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Il corpo nel pensiero filosofico e pedagogico occidentale


                                                                                                  articolo pubblicato su" Didattica  del Movimento"  n. 75 del lug./ago. 1991


1) Una questione di datazione e di concetto (per  gli apprendisti)


Trattando di Storia bisogna ricordare, preliminannente, come ci si intende per orientarsi correttamente nel tempo: nel mondo occidentale il tempo storico è datato dalla nascita di Cristo, perciò  gli  avvenimenti  accaduti rispettivamente prima e dopo si numerano   per anno  e, ogni 100 anni, per secolo a partire dall'anno "1" e dal   secolo "I"  prima o dopo Cristo. Pertanto la numerazione dei secoli è spostata  di una unità rispetto al numero delle centinaia degli anni.
Ad esempio, il secolo che copre dall'anno 101all'anno 200 dopo Cristo risulta indicato con «il II secolo dopo Cristo» (e analogamente quello simmetrico prima di Cristo dall'anno  200 all'anno 101 si indica come  «il II secolo prima di Cristo»). C'è anche un modo più  semplice di chiamare i secoli, ispettando la corrispondenza con  il numero  indicante la cifra  delle centinaia, è l'uso italiano di indicare ogni secolo dopo   l'anno 1000 chiamandolo con il nome di questa cifra. Ad esempio  il  secolo XIII che corrisponde,  come ho già detto, agli anni dal  1201al 1300 si può indicare con «il D uecento» (anche se per alcuni autori  con tale denominazione si indicano  gli anni che vanno, più  correttamente,dal 1200 al 1299).                  


Trattando  poi di storia del pensiero filosofico e pedagogico è altresì necessario,  preliminarmente, indicare cosa  si intende per detto pensiero. La Filosofia  è una disciplina autonoma di studio che sviluppa la sua ricerca: a)  sui problemi più importanti dell'essere umano, o almeno quelli

che  tali appaiono alla cultura di ciascun  tempo storico; b) utilizzando come strumento d'indagine il ragionamento o quello strumento  che il ragionamento individua come il più adeguato. Nasce nella tradizione culturale occidentale dal superamento del pensiero mitologico, magico e religioso nella  Grecia antica, differenziandosi anche  notevolmente dal modo di pensare la realtà e la vita caratteristico delle altre civiltà antiche

(Egitto, Mesopotamia, India, Cina, Giappone).  Nel suo sviluppo arriva  presto  (Ve IV sec. a. C., con Platone ed  Aristotele) ad un momento  di

grande importanza proprio quando comincia  la decadenza politica della Grecia classica; assume una dimensione moraleggiante  nel periodo   di massima diffusione della cultura greca nel mondo antico (III e II sec.  a. C., età ellenistica) e così entra nella Roma di fine Repubblica e inizio Impero, dove, al sorgere della religione cristiana, viene  reinvestita di nuovi e vitali significati. Infatti il pensiero platonico ed  aristotelico, dopo la breve parentesi  della dottrina paolina, si perpetua nella dottrina cristiana per tutto il medioevo (dal IV e V sec. d. C. con S. Agostino al  XIII sec. con S. Tommaso) e viene  insegnato nelle Università fino all'inizio dell'era moderna, quando,cioè,  nella filosofia si determina la nascita  di un nuovo modo di vedere (e manipolare) la realtà. Così, infatti, il  pensiero scientifico (nel Seicento con Bacone e Galileo prima e Cartesio poi) prende  progressivamente  le distanze dalla filosofia "metafisica", definendo  con precisione il campo d'intervento di ciascuna scienza e utilizzando un modo nuovo di analizzare la realtà, detto metodo scientifico, che si serve dell'esperimento per validare o negare le ipotesi.  Ma il nuovo modo di pensare la realtà non annulla quello filosofico; e così ancora nel Settecento con l'Illuminismo, nell'Ottocento  con l'Idealismo  tedesco prima e col Positivismo poi, al passaggio  del secolo con lo Spiritualismo francese e lo Storicismo tedesco e  nel primo Novecento con  l'Attualismo gentiliano, il Pragmatismo di Dewey e la Filosofia della Scienza, fino alla Fenomenologia, all'Esistenzialismo dell'ultimo dopoguerra, ancora, si diceva, la filosofia ha offerto un apporto molto importante allo sviluppo della cultura e alla consapevolezza dell'uomo.


Quando  la Filosofia   si occupa del problema  dell'educazione si chiama Pedagogia ,  e a lungo in tale veste rimane appendice pratica di quelle discipline teoretiche che si occupano degli altri problemi  (cosmologico, teologico, ontologico,   antropologico, gnoseologico, logico, politico, etico, ecc.).  In Platone   ed Aristotele infatti il problema pedagogico emerge come riflesso dal problema   politico dello stato e della morale; in Agostino e Tommaso si sviluppa all'interno del più ampio problema della comunicazione tra maestro e allievo, con importanza della trasmissione dei contenuti più che della modalità   dell'insegnamento. In Comenio e Pestalozzi comincia a ordire un discorso  attorno al concetto di metodo educativo e di apprendimento intuitivo, però  subito dopo, con Froebel ed Herbart torna ad essere una disciplina applicata   della dimensione  metafisica, come del resto era già stata in   Rousseau e nel suo impianto di educazione negativa. Solo alla fine dell'Ottocento,   con Dewey, e agli inizi del Novecento con  Gentile la Pedagogia si realizza  appieno come Filosofia dell'educazione,  presentando nel primo caratteri  accentuati di innovazione rispetto alla tradizione in collegamento con l'Attivismo  delle Scuole nuove, il Funzionalismo in Psicologia e la nascente società  democratica americana; completamente teoretica nella dimensione  idealistica  nel secondo. Ma
subito torna riflesso di presupposti concettuali  connessi ad altri problemi filosofici nel materialismo storico del marxismo, nel personalismo del pensiero cristiano o nelle conseguenze   educative della psicoanalisi. Al  momento attuale, seppure uno sviluppo   notevole di studi delle scienze umane e di ricerche educative (legate agli   esiti della teoria dell' istruzione bruneriana e allo sviluppo della scuola   di massa) abbiano fatto teorizzare a qualche autore la scomparsa della pedagogia per una nuova scienza,in attesa di capire se ciò possa o non possa realmente accadere, questa disciplina filosofica rimane ancora lo strumento principa le per coniugare fini e valori con fatti,  processi e prodotti da  una  parte e ipotesi,  teorie e modelli dall'altra, insomma  rimane ancora il mezzo più importante per capire l'educazione e, con ciò, per progettarla e realizzarla




2)  Il corpo nel pensiero filosofico dell'antichità  classica

Consideriamo  sotto un unico periodo lo sviluppo della filosofia dalle origini  fino al primo profondo cambiamento  dei concetti di riferimento

(anima/corpo, prima;  mente/corpo, poi) determinato dalla nascita della scienza  moderna col Meccanicismo cartesiano nel Seicento. Il punto di riferimento è una concezione del corpo come strumento dell'anima: prima affermata  da Platone e Aristotele nella filosofia pagana, ma poi ripresa, anche a causa dell'originale intervento dell'apostolo Paolo (con i concetti di "carne e spirito"), dalla dottrina dei Padri della Chiesa cristiana Agostino e Tornmaso.  Certamente accanto a questa concezione  ne sussistono altre (quella  naturalista dei Fisiologi, quella materialista  degli Atomisti, quella logica/ontologica  di Parmenide, per non fare che qualche esempio riferito soltanto all'età  presocratica), ed accanto al  pensiero  filosofico andrebbe analizzato anche il pensiero scientifico dell'antichità  (da Ippocrate, nel V sec.a. C., a Galeno, nel II sec. d. C.), tuttavia  qui si intendono esaminare solo le concezioni filosofiche essenziali, quelle che hanno improntato l'epoca in esame, ma anche le successive.


Platone.
  Vive  a cavallo tra Ve IV sec.a. C., e, allievo di Socrate, rimane fortemente colpito dalla vicenda della morte del maestro (condannato a bere un  veleno per aver corrotto culturalmente i giovani di una società che, invece, accettava finanche la corruzione fisica pedofilica senza particolari remore), tanto che il suo pensiero rimane rivolto principalmente al problema del governo della città, e tutti gli altri problemi del suo sistema filosofico, perciò, vengono a ruotare attorno a quello. 
Nella seconda fase del suo insegnamento, quando è più accentuata la sua posizione di rigore, il Corpo gli appare come tomba dell'essere umano e carcere dell'anima (l'anima è costituita da tre parti: l'anima appetitiva, che prova desideri e passioni ed è prevalente nei  Produttori; l'anima irascibile o impulsiva dei Guardiani che prova impulsi e slanci; l'anima razionale capace di conoscere che è propria dei Filosofi.  L 'anima è come un auriga - razionale - che controlla due cavalli,  uno docile - impulsiva - l'altro  sfrenato - appetitiva -, come si può leggere nei dialoghi Repubblica e Fedro)
, perché quella  parte dell'anima che è sede delle passioni si lascia  trascinare dal Corpo. Da ciò: "la  morte è purificazione e liberazione dell'anima", e comunque, se si vuol vivere bene, bisogna rinunciare ai piaceri del corpo, reprimere i desideri per  una totale dedizione alle virtù dell'anima; la sapienza è preparazione alla morte e anticipazione della contemplazione pura della verità che l'uomo può raggiungere solo dopo la separazione dal corpo (dai dialoghi  Gorgia  e Fedone).

Nella  terza fase del suo insegnamento, quando la caduta di tutte le speranze riposte nella possibilità di realizzare un governo secondo le regole filosofiche lo porta  ad attenuare il rigore di certe affermazioni, è indotto a sostituire al rapporto di opposizione tra anima e corpo un rapporto di collaborazione, dove il Corpo è strumento dell'anima. Così nel  raccontare l'origine del mondo, Platone dice che il dio creatore forma l'anima immortale e poi altri dei le avvolgono attorno un corpo mortale che le serve da carro, cioè da strumento per muoversi (nel dialogo Timeo); analogamente anche la morale si  fa meno ascetica, perché la vita migliore non sta né solo nel piacere, né solo  nell'esercizio dell'intelligenza, ma  piuttosto in una mescolatura di entrambi  (dottrina del giusto mezzo nel dialogo Filebo).

Molto  interessanti sono le pagine del Timeo e delle Leggi dedicate alla Ginnastica, l'arte più adeguata per l'educazione del corpo, come la Musica  lo è per l'anima. Il  sistema filosofico di Platone, nonostante l'addolcirnento del terzo periodo è rivolto alla ricerca di qualcosa  che si trova al di là della realtà e che ne è il fondamento e la causa: così  il corpo con tutte le sue determinazioni  di caducità e corruttibilità è svalorizzato nei confronti di un'anima che risulta immortale e rappresenta la vera  natura dell'uomo.

Aristotele.    Allievo  di Platone, vive nel IV sec. a. C., è maestro di Alessandro  ed assiste alla conquista della Grecia da parte  del suo allievo. La  sua filosofia non  rifugge dalla ricerca nella realtà delle cose  (anzi per l'analisi accurata di  molti fatti naturali, Aristotele appare   come uno dei più grandi scienziati  dell'antichità), tuttavia  a questo livello di realtà si sovrappone un livello più alto,  quello metafisico che spiega  le cause del sottostante. L'uomo, per Aristotele, è l'insieme  di due elementi: il corpo  e l'anima; così come tutte le cose, anche l'uomo è costituito  da un substrato materiale (il corpo) che è pura possibilità   informe, e da un principio non materiale, chiamato forma (l'anima) che specifica  questo substrato materiale dandogli quell ' organizzazione che sarà  la sua caratteristica, facendo cioè passare la materia dallo stato  di potenzialità originaria all'Essere in atto.
Aristotele critica i filosofi precedenti  che hanno descritto il corpo separato dall'anima  ed hanno ristretto il rapporto al fatto che l'anima dà  movimento  e sensibilità ad un corpo che le è estraneo, perche è  evidente che la relazione fra i due elementi non può essere considerata  casuale. In tal senso quindi I 'uomo è «sinolo (unità  di materia e forma) di corpo ed anima». Poi però Aristotele arriva, conseguentemente, a porre un rapporto causale per cui l'uomo deve realizzare l'anima, come in ogni cosa (finalismo) l'Essere deve realizzare la sua sostanza o entelechia o atto perfetto, per cui l'uomo si qualifica per essere tale non quando segue le leggi del corpo, ma le leggi dell'anima.
Dopo aver preso le distanze da Platone, Aristotele  configura un sistema finalistico dove ancora prevalgono le dimensioni  sovraordinate alla realtà, quelle metafisiche, riavvicinandoglisi, seppur  in un modo molto moderato e comunque valorizzando il corpo come strumento dell'anima. La dottrina aristotelica dell'anima è molto interessante, perché dà conto del funzionamento della sensibilità e dell'intelligenza secondo un modello che si protrarrà nel tempo fino alla nascita della Psicologia scientifica a metà dell'Ottocento.


3)  Il corpo nel pensiero filosofico cristiano

Altre  concezioni del corpo durante l'Ellenismo vengono sulla scena del pensiero filosofico con lo Stoicismo e con l'Epicureismo e si diffondono in tutto il mondo allora conosciuto per effetto della conquista romana; ma l'avvenimento centrale per il mondo occidentale dopo la civiltà greca classica è la nascita e lo sviluppo della religione cristiana che, in breve tempo, nel primo millennio dopo Cristo impronta di sé tutta la cultura, prima in modo originale rispetto alla filosofia pagana, ma ben presto acquisendo anche questo bagaglio dottrinale fino a farlo suo proprio.


Paolo  di Tarso.
Se  il corpo, creato da Dio e  sacralizzato dalla corporeità del Cristo e perciò destinato  alla resurrezione, non  può che assumere un valore positivo, Paolo che vive nel I sec. d. C. riprende dall' Antico Testamento i concetti   di Carne e Spirito ed utilizza in particolare il primo termine per le connotazioni    peccaminose della vita terrena nelle sue lettere alle varie comunità   cristiane. Il corpo può apparire come il  tabernacolo dell' anima,  però deve realizzare una vita secondo lo spirito e non secondo la carne, perché altrimenti  pecca. Anche nella prima concezione  cristiana il corpo è strumento dello spirito o dell'anima, e può  subire una valorizzazione, quanto una svalorizzazione a seconda della spiritualità   o della camalità che gli si vuol leggere addosso.

 
Agostino.  Tra il IV e il V secolo d. C., mentre i Padri  Orientali leggevano la carnalità più peccaminosa nel corpo e per non soggiacervi taluno si evirava, Agostino in Occidente recupera una dignità strumentale del corpo nella sensibilità  (attività dell'anima per mezzo del corpo), e riprendendo la teoria platonica della differenza sostanziale del corpo dall'anima, attribuisce all'anima stessa il peccato, quando l'anima si  fa carnale nel quadro della dottrina delle due città. Importante è poi la teoria della conoscenza e della comunicazione educativa.

Tommaso  d'Aquino.  Per  tutto il medio evo predomina nella cultura del mondo occidentale il pensiero platonico, rivisitato da S. Agostino e dopo il 1100 nella versione dei Francescani e di S. Bonaventura,  portatore di un atteggiamento di mortificazione della carne e di negazione del corpo, atteggiamento facilmente riscontrabile nelle regole della sua organizzazione monastica o nel pensiero dei mistici e rispecchiato dalla psicologia dell'estrema precarietà della vita quotidiana all'epoca delle invasioni barbariche, quando si tocca  il livello più alto di mortalità per le pestilenze e le carestie e il livello  più basso nello sviluppo quantitativo della popolazione. Però verso la fine del Millennio le invasioni vengono  fermate sia a Occidente (Arabi) che ad Oriente (Avari) dai Re Franchi prima e dagli Imperatori tedeschi poi;  nuove tecniche di coltivazione ed  il disboscamento permettono di alzare la produzione agricola e conseguentemente  la popolazione comincia a crescere e la stessa vita quotidiana

si  fa meno precaria. Nella rinascita degli  studi anche il pensiero filosofico riscopre i classici, prima attraverso gli autori arabi e poi autonomamente.  Nel Duecento Tommaso ed altri  studiosi portano il pensiero aristotelico  al massimo splendore dopo averlo introdotto al posto del platonismo nelle Università non senza grandi  lotte.

Tommaso  riprende l'unità anima-corpo del pensiero aristotelico contro la distinzione platonica, assegnando al corpo una funzione strumentale: il corpo infatti è subordinato alI' anima come al proprio fine, per cui il corpo è orientato naturalmente al bene e non al peccato. Quel finalismo che in Aristotele legava tutte le cose secondo un disegno complessivo ed armonico della realtà, ora è interpretato pari pari nella concezione del Dio cristiano creatore ed il corpo ne esce con  la disposizione migliore alla realizzazione delle operazioni dell'anima.  Quando l'anima gode di Dio ridonda sul corpo una certa beatitudine, e poiché il corpo è fatto partecipedella beatitudine, deve essere amato con  amore di carità.


Nel  Trecento in Italia nasce un modo  nuovo di pensare la realtà alla luce degli autori classici e in un'atmosfera «laica», rispetto a quella profondamente religiosa dell'età precedente, che sarà capace a sua volta di coinvolgere anche il pensiero religioso (ad esempio, sulla concezione educativa). Questo modo di affrontare la realtà si fa cultura fuori dalle Università, nella vita civile e non è il risultato di un'operazione intellettuale astratta, pensata  e basta, ma è un vero e proprio  modo di vivere ed agire. L'Umanesimo italiano, infatti, ha il suo punto focale in un'ampia valorizzazione delle capacità umane di intervento sulla realtà, contro la concezione medievale centrata sull'intervento divino, sull'ascetismo e la mortificazione. Dall'Italia si diffonde poi in tutta l'Europa con il Rinascimento e costituisce il necessario preludio per la nascita della scienza nel Seicento e per l'llluminismo del Settecento.

Non  sussistono autori di opere filosofiche  vere e proprie in questo movimento culturale, tuttavia importanti indicazioni emergono dalle opere  di argomento pratico di Leon Battista Alberti (Della famiglia) e dalle iniziative e riflessioni dei suoi educatori e dei suoi pedagogisti (Vittorino da

Feltre,  Pier Paolo Vergerio, Vegio, Palmieri,  Antoniano).

Mentre  1 'Umanesimo si diffonde, nel Cinquecento la cristianità  assiste alle lacerazioni della Riforma protestante e dello scisma della Chiesa  anglicana  che sconvolgono l' ortodossia cattolica e minano l'autorità del Papato, già provata dalla contesa con gli imperatori  per la supremazia nelle investiture dei feudi. Il mondo cristiano si spacca con la nascita dei protestanti,  ma il cattolicesimo e il Papato rispondono  con la Controriforma e la costituzione della Compagnia di Gesù che da questo momento sarà l'Ordine  più forte e bellicoso nella difesa della Chiesa cattolica, soprattutto organizzando  le scuole per la formazione dei ceti più elevati (Collegi gesuitici  e Ratio studiorum).


  4)  Cartesio: Meccanicismo e Dualismo


Il  secondo grande periodo storico, intimamente  unitario è quello che comprende le principali concezioni del corpo nate nel pensiero filosofico moderno e contemporaneo, da Cartesio alle soglie del Novecento.


Cartesio. All'inizio  del Seicento, preannunciato dal pensiero naturalistico di Telesio,  Bruno e Campanella, contro la perdurante scolastica aristotelico-religiosa che si perpetua in tutte le Università,  sorge un nuovo modo di studiare la natura con Galilei e Bacone (codificatori del metodo scientifico, nell'indagine sulla natura, contro l'analisi metafisica degli aristostotelici) e con Cartesio che giustifica i fondamenti ontologici (le caratteristiche dell'Essere su cui può applicarsi la nuova scienza).
Contro il Finalismo aristotelico, per cui il piano materiale è guidato dal piano formale (spirituale) al compimento della natura propria dell'individuo (costituito dall'insieme dei due piani), Cartesio scopre nel suo meditare volutamente dubbioso (dubbio metodico) due sostanze completamente distinte a fondamento della realtà: il  pensiero o la mente (pensiero cosciente) o Anima da un lato e l'estensione o la materia o Corpo, dall'altro lato, dotato di per sé e per puro meccanismo di Movimento e Sensibilità. Questa, non è più considerata perciò fonte della conoscenza. Le due sostanze coesistono e procedono  parallelamente nell'uomo, ma la loro eterogeneità apre un nuovo problema filosofico che si svilupperà  in seguito, il problema del rapporto tra corpo e mente. Dal dualismo cartesiano un nuovo statuto investe il corpo, giacché questi risulta un aggregato organizzato di materia, retto da principi della fisica meccanica: il movimento e l'estensione. Entrambi questi principi poi sono misurabili e perciò determinabili oggettivamente  (l'estensione attraverso le  dimensioni ed il peso caratteristico di quella materia; il movimento come quantità di moto mediante massa e velocità), senza cioè spiegazioni ricorrenti ad elementi esterni come spiriti, anime e forze occulte.
In quel tempo si va anche modificando la concezione del corpo, come costituito dalla mescolanza di quattro elementi, caratteristica della conoscenza medica antica, con una visione più moderna, come complesso organizzato di organi: Harvey aveva già descritto il cuore e la circolazione,  Cartesio stesso descrive il sistema  nervoso e il riflesso, ecc. Tutto ciò configura un meccanicismo complessivo della realtà materiale per cui, ammettendo il principio d'inerzia, tutti i fenomeni naturali sono spiegabili attraverso urti e contatti tra i corpi, rimanendo costante la quantità di moto presente nell 'universo. Sarà poi Leibniz che, distinguendo tra energia cinetica potenziale e moto, completerà il quadro del meccanicismo, dove peraltro Newton inserirà la legge della gravitazione universale).

Contro  il pensiero dei libertini (liberi pensatori critici, in nome della ragione, dell'intolleranza del cattolicesimo controriforrnista che aveva portato  al rogo Bruno nell'anno 1600)  incapaci di distinguere, se non quantitativamente, l'uomo dall'animale, e per i quali anche gli animali sarebbero capaci di emozioni e sentimenti, Cartesio afferma che il corpo dell'uomo e dell'animale è una macchina, un automa (come un orologio, una  fontana artificiale, ecc.) incapace di rappresentazioni psichiche. Però nell'uomo la mente o anima sviluppa attraverso il linguaggio una coscienza di sé che manca agli animali (e agli uomini bruti che mancano del linguaggio).

Nella  sua ultima opera "Le passioni dell'anima" Cartesio cerca infine un punto di contatto tra la fisica della mente (la psicologia) e quella del corpo, proprio per giustificare il contributo corporeo alle passioni dell'anima, ma non va al di là dell'individuazione di un organo, l'epifisi, dove  gli spiriti vitali che percorrono i nervi del corpo toccano l'anima. Ciò è ben poca cosa se si pensa che prima aveva affermato: «la natura m'insegna  per mezzo di queste sensazioni di dolore, di fame, di sete, ecc. che io non sono solamente alloggiato nel mio  corpo, ...ma che gli sono strettissimamente  congiunto ...come in un sol  tutto ...poiché in effetti tutte queste sensazioni ...non son altro che maniere confuse di pensare, che provengono e dipendono dall 'unione, e come dalla mescolanza. dello spirito con  il corpo».


5)  Dopo Cartesio. Oltre il Dualismo


Quando ancora Cartesio è in vita, si manifestano i primi tentativi di superare il dualismo delle sostanze nella visione della realtà (piano ontologico), nella concezione dell'uomo (piano antropologico), nella giustificazione della conoscenza umana (piano gnoseologico). Le principali

soluzioni adottate sono:

a)  Materialismo con Hobbes il quale subito muove un'obiezione al sistema cartesiano, dicendo che quando Cartesio, dopo aver dubitato di tutto, anche di sé, trova il primo appiglio per la costruzione di una conoscenza certa nel fatto di non poter dubitare di star pensando e, perciò, si può cogliere come sostanza pensante, compie un passaggio logico indebito nel trasferire al soggetto pensante la qualità di sostanza,  perché, dice Hobbes, nell'atto di dubitare io mi colgo non come sostanza  pensante, ma come cosa pensante. Per farla breve, tutto il sistema materialista da questo Autore in poi è basato sul fatto che solo la materia è causa delle cose e non esiste un'altra realtà, se non quella che dal movimento della materia promana, così  il pensiero è l'effetto del movimento nel sistema neuronale cerebrale.


b)  L'Occasionalismo, per salvaguardare la spiritualità dell'anima,elimina  l'influenza reciproca ammessa,  ma non dimostrata, da Cartesio tra mente  e corpo, proponendo un modello  di assoluta separazione, dove per intervento di Dio al verificarsi di un'affezione nel corpo si realizza anche una sensazione nell'anima e, analogamente, al prodursi di un'affezione nell'anima si realizza anche un movimento nel corpo. Ciò che sembra essere la causa di questi fenomeni è in realtà solo l'occasione per un continuo  intervento di Dio.

c)  L 'Armonia prestahilita di Leibniz, anziché prevedere un intervento continuo di Dio, ne propone uno iniziale per cui si realizza un'uniformità
di sviluppo tra i due campi (corporeo e mentale) che comunque rimangono nettamente distinti, così i fenomeni accadono già armonizzati, come due orologi caricati e sincronizzati fin da principio,  per cui allo scoccare di un'ora nel primo corrisponde lo scoccare
della medesima ora nel secondo senza che occorra una sincronizzazione continua come nell'Occasionalismo.

d)  Il Parallelismo psico-fisico di Spinoza nasce da un'unità di sostanza che, tuttavia, si esprime in due forme diverse  (attributi della sostanza) e totalmente distinte. Nell'uomo il Parallelismo psicofisico si configura come unità sostanziale in Dio che però dà  luogo a due serie di avvenimenti totalmente distinti: quelli della modalità  relativa al Pensiero (la mente) e quelli della modalità relativa all'estensione (il corpo). In campo scientifico questa concezione ha costituito il riferimento della Psicologia nascente di Wund e Fechner nella seconda  metà dell'Ottocento in Germania, come modello di ipotesi antropologica che ha permesso lo sviluppo di una  ricerca oggettiva sui fenomeni di coscienza attraverso la misurazione di  parametri corporei.


Nel  Settecento un grande movimento culturale domina la scena della riflessione filosofico-scientifica europea:  è l'Illuminismo che intende rischiarare la mente degli uomini, fino ad allora oscurata dall'ignoranza, dalla barbarie e dalla superstizione (anche religiosa) alla luce della ragione. Alla fede nel progresso, nella riforma politica attuata dai  regnanti, nelle grandi possibilità dell'educazione, questo movimento accompagna  una critica della religione con un certo materialismo di fondo, anche se profonde sono le differenze  tra i vari autori.

La  Mettrie è il rappresentante più deciso (insieme ad Helvetius e D'Holbach) dell'ateismo materialistico in Francia. Suo è il libro pubblicato  anonimo "L 'uomo macchina", dove La  Mettrie, da medico qual era descrive  il corpo dell'uomo come un automa perfetto col quale la natura ha raggiunto l' apice dell'organizzazione materiale. E quest'uomo macchina s'inserisce nel quadro di una realtà naturale totalmente meccanicistica (descritta  da D'Holbach) ed è dominato da una meccanica morale dove lo spirito è ridotto alla ripulsa del dolore e alla ricerca del piacere (descrtta da Helvetius). Ma accanto a questa punta dell'ateismo materialistico l'Illuminismo conosce forme più moderate dove permane la credenza in un'anima spirituale, come in Condillac , autore di un "Trattato delle sensazioni" che espone una famosa teoria della conoscenza a partire dalla sensazione: il Sensismo. Nell'opera, infatti, Condillac riporta il famoso esempio della statua, per dimostrare come tutte le facoltà mentali derivano dalla capacità percettiva e tutte le idee da sensazioni.  Questo Materialismo gnoseologico, condannato dalla Chiesa, è però  oggetto di studio approfondito da parte di tutta una serie di filosofi, chiamati successivamente da Napoleone per l'oggetto del loro studio (le idee) gli Ideologi. Tra questi il medico Cabanis, tra la fine del Settecento e l'inizio dell'Ottocento scrive per la Società degli Osservatori dell'Uomo (la medesima che vede le ricerche di Itard per il ragazzo selvaggio, Sicard direttore della scuola per sordomuti, Pinel direttore dell'ospizio per alienati  e molti altri sull 'uomo fisico, morale e intellettuale) sul tema "Rapporti  tra ilfisico e il morale dell'uomo". Cabanis non è materialista, ammette l'anima, ma quest'anima è l'effetto dell'organizzazione corporea, tanto è vero che a seconda delle diverse condizioni di vita si hanno pensieri,  idee, ragionamenti diversi, quindi  le caratteristiche psicologiche sono diverse a seconda delle condizioni  materiali.


       6.  Idealismo e Positivismo


Nell'Ottocento nei Paesi tedeschi dagli esiti della riflessione kantiana e, in particolare dallo sviluppo di una rappresentazione originaria come "l'Io penso",  nel  giustificare la conoscenza vera dei  fenomeni, nasce tutta una scuola filosofica che pone in evidenza come la realtà sia il risultato di un atto libero del pensiero umano: l' Idealismo tedesco. In questo movimento di pensiero non si dà grande peso alla materialità  della corporeità, ma al più si vede nel corpo soltamto un segno dell'anima, la corporeità è per Hegel, infatti, l'esteriorità in quanto predicato dell'anima: per lo spirito l'esibirsi dell'anima nel corpo (il portamento eretto, il comportamento emotivo, ecc.) non è che la forma più elementare di espressione, essendo il linguaggio verbale l'espressione più consona.  «In sé, la materia non ha nell'anima alcuna verità: in quanto per sé, l'anima si separa dal suo essere immediato e se lo pone di fronte, come corporeità, che non può fare alcuna  resistenza al penetrare di lei. L'anima che ha opposto a sé il suo essere e lo ha superato e lo ha determinato come l'esser suo, ha perduto il significato dell'anima, dell'immediatezza  dello spirito. L 'anima reale, nell'abitudine del sentire e del suo
timento concreto di se è relazione infinita di sé ...Tale è la coscienza».  Come si può osservare le categorie idealiste della corporeità vivono solo in una dimensione spirituale.

Mentre  l'idealismo tedesco si sviluppa, tre autori che si richiamano chi più chi meno alla medesima atmosfera spiritualistica del primo Ottocento

presentano  interessanti soluzioni del problema gnoseologico attraverso uno specifico ruolo del corpo: per Maine  De Biran il soggetto acquisisce  la coscienza di sé mediante il senso dello sforzo che percepisce quando intende agire e il corpo inizialmente gli resiste. Questo senso interno «si estende a tutte le parti del sistema  muscolare o motorio, sottomesse all'azione della volontà. Tutto ciò che è compreso nella sfera dell'attività di questo senso ...diviene oggetto ...l'uomo perviene infine alla dignità di persona morale, ad Io».  Per Rosmini al fondamento di ogni conoscenza si trova la percezione del proprio corpo: questo, infatti, può essere colto come ogni altra cosa, cioè per mezzo dei sensi esterni, o come  la vita in noi per mezzo di un senso interno. Questa percezione è il ... «sentimento fondamentale ... per il quale noi sentiamo il nostro corpo come una cosa con noi, ...per cui si può dire ch'egli è da noi sentito come consenziente».  Anche particolare attenzione porta Rosmini alla descrizione della duplicità della sensazione (tattile),  perché nel medesimo tempo abbiamo la percezione dell'oggetto e la  percezione della modificazione del sentimento  fondamentale del nostro corpo. Per Schopenhauer se l'uomo fosse come gli angeli, cioè una testa alata,  allora sarebbe l'uomo di Kant cui  è aperta la conoscenza del mondo così come appare (fenomenico), ma l'uomo ha il suo corpo e sente la «volontà  di vivere» che gli urge dentro e che fonda la dimensione profonda della realtà medesima. La volontà si serve del corpo per manifestarsi ed il corpo, dunque, non è che la manifestazione esteriore della volontà. Schopenauer anticipa così la visione della Psicoanalisi  e il concetto di inconscio e, pur richiamando il rapporto corpo-anima già espresso da Hegel, approda ad una visione del tutto pessimistica,  perché la volontà è un desiderio mai soddisfatto e la vita non costituisce altro che una sofferenza continua, dove al più può accadere di interrompere  il dolore (il piacere non è altro che assenza del dolore).


Nella seconda metà dell'Ottocento  per effetto dello sviluppo delle scienze si realizza la tendenza ad affermare una concezione meccanica della realtà  naturale. Il Positivismo esprime questa tendenza in diversi modi: quello materialista (Vogt, Haeckel) afferma che la mente sta al corpo come  l'ormone sta alla ghiandola o, in altre parole, che la mente è un nome che si dà al funzionamento del cervello  (Epifenomenismo), ed anche che l'evoluzione è un processo guidato dal caso, mentre Darwin ammette una diversa causalità, quella della selezione  naturale, che non è affatto casuale. È Spencer ad estendere il concetto di Evoluzione dal piano del livello  fisico a quello psichico (culturale), considerando questi due piani espressioni della medesima sostanza vivente, anche se con diversa causalità, quella darwiniana per l'evoluzione corporea e quella di Lamarck (evoluzione dell'organo per lo stimolo esercitato dalla funzione) per l'evoluzione psichica o mentale. La mente perciò appare a Spencer come una forma del processo generale di adattamento alla realtà naturale e sociale dell'individuo  (Superorganico).


7)  Le concezioni del corpo nelle filosofie  del Novecento


Terzo periodo storico unitario è tutto il Novecento. Giacché alla fine dell'Ottocento la certezza della visione meccanicistica della scienza viene messa  in crisi da ulteriori scoperte scientifiche e poi nel nuovo secolo l'affidamento su di un continuo progresso della civiltà viene scosso dalla prima guerra mondiale. Contro il Positivismo nel primo Novecento nascono nuovi orientamenti filosofici (lo Storicismo tedesco, lo Spiritualismo  francese, il Neoidealismo italiano) che si battono tutti contro la concezione meccanicistica in nome di elementi spirituali sovrammateriali. Ma un  collegamento con quella visione di una realtà naturale, continua con  la realtà psichica e culturale, proposta dal Positivismo non piattamente  materialistico (dove corpo e mente non sono sostanze totalmente diverse, ma dimensioni diverse dei medesimi processi psicobiologici di base) a cavallo dei due secoli si mantiene nel Pragmatismo americano (in particolare nel pensiero di Dewey) e nel Neocriticismo  tedesco, per arrivare nel secondo dopoguerra fino a Popper ed alla  sua teoria dei tre mondi.
Tuttavia tra  le due guerre mondiali si avviano due nuovi orientamenti filosofici: a)  la Fenomenologia che indaga sulla coscienza dell'uomo e partendo da  questa costruisce tutta la vera realtà, cioè quella che sta a fondamento della realtà solo presunta e che ci appare immediatamente;

b) l'Esistenzialismo che prende in esame l'esistenza dell'uomo quale suo modo specifico di essere e, in quanto tale, differente per proprie peculiarità dall'essere delle altre realtà esistenti. Tutt'e due queste filosofie sono impegnate a cercare nel corpo dell'uomo la specificità del suo essere, tuttavia contro la visione oggettiva positivista della corporeità mettono in rilievo soprattutto la sua espressione soggettiva interna. Con questo nuovo dualismo, però, non sempre riescono a vedere il senso di una sintesi più avanzata ed esplicativa dei vari fenomeni.
Per  completare il quadro bisogna ricordare anche la scuola Neomarxista che con Adorno, Marcuse e Fromm  mette in evidenza le contraddizioni e le cadute di valore che nascono dall'uso del corpo nella società del benessere.


A questo punto, per brevità, si prendono in considerazione le concezioni del corpo di Gentile, per tutto quel filone di filosofi spiritualisti cui ho prima accennato, di Husserl per la Fenomenologia, di Sartre per l'esistenzialismo e di Merleau-Ponty che porta a compimento il discorso dei due Autori  precedenti, per concludere, infine, con la posizione di Popper.


Gentile in "La  riforma dell 'educazione" ( 1920) dice che la realtà è sì quella dell'anima e quella del corpo, è vero che ci sono sia pensiero che mondo esterno, ma  il corpo e il mondo esterno possono essere dati soltanto nel pensiero, nella coscienza. Ricorda poi che il corpo dà il sentimento fondamentale di cui aveva parlato Rosmini, un senso immanente e profondo che proviene dal sentire il corpo e produce coscienza di sé, perché noi sentiamo il corpo come l'oggetto della coscienza, l'altro, l'opposto. E ciò permette al corpo di manifestarsi e alla coscienza, che non può non essere coscienza di qualcosa, di  essere da principio coscienza di questo oggetto che è il nostro corpo, a tal punto che il corpo è stato definito " Obiectum mentis", cioè oggetto della coscienza, da Spinoza. Riprendendo così l'analisi rosminiana, Gentile afferma che si può vedere la propria mano da un punto di vista esterno (corpo  naturale) e da un punto di vista interno (coscienza). Se il corpo naturale ci è dato, il corpo spirituale ce lo diamo, e poiché lo viviamo, ce lo diamo facendone un carattere con la volontà. Il carattere morale o la volontà  sono gli oggetti della ginnastica che in tal modo non può venir intesa come altra cosa dall'educazione generale.  Così «il canto ...la danza ...la scherma,  ogni sorta di bene intesa ginnastica,  sono tutte forme di educazione spiritualizzatrice del corpo».


Husserl  (prima della seconda guerra mondiale) afferma che per la coscienza  il corpo acquista i caratteri del corpo proprio o corpo vissuto (Leib)  e non di corpo oggetto tra gli altri oggetti della realtà (Korper) come pensano il corpo le scienze. Il Leib si evidenzia in ogni percezione (come aveva già detto Rosmini in particolare  per la percezione tattile), come sensazione di sé o, in rapporto alle altre cose, come centro di orientamento; pertanto non ci si può allontanare dal corpo proprio, e anche se il modo di vederselo è limitato ad alcuni elementi, ugualmente si gode di una  rappresentazione mentale completa del corpo; se lo percepiamo reale poi è per effetto del fatto che possiamo muoverlo a seconda del nostro volere, ma possiamo anche subirne il movimento causato dagli altri nel movimento passivo. E comunqe la superficie del corpo ha un modo doppio di essere esperita che nessun altro oggetto  possiede.

Sartre  in "L 'essere e il nulla" (1934) affenna che abbiamo tre modi di percepire il corpo: a) la ricostruzione analogica del mio corpo su modello del corpo d'altri; b) la conoscenza e la definizione oggettiva del mio corpo a partire dal mondo, o essere in sé, conoscenza vuota perché manca di un centro di riferimento assoluto che le dia significato; c) il vivere il mio corpo senza conoscerlo, con ciò chiarendo che non è lo sforzo di De Biran che  si percepisce col corpo, ma è la resistenza delle cose. In questo ultimo senso il corpo è essere per sé, come coscienza, come centro di riferimento sensibile, sempre superato dalle nuove percezioni o dall'intenzionalità, punto di vista e insieme punto di partenza verso ciò che si deve essere. Se in quest'ultima dimensione io esisto il mio corpo, tuttavia il mio corpo è anche utilizzato e conosciuto da  altri e questa diversa situazione può rientrare nella prima dimensione cui  si è accennato sopra: io esisto per me, dunque, anche come riconosciuto dall'altro e questa è una espressione della mia «relazione fondamentale con gli altri» dove ho la rivelazione del  mio essere oggetto nel rispecchiamento dell'altro, anzi «la profondità d'essere del mio corpo per me, è quel continuo <di fuori>  del mio <di dentro> più intimo».  Sartre si collega così a quella funzione  espressiva dell'anima secondo vecchie categorie, già evidenziata da Hegel, anche se non più nella dimensione di uno spirito generalizzato,  ma nella concreta relazione fondamentale con l'altro soggetto.

Merleau-Ponty  ne "La struttura del comportamento"del 1942, riprendendo un problema già più volte presente alla cultura francese, afferma che la reale e concreta situazione corporea dell'uomo integrato e normale è determinata dal compenetrarsi degli elementi organico, psichico e spirituale,  perché la distinzione tra somatico e spirituale non è una opposizione di sostanze, ma solo una «distinzione  funzionale» e questa presunta opposizione,  poi, alla coscienza ingenua dell'esperienza immediata quotidiana, si presenta come sintesi, perché  il corpo è colto come la struttura d'appoggio delle mie intenzioni (la struttura del comportamento). Ne "La fenomenologia della percezione" del 1945  parte dal voluto abbandono dell'esperienza  percettiva come costruzione intenzionale del mondo, cioè dalla coscienza della percezione, per analizzare il corpo come oggetto tra gli oggetti.  E tuttavia fenomeni come "l'arto fantasma" stanno ad indicare che, anche rimanendo a livello fisiologico, il sistema nervoso organizza la percezione del corpo proprio in funzione della sua storia personale, della sua esperienza vissuta.  «Occorre comprendere come le determinanti  psichiche e le condizioni  fisiologiche si innestino le une sulle altre: se l'arto fantasma dipende da condizioni  fisiologiche ...non si capisce  in quale modo esso possa derivare dalla storia personale del malato, dalle sue emozioni o dalle sue volontà».  D'altra parte il corpo proprio non è l'oggetto per un "Io penso", per una coscienza estranea al corpo stesso,  ma è «un insieme di significati vissuti che va verso il proprio equilibrio», e questi significati sono ancor più decisivi quando vi si rivolge al corpo sessuato.

Popper  ne "L'Io e il suo cervello", scritto con il neurochirurgo e premio Nobel Eccles nel  1977, evidenzia tre mondi dell'uomo, in continua interazione: il primo è quello delle cose o dei fatti naturali; il secondo è quello delle esperienze psichiche soggettive; il terzo è quello dei prodotti della mente umana. Se esiste una casualità dal mondo 1 a quello 3 (la mente è condizionata dal corpo) è pure vero il contrario  (la mente condiziona il corpo). L 'uomo vive nel rapporto tra i tre mondi, anzi l'Io è il centro di questa interazione, il punto di equilibrio.



Bibliografia ed  emerografia essenziali:


(1)  A cura di V. Melchiorre, Il corpo, Ed. La  Scuola Brescia, 1984.

(2)  A cura di F. Fergnani, Maurice Merleau-Ponty.  Il corpo vissuto, Ed. Il Saggiatore,  Milano, 1979.

(3)  AA.VV. Il corpo, perche? Ed. Morcelliana,  Brescia, 1979.

(4)  AA.VV. Corpo bello e mortale, Ed. Marietti,  Milano, 1983.

(5)  K. Campbell, Il corpo e la mente, Ed. Armando,  1976.

(6)  S. Chiari, Filosofia e scienza di fronte al problema mente-corpo, oggi, in: Cultura e Scuola» anno XXIII. n. 90, aprile-giugno,  1984.

  (7)  A. Antonietti, Prospettive del pensiero contemporaneo sul problema mente-corpo, in: Cultura e Scuola, anno XXIX, n. 113, gen-mar. 1990

 

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