, sia il metodo di ricerca sperimentale impiegato.

Il primo settore ha conosciuto un ampio cambiamento concettuale e di significato se si parte dal Positivismo di fine Ottocento e dal Neopositivismo della prima metà del Novecento, dove si confidava in una scienza "specchio" fedele nel riflettere la realtà così com’è, perché capace di rilevare gli aspetti "oggettivi", cioè quantitativi, mediante un "metodo di osservazione e di sperimentazione" che non modifica il campo d’osservazione, e si reputava che tutta la realtà progressivamente potesse essere sottoposta al disvelamento scientifico, per arrivare, a causa anche delle potenti critiche idealistiche, fenomenologiche ed esistenzialistiche, alle nuove impostazioni dell’Epistemologia e della Filosofia della Scienza.

Queste nuove impostazioni del Pensiero scientifico, abbandonate le precedenti certezze, propugnano un’oggettività solo contrattualistica del conoscere scientifico, la possibilità che l’esperimento manipoli le funzioni che vuole descrivere, la necessità di integrare le dimensioni quantitative con dimensioni qualitative, la sostanziale diversità delle varie scienze ecc.. Ugualmente si è passati dalla concezione di un metodo sperimentale induttivo, utile per verificare i fatti reali alla luce degli enunciati delle teorie, a quella di un metodo sperimentale ipotetico-deduttivo capace di sottoporre a falsificazione, come dice K. Popper in "Logica della scoperta scientifica" Einaudi Torino 1970, le teorie alla luce dei fatti reali.

In questo quadro la Metodologia è lo studio del metodo d'insegnamento utilizzato nell'educazione, partendo dal presupposto che l'atto educativo possa essere sottoposto ad una sorta di regolarizzazione. Nel concetto di metodo è insito infatti il significato di "rendere regolare" oppure di "ordinare" o quanto meno di "rendere controllabile" la serie degli atti d'insegnamento del docente causativi della serie di atti di apprendimento dello studente. Lo studio del metodo, infatti, può aver un senso soltanto nell'ambito di una atmosfera generale di certezza nella conoscenza dei fatti educativi e dell'azione didattica che da questa conoscenza prende le mosse. La Didattica, allora, costituisce la disciplina che si occupa dell'analisi e dell'uso delle tecniche d'insegnamento, cioè la parte pratica della Metodologia.

La Metodologia, dunque, è lo studio teorico e la Didattica è la realizzazione pratica di un medesimo progetto: come insegnare nel modo più proficuo. Si tratta, comunque, di due discipline pedagogiche, intendendo per Pedagogia la riflessione sull'educazione con particolare attenzione ai significati che ciascuna società pone nell'atto di educare i propri giovani. Per molta parte del pensiero occidentale è stata la Filosofia a determinare l'orizzonte di certezza della Metodologia e della Didattica, con le elaborazioni prevalentemente "metafisiche" dei diversi filosofi (per stare anche soltanto ai moderni Comenio, Locke, Pestalozzi, Frobel, Herbart, Rousseau); dal Seicento in poi si è sviluppata la Scienza che, anche per mezzo del principio della verifica sperimentale, come già detto, sempre più ha preso il sopravvento nella costruzione dei parametri della conoscenza certa in educazione, elaborando le teorie che riguardano la crescita fisica e lo sviluppo psicologico del soggetto in fase evolutiva e diffondendosi con il pensiero filosofico del Positivismo nel secolo scorso e con la Filosofia della scienza e il Neopositivismo nel secolo attuale.

Tuttavia sovente queste teorizzazioni sono state mal sopportate dalle altre filosofie del nostro secolo (da Dewey a Gentile, dalla Fenomenologia all'Esistenzialismo e dallo Spiritualismo all'Ermeneutica) che esprimono dei dubbi circa la possibilità di una conoscenza davvero certa restando soltanto nell'ambito descritto dall’orizzonte scientifico e dal suo metodo di ricerca. A tutt’oggi si può dire che le dimensioni prospettiche di una pedagogia fenomenologica od ermeneutica, perché dottrina di una visione del mondo e, dunque ascientifica (nel senso di valutativa e dogmatica), calate nello specifico delle dimensioni pedagogiche del metodo e della didattica, segnano le direzioni generali del curricolo e della linea di ricerca e sviluppo della scuola autonoma. Tuttavia sul piano della realizzazione della ricerca e della attualizzazione dello sviluppo nell’elaborazione del curricolo è del tutto evidente che devono subentrare in modo pienamente autonomo (epistemologico e metodologico) le scienze dell’educazione (si veda la fig. 3).

Fig. n. 3: Quadro dell’Epistemologia delle Discipline e delle Scienze dell’Educazione

8) I riferimenti per l’Educazione fisica nella nuova scuola autonoma

In questi anni di prima declinazione dell’autonomia scolastica si sta assistendo ad una ripresa del lavoro di analisi ed approfondimento dei concetti fondamentali di disciplina e di curricolo, come detto, anche con l’intervento di gruppi di esperti e saggi. In particolare si sono utilizzati alcuni modelli elaborati da Autorevoli Autori sulla concezione e sull’organizzazione dinamica della disciplina di studio come la "struttura epistemologica della materia" in Schawb o il "sistema di controllo dell’apprendimento" del Tetraedro di Bransford (cfr. fig. n. 4).

Ora ci si dovrebbe chiedere quanto di tutto ciò stia toccando l’Educazione fisica? La risposta purtroppo è ben poco. Mentre invece molto si dovrebbe fare per sostituire il sistema delle capacità motorie, finora utilizzato finanche nelle indicazioni dei Programmi nazionali, con più acconce modellizzazioni della nostra materia e delle peculiarità del suo processo di apprendimento/insegnamento (in tal senso si segnalano le pubblicazioni dello scrivente su questa rivista o sul sito WEB della Sovrintendenza Scolastica dell’Emilia e Romagna).

Ma ancor maggiori e nuove dimensioni si stanno affacciando ora che il Ministro sta materializzando i curricoli dei Cicli riformati dalla L. 30/2000. E così, mentre ci si confronta sul valore disinteressato/utilitaristico delle conoscenze e della differenza che può sussistere tra scuola di base (più centrata sul primo termine) rispetto alla scuola secondaria (più centrata sul secondo, anche per la necessaria integrazione con la Formazione Professionale e l’Apprendistato), si stanno definendo i concetti di Competenza, Continuità verticale (Progressività) e orizzontale (Trasversalità), Valenza formativa e Nucleo fondante mediante la ricerca/azione negli Istituti Comprensivi Sperimentali (Cm. 454/97) che si è appena conclusa e la declinazione dei curricoli e delle discipline per obiettivi formativi e competenze nelle ricerche/azioni ancora in corso di Ferrara e appena avviata di Rimini, condotte entrambe da Frabboni.

Un altro materiale fonte di notevolissimi riferimenti per l’analisi disciplinare e per la declinazione dei percorsi didattici è la relazione presentata dalla Commissione sui Cicli che, come dicevamo all’inizio, è da qualche tempo disponibile nella pagina WEB del Ministero della Pubblica Istruzione. Così prendendo dal gruppo 2, è necessario coniugare la materia alla luce del concetto di Orientamento, mediante lo sviluppo costante, come obiettivo generale di apprendimento nel curricolo disciplinare, della dimensione trasversale della consapevolezza del percorso educativo e del suo valore in ordine allo sviluppo di sé e della propria cittadinanza nel mondo (cfr. dello scrivente "La valenza orientativa dell’Educazione Fisica" in Progetto Orientamento Formativo nella Scuola Media ex Dm. 31/10/96).

Dal gruppo 3 si possono cogliere alcuni concetti generativi di implicazioni disciplinari come: Standard quale "complesso dei tratti che definiscono il profilo culturale individuale e/o collettivo in un momento determinato della vita" che diviene l’intelaiatura sulla quale costruire la tessitura disciplinare con una base unitaria di prospettive di sviluppo; e poi Competenza come "tutto ciò che, in un contesto dato, si sa fare (abilità), sulla base di un sapere (conoscenze) per raggiungere l’obiettivo atteso e produrre (nuove) conoscenze (le competenze possono, poi, essere di base/di cittadinanza e specifiche di una disciplina e/o trasversali-riferite a più discipline)"; per finire con Obiettivi quali "espressioni del comportamento degli alunni capaci di rivelare attività cognitive, affettive e di relazione, compiute o in atto, cui si connetta un significato ai fini della delineazione di un profilo culturale".

Dal gruppo 7b Scuola di base, è interessante venire a conoscere la proposta che "le finalità educative più generali su cui si fonderà il curricolo, debbano raccordarsi con il "profilo di uscita" di scuola considerato" ribadita dal punto 3 dei criteri del curricolo, dove si dice "l’impostazione dei curricoli deve essere fondata su una chiara visione dei profili di uscita attesi per gli studenti allo scadere di termini significativi". Riguardo a chi spetti, però, definire le competenze degli alunni, la commissione ha preferito lavarsene le mani, come del resto anche il gruppo 7c Scuola secondaria che ha coniugato la propria specificità orientativa nel concetto di Riorientamento dal momento che "un’efficace azione orientativa (come ribadito nelle più recenti esperienze e normative a riguardo) non è più circoscritta ai momenti conclusivi e di passaggio; si accentua in queste fasi, ma è al contempo un processo continuo, di conoscenza e di valorizzazione di sé, di sempre maggior consapevolezza delle scelte compiute e ancora da compiere, di progressivo consolidamento della propria identità".

Fig. n. 4: Modelli di Analisi ed Elaborazione Disciplinare

 

Rimini, Ottobre 2000

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