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Il linguaggio del movimento e le attività motorie espressive.

 

1) Il linguaggio del movimento e le sue forme.

Posto che per alcuni Autori si può parlare di linguaggio, in termini appropriati e corretti, solo a proposito di quello verbale, ormai tuttavia anche nella cultura pedagogica si parla di linguaggio per tutti i sistemi di segni, talché ci si riferisce ad un linguaggio visivo (o visuale quando i segni sono culturali e non naturali) intendendo l'organizzazione dei fenomeni visivi come la visione binoculare, le illusioni ottiche, la prospettiva ecc. (o dei segnali visuali dell'opera d'arte come la linea, il colore, la luce, la composizione ecc.). Oppure si parla di un linguaggio sonoro come organizzazione dei segni uditivi naturali (rumori, silenzio ecc.) e culturali (suoni, pause, ritmi ecc.). In tal senso dunque sussiste anche un linguaggio del movimento inteso come organizzazione di segni gestuali o motori o corporei (cfr. bib. 1).  Ma in questo ambito possiamo trovare diversi sistemi linguistici:

a) quello che fa riferimento all'espressione spontanea dell'emozione e dell'affettività (che d'ora in poi chiameremo LINGUAGGIO DEL CORPO.  Si tratta di un sistema in gran parte inconscio (e precisamente è il linguaggio corporeo dell'inconscio) e consiste in un complesso di regolazioni riflesse e automatiche del tono muscolare, dell'atteggiamento posturale, della mimica facciate e gesticolatoria, della distanza personale e dell'uso dello spazio circostante e così via.  In realtà, da linguaggio principale che è nel neonato (cfr. bib. 2), diventa o un PARALINGUAGGIO e cioè un linguaggio che affianca quello verbale per arricchire la comunicazione nella vita quotidiana, venendo progressivamente anche sottoposto ad un apprendimento di tipo culturale (cfr. la Cinesica di bib. 3); oppure FUNZIONE SIMBOLICA che si esprime sia nell'imitazione spontanea e nel gioco simbolico del bambino (cfr. bib. 4), sia anche nel sintomo psicosomatico o nel rituale motorio della malattia mentale e della difficoltà relazionale: come inconscio che gioca tanto il bambino normale che l'adulto malato, nevrotico o psicotico (cfr. bib. 5 e 6).

Da questa matrice originaria, mai eludibile del tutto, con la crescita si differenziano almeno altre due forme motorie del linguaggio; si tratta di:

b) quella che fa riferimento all'organizzazione prassica (motoria) dello spazio, del tempo, dello schema corporeo, che si può considerare il materiale primario e contemporaneamente anche lo strumento fondamentale di sviluppo delle operazioni mentali infralogiche piagetiane e che consiste nel gesto utile, finalizzato, produttivo, adattato; un gesto al cui sviluppo concorrono sia la maturazione dei sistemi organici (struttura) che l'apprendimento delle abilità motorie (funzione).  Dallo schema sensomotorio del bambino (cfr. bib. 7) questo linguaggio, che chiameremo d'ora innanzi LINGUAGGIO MOTORIO, dà luogo sia al gesto funzionale del gioco motorio fino al gesto atletico e sportivo, sia alla motricità abile del lavoro manuale e della produttività creativa dell'arte plastica e costruttiva;

c) quella, infine, che fa riferimento ad una gestualità comunicativa intenzionale secondo un sistema di regole culturalmente determinate e perciò condivise anche se per lo più artificiali (che chiameremo d'ora in poi LINGUAGGIO GESTUALE), e che consiste nel linguaggio dei gesti di fine utilitaristico (come il linguaggio dei sordomuti e altri sistemi di comunicazione non verbale affini), oppure di fine artistico ed estetico come l'animazione, la drammatizzazione, il ballo e la danza, ed anche tutti quegli sport dove l'efficacia del gesto non consiste tanto (o soltanto) nella prestazione atletica, quanto piuttosto, anche se applicata ad un ambito agonistico, nell'interpretazione di un canone estetico-gestuale (pattinaggio artistico, nuoto sincronizzato, ginnastica ritmica moderna ecc.). Questo linguaggio ha un'origine espressiva da quello spontaneo (e inconsciamente intenzionale) che abbiamo chiamato linguaggio del corpo, poi però progressivamente si culturalizza divenendo intenzionale anche nella dimensione della consapevolezza e perciò diviene suscettibile di evoluzione solo se trattato da un linguaggio verbale in funzione metacognitiva (quando cioè un linguaggio parla di un altro linguaggio).

Le caratteristiche che distinguono in modo peculiare il linguaggio del movimento genericamente inteso da quello verbale sono varie; ma quelle più importanti comunque sono almeno due:

a) se il linguaggio è un sistema di segni condivisi, è necessario chiarire bene di quali segni si serve.  Il segno e un significante che si usa al posto del significato (ad esempio la parola l'albero", o il disegno di un albero, o lo schema sensomotorio dell'arrampicarsi, o il suono dello stormire di fronde, o l'odore caratteristico di un albero sono tutti elementi che possono rappresentare il concetto di "albero", e cioè sono significanti del medesimo significato).  Mettendo da parte il problema della costruzione del significato e appuntando l'attenzione sul significante, si può dire che i segni sono di 3 differenti tipi:

1) SEGNALI e INDICI, rispettivamente quando sono sia una parte del significato (come i segni del I sistema di segnalazione di Pavlov  - cfr. bib. 8 - ovvero, nell'esempio soprariportato, quelli che sono indicati con i percetti sonoro e olfattivo); e sia quando sono intrinsecamente legati al significato (come l'ombra all'albero o il fumo al fuoco);

2) SIMBOLI, quando il segno, pur non essendo intrinsecamente legato al significato, gli è collegato tramite l'analogia, cioè quel rapporto che caratterizza anche il legame espressione-significato nelle forme chiamate dal linguista retoriche o parlar figurato (come la metafora e la metonimia) appartenenti al linguaggio verbale fonetico, e che sussistono anche nel linguaggio verbale scritto non fonetico (per ideogrammi) e nei linguaggi non verbali (come nella lingua dei segni dei non udenti).

3) SEGNI, quando si tratta di significanti del tutto arbitrari, come le parole. Per tutto ciò che si è detto, sì può concludere che i segni utilizzati dal  linguaggio del corpo sono del primo tipo finché si rimane nella sfera della naturalità organica, ma diventano del secondo, e cioè simboli che rimandano ad altro, dopo l'interpretazione (del medico, del genitore, del docente ecc.); i segni utilizzati dal  linguaggio motorio sono del primo tipo (precisamente indici che si formano nell'azione: i percetti degli gli schemi motori) e tali rimangono, anzi si può dire che in essi il significante (il percetto dello schema motorio) è il significato (l'azione motoria).  Nel linguaggio gestuale i segni utilizzati sono del secondo tipo (simboli) e tendono a divenire del terzo (cfr. bib. 9).

b) La seconda differenza sostanziale tra linguaggio del movimento genericamente inteso e linguaggio verbale è quella osservata da L. Calabrese: i linguisti postulano un complesso di regole che denominano Grammatica Generativa Trasformazionale (o LAD per Chomsky) che giustifica la capacità del parlante di costruire un complesso infinito di enunciati a partire da poche norme di base, o, meglio ancora, di passare dal piano del contenuto (struttura profonda) a quello dell'espressione (struttura superficiale).  Tale grammatica fa parte del patrimonio ereditario caratteristico della specie umana, mentre quello che si deve comunque apprendere è il repertorio degli elementi, i vocaboli nel senso comune o, nei termini linguistici, i monemi (fonemi, lessemi e morfemi). Orbene, nel linguaggio del movimento genericamente inteso ciò che viene ereditato è il repertorio degli elementi (i riflessi neonatali da cui si sviluppano tutti gli schemi motori e posturali sia per maturazione che per apprendimento), mentre ciò che viene appreso è la coordinazione, cioè la regolazione della gestualità (cfr. bib. 10).

 

 

2)  Itinerario dell'educazione al linguaggio gestuale.

Quella precarietà scientifica che avevo avuto modo di rilevare in occasione dei primi due itinerari didattici, al fine anche di ridimensionare le pretese normative delle proposte tassonomiche che stavo per indicare in relazione a ciascun campo educativo in esame, è qui più viva che mai.  E a tal punto ciò è rilevabile che, anche se non voglio rinunciare a stendere la classificazione degli obiettivi secondo una presunta filiazione genetica dei medesimi l'uno dall'altro, l'intento più realistico del lavoro è soltanto quello di cogliere dalle diverse tecniche teatrali quei materiali che si prestino, in modo peculiare e rispettoso delle finalità della scuola primaria, a favorire il passaggio dalla dimensione dell'espressività spontanea a quella della comunicazione gestuale intenzionalmente e programmaticamente perseguita, arrestando l'ordinamento alle prime soglie della drammatizzazione, intesa come complesso delle tecniche di messa in scena vera e propria, per le quali si rimanda ad altre e più approfondite pubblicazioni.

In questo breve excursus emergono anche molti concetti relativi al linguaggio teatrale con cui si designano e si definiscono precisamente le operazioni principali implicate nel dar senso all'atto educativo e su cui è senz'altro necessario avere idee chiare: come animazione e improvvisazione, drammatizzazione e interpretazione, imitazione e simbolizzazione.  Per un approfondimento dei concetti implicati, quindi, si rimanda ad un'attenta lettura della bib. n. 11 e 12 per i fondamenti,  13, 14, 15 e 16 per gli aspetti più strettamente educativi e didattici.

La proposta didattica, dunque, si articola molto semplicemente nei due livelli operativi già citati, ma ciascuno di essi è poi graduabile su almeno altre due modalità di realizzazione che, così, raddoppiano i piani dell'intervento didattico.  Infatti l'espressione spontanea parte dalla dimensione dell'improvvisazione, dove il docente suggerisce i temi da esprimere, funzionando un po' da induttore o facilitatone dell'espressione, per approdare alla fabulazione, dove progressivamente si organizza, anche con l'intervento attivo dell'alunno (ed è proprio per questo che si inizia con lo strutturare insieme i vissuti relativi ad alcune esperienze gestite e controllate proprio dall'ambiente scolastico), l'elaborazione di una storia e perciò il medesimo alunno si può esprimere progettualmente all'interno di questo contesto narrativo dopo averne strutturato il significato.  'E evidente che in tal modo nei due livelli si possono esplicare differenti capacità espressive e diverse abilità motorie strumentali, adeguabili, in una ipotetica situazione di normalità, (ed anche se soltanto in via del tutto indicativa, perché bisogna pur tener conto del livello di complessità dei contenuti specifici) alla scuola dell'infanzia il primo e al primo ciclo della scuola elementare il secondo.

            Ovviamente l'itinerario del linguaggio gestuale può accortamente intrecciarsi con i precedenti percorsi didattici (sulla coscienza del corpo e l'organizzazione dello spazio-tempo) raggiungendo effetti educativi ancor più rilevanti: ad esempio, per le mani, basta pensare alla sensibilizzazione entero, proprio ed extraccettiva; alla localizzazione e al controllo della tensione muscolare; alla nomenclatura e raffigurazione topografica; alla sensibilizzazione con piccoli e grandi attrezzi; all'orientamento e al dimensionamento percettivo-prassico tipici dei primi obiettivi dei precedenti itinerari, collegati al lavoro espressivo di questo capitolo.

E tuttavia è bene tener presente la caratterizzazione principale di questo ambito rispetto ai precedenti: una caratterizzazione che consiste nel maggior investimento emotivo-affettivo sul corpo tramite la ricerca, sistematicamente perseguita, dello sconfinamento nel fantastico di quella dimensione dell'esperienza vissuta che prima è stata invece applicata prevalentemente ad una percezione sensibile finalizzata alla presa di coscienza della realtà.  E mentre prima le operazioni motorie infralogiche vengono sistemate all'interno di una struttura oggettiva che parla un linguaggio denotativo e si serve delle regole della logica, ora le operazioni motorie espressive creatrici di significati si sviluppano tramite un linguaggio connotativo e secondo le regole della metafora.

Questa differenza deve essere tenuta presente dal docente al fine di un efficace controllo del comportamento nell'insegnamento; un comportamento che deve dichiarare esplicitamente a quale dei due campi l'esercitazione si applica, perché un eventuale atteggiamento ambiguo può creare non poca confusione nell'allievo, almeno dopo le prime fasi di apprendimento globale.

Ugualmente accade per la comunicazione gestuale, dove si può avere un primo livello nell'imitazione mimica o nell'animazione corporea.  In questo ambito si struttura già una macchina scenica, anche se non per un vero e proprio pubblico, e si individua così un livello congruo all'operatività caratteristica del passaggio dal primo al secondo ciclo elementare.  Una seconda dimensione, poi, è costituita dai giochi di drammatizzazione, dove l'esito può anche essere lo spettacolo finale e tuttavia ciò che più conta è il lavoro di preparazione a spiccato carattere interdisciplinare, individuando anche una dimensione operativa adeguata al passaggio dalla scuola elementare a quella media; qui infatti cominciano ad emergere le specificità dei singoli linguaggi non verbali e del loro intreccio interdisciplinare (vedansi i relativi programmi d'insegnamento per la scuola elementare e media).

            In tal senso la tassonomia generale del linguaggio gestuale si presenta così:

 

1.   Sviluppo del linguaggio gestuale.

 

1. 1. Sviluppo dell'espressione spontanea.

1. 1. 1. Espressione spontanea in improvvisazione: del corpo, del viso, delle mani e delle altre

parti del corpo, con commento sonoro della voce, con la maschera e il costume.

1.   1.  2.  Espressione spontanea su fabulazione: le storie e le fiabe, le invenzioni e  i testi degli     alunni.

 

l. 2. Sviluppo della comunicazione gestuale.

l. 2. l. Imitazione gestuale e mimo.

l. 2. 2. Animazione corporea: le statue e le macchine.

l. 2. 3. Animazione delle ombre, delle marionette e dei burattini.

l. 2. 4. Drammatizzazione e giochi drammatici.

 

 

3) Materiali per l'educazione del linguaggio gestuale

 

l. Sviluppo del linguaggio gestuale.

l. l. Espressione spontanea.

Prerequisiti all'apprendimento sono sia un minimo livello di coscienza di sé e di controllo motorio del corpo (e cioè: delle capacità: a) di controllo della contrazione e decontrazione muscolare anche massiva e non capace di fine localizzazione; b) di controllo elementare delle caratteristiche principali del movimento per direzione, ampiezza, velocità e ritmo; c) di una certa coscienza delle posture e dello schema corporeo, almeno in senso globale) più una minima capacità di rapportarsi agli altri, sia pure semplicemente nel gioco collettivo.

 

l. l. l. Espressione spontanea in improvvisazione.

Prova dell'apprendimento: il docente indica alcuni semplici stati d'animo (tristezza, gioia, ira, paura ecc.) e l'allievo assume le espressioni del volto più consone; oppure assume le posizioni del corpo più adatte; oppure compie un gesto di tipo generale (camminare, correre, saltare ecc.) cercando di variarlo per esprimere i diversi stati d'animo richiesti.

 

Il docente propone verbalmente mentre gli alunni improvvisano contemporaneamente e individualmente, poi a coppie e piccoli gruppi fino all'espressione collettiva di tutto il gruppo.

 

Il corpo come mezzo espressivo primario (cfr. bib. 17).

A - Il corpo dorme/ sta seduto/ sdraiato/ rannicchiato/ accucciato.  Cammina/ saltella/ corre/ spinge/ tira/ trasporta.  Si alza/ si piega/ si rimpicciolisce/ si dilata/ dondola/ danza.  'E allungato/ rigido/ rilassato/ contorto.  'E forte/ veloce/ stanco/ lento.  'E bambino/ giovane/ adulto/ vecchio.

    - Il corpo è albero/ collina/ montagna/ mare/ cavallo/ serpente/ uccello/ fiore/ roccia/ vortice/ orologio/ automobile/ ingranaggio/ automa.

B - Il corpo rifiuta/ chiede/ protegge/ implora/ prega/ disprezza. Il corpo come ricchezza/ pesantezza/ potere/ paura/ pensiero/ divinità/ eroismo/ dignità.

 

Il viso come mezzo espressivo primario (cfr. bib. 18).

A - Il viso è sorridente/ preoccupato/ dubbioso/ emozionato/ adirato/ spaventato/ piangente/ scherzoso.  Giochi cantati sull'espressione del viso (cfr. bib. 19).

    - Gli occhi guardano lontano/ spiano dal buco della serratura/ guardano dall'alto in basso.  Le orecchie ascoltano un'eco fievole/ suoni di musica dolce/ un rumore assordante.  La bocca sorride/ parla/ grida/ bisbiglia/ soffia/ sbadiglia fa boccacce.  Giochi con la voce e uso della voce narrante.

B - Gli occhi sono pensosi/ accigliati/ tristi/ innamorati/ distratti/ schivi/ soprappensiero/ vendicativi/ incerti/ sospettosi.

 

Le mani come mezzo espressivo primario (cfr. bib. 20).

A - Mani che si aprono/ si chiudono/ stringono/ diventano pugno/ toccano qualcosa di liscio/ di ruvido/ di freddo/ di bollente/ qualcosa che scivola via/ che si attacca/ che si ritrae.

    - Mani che scrivono a macchina/ infilano il filo nella cruna dell'ago/ fanno un nodo/ contano del denaro/ lavano le stoviglie/ salutano/ applaudono/ fanno un pacco.

    - Mani che usano attrezzi per avvitare/ forare/ tagliare/ graffettare/ affettare/ inchiodare/ piallare/ raspare/ cucire/ scolpire/ dipingere/ stirare/ cucinare.

B - Mani affettuose/ ansiose/ disperate/ che discutono/ che spiegano/ che provano dolore/ che scacciano/ che invitano/ attive/ pigre/ allegre/ tristi.

 

Analogamente braccia/ spalle/ piedi/ gambe ecc. come mezzo espressivo primario.  Lo sconfinamento nel fantastico è stimolato particolarmente dall'investimento indotto dalla maschera e dal trucco per il volto, dal costume per il corpo, da un supporto - attrezzo per il gesto.  Da ciò tutta l'importanza di disporre dei materiali (anche non strutturati e soltanto occasionali come indumenti smessi, pezze di stoffa, cartoni usati ecc.) necessari e delle tecniche di costruzione dei medesimi.  Dalla fase di induzione individuale (favorita dalla presenza di un oggetto per alunno), progressivamente si deve passare ad una fase collettiva al fine di sviluppare un vissuto di supporto all'immaginario condiviso dalla classe intera e su questo poi innestare le operazioni di analisi o di produzione individualizzate o di gruppo.

 

l. l. 2. Espressione spontanea su fabulazione.

Prova dell'apprendimento: il docente narra una breve storia e l'alunno l'interpreta espressivamente con gesti e utilizzando spazi, arredi e attrezzature a disposizione.  Per i più gravi è necessario partire con la fase espressiva solo dopo aver provocato una consistente sensibilizzazione del vissuto.

 

A - Dall'esperienza di una visita didattica, accanto alla costruzione di un'immagine culturale del corpo (descritta al j 6 del cap.  IV), si può cercare di sviluppare un'immagine fantastica e creativa del corpo tramite l'espressione gestuale e progressivamente in sintesi con altri codici espressivo/comunicativi (tracciatura, colorazione, sagomatura plastica, ritaglio e incollaggio, assemblaggio e costruzione, rumorizzazione, sonorizzazione e vocalizzazione, espressione linguistica e multimediale).  Un'altra dimensione che va perseguita progressivamente è quella che si caratterizza col passaggio dell'espressione individuale ad una sempre più collettiva e di gruppo, rispettando le dinamiche spontanee e favorendo le aggregazioni (cfr. bib. 21).

    - Dallo spettacolo televisivo, cinematografico ecc. sviluppo di storie gestuali su narrazione del docente (fase espressiva, cfr. bib. 22), poi su ricostruzione narrativa dell'alunno (fase progettuale) e infine con invenzione di esiti o passaggi narrativi nuovi (fase inventiva).

    - Reinvestimento fantastico della palestra (dell'aula o del laboratorio) e dell'attrezzatura con l'uso delle storie: "Ha scritto il mio amico Arcibaldo, Il treno, La foresta, Il circo, L'isola del tesoro" (cfr. bib. 23).  Costruzione delle prime storie da parte degli alunni con "Le carte storie", "Le parole sporgenti" o i materiali del "Progetto Elle" (cfr. rispettivamente bib.24, 25 e 26).

B - Costruzione in gruppo di testi narrativi inventati dagli alunni, su temi storici, antropologici, religiosi, scientifici ecc.

 

l. 2. Comunicazione gestuale.

Prerequisito all'apprendimento è un minimo sviluppo della capacità simbolica (normalmente in via di costruzione con la nascita del linguaggio verbale dopo il primo anno di vita e via via affermantesi in altri campi simbolico-concettuali nel periodo della scuola materna).  In particolare l'attitudine richiesta è relativa all'uso di un codice espressivo condiviso con gli altri, in altre parole la costruzione collettiva di un campo semantico.

 

l. 2. l. Imitazione gestuale e mimo.

Prova dell'apprendimento: il docente indica la categoria di lavoro da imitare e l'allievo cerca di mimarla.  Oppure la categoria di sport o di atti della vita quotidiana, il personaggio storico o l'avvenimento culturale.

 

A - Gioco dello specchio e altri giochi imitativi.

    - Dopo adeguata osservazione dal vivo si imitano, prima individualmente poi a coppie e piccoli gruppi, i mestieri e i personaggi (anche di fantasia come il cow boy e il pellirosse visti al cinema), la natura e gli animali, la famiglia e la scuola.

B ~ Apprendimento del gesto mimico: 1) esercizi propedeutici (rilassamento, silenzio, spazio, vibrazione e articolarità). 2) Azione reale a corpo libero (camminare, gesticolare, esercitarsi ai grandi attrezzi) e poi riproduzione mimica rallentata o accelerata, scomposta (movimento a scatti dell'automa) o globalmente accennata, al massimo dell'ampiezza o al minimo. 3) Azione reale sull'oggetto da manipolare prima e azione mimata senza oggetto reale poi, individualmente, a coppie e a gruppi. 4) Giochi mimici individuali (caccia alla zanzara, vestirsi e svestirsi, l'ubriaco, l'aviatore) e a coppie (i pugili, i lottatori, guardia e ladro, guerra di palle di neve). 5) Azione collettiva di gruppo con legamento al vestito, poi con attrezzo in funzione di legamento (bacchetta, cerchio, funicella, elastico), infine senza legamento ma mantenendo il contatto corporeo (tiro alla fune, respingere il nemico e altri giochi di caccia e lotta di squadra).  Per altre esperienze di sensibilizzazione all'uso dell'oggetto, dello spazio e del corpo cfr. bib. 27.

   - Scenette, azioni mimiche su testi inventati dagli alunni, mimo di poesie, racconti e cronache di Autori.

 

l. 2. 2. Animazione corporea.

Prova dell'apprendimento: su indicazione del docente esprimere staticamente (scultura) una situazione o animare individualmente o a coppie o a piccoli gruppi semplici fenomeni della natura o elementari macchine per la lavorazione dei campi o industriale.

A e B - Le sculture cfr. bib. 28 e 29.         I.

 

Utilizzando semplici movimenti e azioni del corpo anche preacrobatici (come rotolamenti, giri e capovolte, reptazione e quadrupede) eseguiti in particolari modi (con legamenti, sostegni, trasporti) e secondo precisi tempi (simultanei, alternati, immersi, a farandola) per esprimere simbolicamente determinate caratteristiche delle cose, rappresentare fenomeni della natura come le onde del mare, il vento tra gli alberi, lo sbocciare di un fiore, il guizzare di una fiamma.  Ugualmente rappresentare le più semplici operazioni di preparazione del pane e del vino, o di lavorazione del ferro e del legno, e in genere di tutte le produzioni agricole e artigianali.  Ugualmente rappresentare, fino alle più complesse operazioni, la produzione industriale come la costruzione di un'automobile alla catena di montaggio o all'automa.

 

l. 2. 3. Animazione delle ombre, delle marionette e dei burattini.

Prova dell'apprendimento: mediante le ombre proiettate contro il muro con le mani, col corpo e con sagome, oppure con burattini e le marionette raccontare una breve storia concordata .

A - Giochi d'ombre col corpo proprio.  Ricerca espressiva individuale (buio, luce, ombra e direzionalità delle proiezioni); piccole azioni a coppie e in gruppo per la costruzione dell’ombra complessa e collettiva.

    - Costruzione dei burattini e delle marionette.  Giochi espressivi liberi.

B - Studio delle ombre con diversa disposizione dell'osservatore rispetto all'attore e al piano di proiezione. Studio della deformazione della sagoma del corpo, del travestimento, dell'incorporazione degli oggetti.

    - Lavoro in baracca e in teatrino. Giochi con lo schermo (cfr. bib. 30).

 

l. 2. 4. Drammatizzazione.

Prova dell'apprendimento: su un tema definito dal docente e condiviso dagli alunni, un gruppo di questi organizza una semplice ma completa rappresentazione con azione scenica, costumi, scenografia e commento sonoro.

 

A - Le fiabe per bambini e i racconti popolari.

B - Testi di complessità (per la comprensione e la rappresentazione) adeguata alle capacità degli allievi.

Più che indicare i contenuti che ciascun docente sarà in grado di decidere per proprio conto, mi sembra invece interessante ricordare i fondamentali elementi gestuali su cui avviare una esperienza di drammatizzazione: 1) l'azione del corpo e il gesto espressivo (cercare una sovrabbondanza di espressione: il gesto principale di una parte del corpo come il braccio nel saluto o il capo nel diniego deve essere sopportato dall'espressione di tutto il resto del corpo.  Cercare un'armonia generale del movimento: ripetere, per raggiungere fluidità e naturalezza, il gesto in andata e in ritorno o all'indietro, che solitamente risulta più difficile, creando un ciclo continuo per ogni singola azione che così può essere ripetuta all'infinito). 2) Il controllo dello spazio e il rispetto dei tempi (Cercare il collegamento con l'altro: ogni azione di un personaggio va rapportata a quella di un altro; estrapolato questo sistema duale dal contesto generale, si deve elaborare con ricerca di sincronizzazione e direzionalità reciproche.  Cercare il collegamento con la scenografia: ogni azione deve riferirsi anche al contesto scenografico definito dall’insieme costituito di arredo, scena dorsale e laterale, distanza dal pubblico; l'atto deve dipanarsi in questo contesto con equilibrio e significazione) cfr. bib. 31.

 

Biblio ed emerografia di riferimento.

 

1)   . G. Giugni, Esiste una comunicazione corporea?, in "Scuola e didattica" n. 18 del luglio 1984.

2) H. Wallon, L'origine del carattere nel bambino, Ed. Riuniti Roma 1974

1)   AA. VV.  Paralinguistica e cinesica, prospettive pedagogiche, Bompiani Milano 1970 e D. Efron, Gesto, razza e cultura, Bompiani Milano 1971.

4) J. Piaget, La formazione del simbolo nel bambino, La nuova Italia Firenze 1972.

5) D. H. Winnicott, Gioco e realtà, Armando Roma 1974.

6) A. Lowen, Il linguaggio del corpo, Feltrinelli Milano 1979.

7) J. Piaget, Psicologia e sviluppo mentale del bambino, Einaudi Milano 1970.

8) L. Mecacci, Cervello e storia, Editori Riuniti Roma 1977, da pag.     73.

9) M. Reuchlin, Manuale di Psicologia, Editori Riuniti Roma 1981, da pag. 234 a pag. 312.

10) L. Calabrese, Linguaggio motorio e comunicazione corporea. in "Ricerche didattiche" n. 284 dell'aprile 1985.

11)  G. Mollo, La funzione della competenza comunicativa per lo sviluppo dell'espressività, in "Cultura e scuola", anno XXX, n. 118 dell'aprile/giugno 1991.

12)  A. Pieretti, Espressione e comunicazione: un rapporto da ricostruire, in "Annali della P. I.", anno XXXIV, n. 6 del Novembre/dicembre 1988.

13)  A cura di M. T. Mignone, Ragazzi, teatro, animazione teatrale, in "Scuola viva", n. 9 dell'annata 1972.

14) G. Calendoli, Introduzione ai problemi della drammatizzazione, in "Quaderni della Cooperativa Teatro Stabile di Padova", n. 1 dell'annata 1973.

15)  B. Pellegrini, Guida al teatro nella scuola, Fabbri Milano 1982

16)  S. Missaglia, L'esperienza teatrale nella scuola, inserto di "Scuola e didattica" n. 11 del 15 febbraio 1982.

17) G. De Lazzari Mialich, Curriculum di animazione teatrale, Pacinotti Mestre 1985, par. 3.1 con adattamenti.

18) G. De Lazzari Mialich, Op.  Cit. par. 8.1 e 8.3 con adattamenti.

19)  P. Albertini, Giocogirotondo, La Nuova Italia Scientifica Roma 1980, da pag. 14 a pag. 17.

20)  G. De Lazzari Mialich, Op.  Cit. par. 6.1 con adattamenti.

21) A cura di R. Bassi e A. Neri, La scuola dell'infanzia e l'educazione psicomotoria, Il Mulino Bologna 1980.

22) M. Valentini e M. Amaducci, Il linguaggio del corpo in "Didattica del movimento" n. 56 di Maggio - giugno '88.

23) A. Imeroni e R. Margaira, C’era una volta la ginnastica,  Emme Milano 1976 da pag. 41 a pag. 68.

24) Le carte storie, disegnate da R. Avalle, Ed.  N. Milano, Bologna 1980.

25) A cura di A. Canevaro, Handicap e scuola, La Nuova Italia scientifica, Urbino 1987 "La drammatizzazione", "Le carte", "Le parole sporgenti" e "Traccia degli eventi emergenti".

26) IARD, Progetto Elle, Giunti e Lisciani Teramo 1986.

27)  A. Calvesi e A. Tonetti, Guida pratica all’insegnamento dell’educazione fisica nelle elementari, "L'espressività corporea" da pag. 197 a pag. 215.

28) T. Di Natale, Sensopercezione e motilità negli handicappati, S. S. S. Roma 1983, da pag. 149 a pag. 168.

29) S. Trentin, Attività ludico-motoria per bambini dai 5 ai 10 anni, S. S. S. Roma s.d.

30) AA. VV., Un teatro per le ombre, da "Le attività integrative nella scuola e nel tempo libero" a cura del Comprensorio 5 della valle dell'Adige.

31) AA. VV.  Tutti in scena, da "Le attività integrative nella scuola e nel tempo libero" come sopra.