1) Una questione di datazione e di concetto (per gli apprendisti)
Trattando di Storia bisogna ricordare, preliminannente, come ci si
intende per orientarsi correttamente nel tempo: nel mondo occidentale il tempo
storico è datato dalla nascita di Cristo, perciò gli
avvenimenti accaduti rispettivamente prima e dopo si numerano
per anno e, ogni 100 anni, per secolo a partire dall'anno "1" e dal
secolo "I" prima o dopo Cristo. Pertanto la numerazione dei secoli
è spostata di una unità rispetto al numero delle centinaia
degli anni. Ad esempio, il secolo che copre dall'anno 101all'anno 200
dopo Cristo risulta indicato con «il II secolo dopo Cristo» (e
analogamente quello simmetrico prima di Cristo dall'anno 200 all'anno
101 si indica come «il II secolo prima di Cristo»). C'è
anche un modo più semplice di chiamare i secoli, ispettando la
corrispondenza con il numero indicante la cifra delle centinaia,
è l'uso italiano di indicare ogni secolo dopo l'anno 1000 chiamandolo
con il nome di questa cifra. Ad esempio il secolo XIII che corrisponde,
come ho già detto, agli anni dal 1201al 1300 si può indicare
con «il D uecento» (anche se per alcuni autori con tale
denominazione si indicano gli anni che vanno, più correttamente,dal
1200 al 1299).
Trattando poi di storia del pensiero filosofico e pedagogico è
altresì necessario, preliminarmente, indicare cosa si intende
per detto pensiero. La Filosofia è una disciplina autonoma
di studio che sviluppa la sua ricerca: a) sui problemi più importanti
dell'essere umano, o almeno quelli
che tali appaiono alla cultura di ciascun tempo storico; b) utilizzando come strumento d'indagine il ragionamento o quello strumento che il ragionamento individua come il più adeguato. Nasce nella tradizione culturale occidentale dal superamento del pensiero mitologico, magico e religioso nella Grecia antica, differenziandosi anche notevolmente dal modo di pensare la realtà e la vita caratteristico delle altre civiltà antiche
(Egitto, Mesopotamia, India, Cina, Giappone). Nel suo sviluppo arriva presto (Ve IV sec. a. C., con Platone ed Aristotele) ad un momento di
grande importanza proprio quando comincia la decadenza politica della Grecia classica; assume una dimensione moraleggiante nel periodo di massima diffusione della cultura greca nel mondo antico (III e II sec. a. C., età ellenistica) e così entra nella Roma di fine Repubblica e inizio Impero, dove, al sorgere della religione cristiana, viene reinvestita di nuovi e vitali significati. Infatti il pensiero platonico ed aristotelico, dopo la breve parentesi della dottrina paolina, si perpetua nella dottrina cristiana per tutto il medioevo (dal IV e V sec. d. C. con S. Agostino al XIII sec. con S. Tommaso) e viene insegnato nelle Università fino all'inizio dell'era moderna, quando,cioè, nella filosofia si determina la nascita di un nuovo modo di vedere (e manipolare) la realtà. Così, infatti, il pensiero scientifico (nel Seicento con Bacone e Galileo prima e Cartesio poi) prende progressivamente le distanze dalla filosofia "metafisica", definendo con precisione il campo d'intervento di ciascuna scienza e utilizzando un modo nuovo di analizzare la realtà, detto metodo scientifico, che si serve dell'esperimento per validare o negare le ipotesi. Ma il nuovo modo di pensare la realtà non annulla quello filosofico; e così ancora nel Settecento con l'Illuminismo, nell'Ottocento con l'Idealismo tedesco prima e col Positivismo poi, al passaggio del secolo con lo Spiritualismo francese e lo Storicismo tedesco e nel primo Novecento con l'Attualismo gentiliano, il Pragmatismo di Dewey e la Filosofia della Scienza, fino alla Fenomenologia, all'Esistenzialismo dell'ultimo dopoguerra, ancora, si diceva, la filosofia ha offerto un apporto molto importante allo sviluppo della cultura e alla consapevolezza dell'uomo.
Quando la Filosofia si occupa del problema dell'educazione
si chiama Pedagogia , e a lungo in tale veste rimane appendice
pratica di quelle discipline teoretiche che si occupano degli altri problemi
(cosmologico, teologico, ontologico, antropologico, gnoseologico, logico,
politico, etico, ecc.). In Platone ed Aristotele infatti il problema
pedagogico emerge come riflesso dal problema politico dello stato e della
morale; in Agostino e Tommaso si sviluppa all'interno del più ampio problema
della comunicazione tra maestro e allievo, con importanza della trasmissione
dei contenuti più che della modalità dell'insegnamento.
In Comenio e Pestalozzi comincia a ordire un discorso attorno al concetto
di metodo educativo e di apprendimento intuitivo, però subito dopo,
con Froebel ed Herbart torna ad essere una disciplina applicata della
dimensione metafisica, come del resto era già stata in Rousseau
e nel suo impianto di educazione negativa. Solo alla fine dell'Ottocento,
con Dewey, e agli inizi del Novecento con Gentile la Pedagogia si realizza
appieno come Filosofia dell'educazione, presentando nel primo caratteri
accentuati di innovazione rispetto alla tradizione in collegamento con l'Attivismo
delle Scuole nuove, il Funzionalismo in Psicologia e la nascente società
democratica americana; completamente teoretica nella dimensione idealistica
nel secondo. Ma subito torna riflesso di presupposti
concettuali connessi ad altri problemi filosofici nel materialismo storico
del marxismo, nel personalismo del pensiero cristiano o nelle conseguenze
educative della psicoanalisi. Al momento attuale, seppure uno sviluppo
notevole di studi delle scienze umane e di ricerche educative (legate
agli esiti della teoria dell' istruzione bruneriana e allo sviluppo della
scuola di massa) abbiano fatto teorizzare a qualche autore la scomparsa
della pedagogia per una nuova scienza,in attesa di capire se ciò
possa o non possa realmente accadere, questa disciplina filosofica rimane ancora
lo strumento principa
le per coniugare fini e valori con fatti, processi e prodotti da
una parte e ipotesi, teorie e modelli dall'altra, insomma
rimane ancora il mezzo più importante per capire l'educazione e, con
ciò, per progettarla e realizzarla
2) Il corpo
nel pensiero filosofico dell'antichità classica
Consideriamo sotto un unico periodo lo sviluppo della filosofia dalle origini fino al primo profondo cambiamento dei concetti di riferimento
(anima/corpo, prima; mente/corpo, poi) determinato dalla nascita della scienza moderna col Meccanicismo cartesiano nel Seicento. Il punto di riferimento è una concezione del corpo come strumento dell'anima: prima affermata da Platone e Aristotele nella filosofia pagana, ma poi ripresa, anche a causa dell'originale intervento dell'apostolo Paolo (con i concetti di "carne e spirito"), dalla dottrina dei Padri della Chiesa cristiana Agostino e Tornmaso. Certamente accanto a questa concezione ne sussistono altre (quella naturalista dei Fisiologi, quella materialista degli Atomisti, quella logica/ontologica di Parmenide, per non fare che qualche esempio riferito soltanto all'età presocratica), ed accanto al pensiero filosofico andrebbe analizzato anche il pensiero scientifico dell'antichità (da Ippocrate, nel V sec.a. C., a Galeno, nel II sec. d. C.), tuttavia qui si intendono esaminare solo le concezioni filosofiche essenziali, quelle che hanno improntato l'epoca in esame, ma anche le successive.
Platone. Vive a cavallo tra Ve IV sec.a. C., e, allievo di Socrate,
rimane fortemente colpito dalla vicenda della morte del maestro (condannato
a bere un veleno per aver corrotto culturalmente i giovani di una società
che, invece, accettava finanche la corruzione fisica pedofilica senza particolari
remore), tanto che il suo pensiero rimane rivolto principalmente al problema
del governo della città, e tutti gli altri problemi del suo sistema filosofico,
perciò, vengono a ruotare attorno a quello.
Nella seconda fase del suo insegnamento, quando è più accentuata
la sua posizione di rigore, il Corpo gli appare come tomba dell'essere umano
e carcere dell'anima (l'anima è costituita da tre parti: l'anima appetitiva,
che prova desideri e passioni ed è prevalente nei Produttori; l'anima
irascibile o impulsiva dei Guardiani che prova impulsi e slanci; l'anima razionale
capace di conoscere che è propria dei Filosofi. L 'anima è
come un auriga - razionale - che controlla due cavalli, uno docile - impulsiva
- l'altro sfrenato - appetitiva -, come si può leggere nei dialoghi
Repubblica e Fedro) , perché quella parte dell'anima che
è sede delle passioni
si lascia trascinare dal Corpo. Da ciò: "la morte è
purificazione e liberazione dell'anima", e comunque, se si vuol vivere bene,
bisogna rinunciare ai piaceri del corpo, reprimere i desideri per una
totale dedizione alle virtù dell'anima; la sapienza è preparazione
alla morte e anticipazione della contemplazione pura della verità che
l'uomo può raggiungere solo dopo la separazione dal corpo (dai dialoghi
Gorgia e Fedone).
Nella terza fase del suo insegnamento, quando la caduta di tutte le speranze riposte nella possibilità di realizzare un governo secondo le regole filosofiche lo porta ad attenuare il rigore di certe affermazioni, è indotto a sostituire al rapporto di opposizione tra anima e corpo un rapporto di collaborazione, dove il Corpo è strumento dell'anima. Così nel raccontare l'origine del mondo, Platone dice che il dio creatore forma l'anima immortale e poi altri dei le avvolgono attorno un corpo mortale che le serve da carro, cioè da strumento per muoversi (nel dialogo Timeo); analogamente anche la morale si fa meno ascetica, perché la vita migliore non sta né solo nel piacere, né solo nell'esercizio dell'intelligenza, ma piuttosto in una mescolatura di entrambi (dottrina del giusto mezzo nel dialogo Filebo).
Molto interessanti sono le pagine del Timeo e delle Leggi dedicate alla
Ginnastica, l'arte più adeguata per l'educazione del corpo, come la Musica
lo è per l'anima. Il sistema filosofico di Platone, nonostante
l'addolcirnento del terzo periodo è rivolto alla ricerca di qualcosa
che si trova al di là della realtà e che ne è il fondamento
e la causa: così il corpo con tutte le sue determinazioni
di caducità e corruttibilità è svalorizzato nei confronti
di un'anima che risulta immortale e rappresenta la vera natura dell'uomo.
Aristotele.
Allievo di Platone, vive nel IV sec. a. C., è maestro
di Alessandro ed assiste alla conquista della Grecia da parte del
suo allievo. La sua filosofia non rifugge dalla ricerca nella realtà
delle cose (anzi per l'analisi accurata di molti fatti naturali,
Aristotele appare come uno dei più grandi scienziati dell'antichità),
tuttavia a questo livello di realtà si sovrappone un livello più
alto, quello metafisico che spiega le cause del sottostante. L'uomo,
per Aristotele, è l'insieme di due elementi: il corpo e l'anima;
così come tutte le cose, anche l'uomo è costituito da un
substrato materiale (il corpo) che è pura possibilità informe,
e da un principio non materiale, chiamato forma (l'anima) che specifica
questo substrato materiale dandogli quell ' organizzazione che sarà
la sua caratteristica, facendo cioè passare la materia dallo stato
di potenzialità originaria all'Essere in atto.
Aristotele critica i filosofi precedenti che hanno descritto il corpo
separato dall'anima ed hanno ristretto il rapporto al fatto che l'anima
dà movimento e sensibilità ad un corpo che le è
estraneo, perche è evidente che la relazione fra i due elementi
non può essere considerata casuale. In tal senso quindi I 'uomo
è «sinolo (unità di materia e forma) di corpo ed anima».
Poi però Aristotele arriva, conseguentemente, a porre un rapporto causale
per cui l'uomo deve realizzare l'anima, come in ogni cosa (finalismo) l'Essere
deve realizzare la sua sostanza o entelechia o atto perfetto, per cui l'uomo
si qualifica per essere tale non quando segue le leggi del corpo, ma le leggi
dell'anima.
Dopo aver preso le distanze da Platone, Aristotele configura un sistema
finalistico dove ancora prevalgono le dimensioni sovraordinate alla realtà,
quelle metafisiche, riavvicinandoglisi, seppur in un modo molto moderato
e comunque valorizzando il corpo come strumento dell'anima. La dottrina aristotelica
dell'anima è molto interessante, perché dà conto del funzionamento
della sensibilità e dell'intelligenza secondo un modello che si protrarrà
nel tempo fino alla nascita della Psicologia scientifica a metà dell'Ottocento.
3) Il corpo nel pensiero filosofico cristiano
Altre concezioni del corpo durante l'Ellenismo vengono sulla scena del pensiero filosofico con lo Stoicismo e con l'Epicureismo e si diffondono in tutto il mondo allora conosciuto per effetto della conquista romana; ma l'avvenimento centrale per il mondo occidentale dopo la civiltà greca classica è la nascita e lo sviluppo della religione cristiana che, in breve tempo, nel primo millennio dopo Cristo impronta di sé tutta la cultura, prima in modo originale rispetto alla filosofia pagana, ma ben presto acquisendo anche questo bagaglio dottrinale fino a farlo suo proprio.
Paolo di Tarso. Se il corpo, creato da Dio e sacralizzato
dalla corporeità del Cristo e perciò destinato alla resurrezione,
non può che assumere un valore positivo, Paolo che vive nel I sec.
d. C. riprende dall' Antico Testamento i concetti di Carne e Spirito
ed utilizza in particolare il primo termine per le connotazioni
peccaminose della vita terrena nelle sue lettere alle varie comunità
cristiane. Il corpo può apparire come il tabernacolo dell'
anima, però deve realizzare una vita secondo lo spirito e non secondo
la carne, perché altrimenti pecca. Anche nella prima concezione
cristiana il corpo è strumento dello spirito o dell'anima, e può
subire una valorizzazione, quanto una svalorizzazione a seconda della spiritualità
o della camalità che gli si vuol leggere addosso.
Agostino. Tra il IV e il V secolo d. C., mentre i Padri Orientali
leggevano la carnalità più peccaminosa nel corpo e per non soggiacervi
taluno si evirava, Agostino in Occidente recupera una dignità strumentale
del corpo nella sensibilità (attività dell'anima per mezzo
del corpo), e riprendendo la teoria platonica della differenza sostanziale del
corpo dall'anima, attribuisce all'anima stessa il peccato, quando l'anima si
fa carnale nel quadro della dottrina delle due città. Importante è
poi la teoria della conoscenza e della comunicazione educativa.
Tommaso d'Aquino. Per tutto il medio evo predomina nella cultura del mondo occidentale il pensiero platonico, rivisitato da S. Agostino e dopo il 1100 nella versione dei Francescani e di S. Bonaventura, portatore di un atteggiamento di mortificazione della carne e di negazione del corpo, atteggiamento facilmente riscontrabile nelle regole della sua organizzazione monastica o nel pensiero dei mistici e rispecchiato dalla psicologia dell'estrema precarietà della vita quotidiana all'epoca delle invasioni barbariche, quando si tocca il livello più alto di mortalità per le pestilenze e le carestie e il livello più basso nello sviluppo quantitativo della popolazione. Però verso la fine del Millennio le invasioni vengono fermate sia a Occidente (Arabi) che ad Oriente (Avari) dai Re Franchi prima e dagli Imperatori tedeschi poi; nuove tecniche di coltivazione ed il disboscamento permettono di alzare la produzione agricola e conseguentemente la popolazione comincia a crescere e la stessa vita quotidiana
si fa meno precaria. Nella rinascita degli studi anche il pensiero filosofico riscopre i classici, prima attraverso gli autori arabi e poi autonomamente. Nel Duecento Tommaso ed altri studiosi portano il pensiero aristotelico al massimo splendore dopo averlo introdotto al posto del platonismo nelle Università non senza grandi lotte.
Tommaso riprende l'unità anima-corpo del pensiero aristotelico contro la distinzione platonica, assegnando al corpo una funzione strumentale: il corpo infatti è subordinato alI' anima come al proprio fine, per cui il corpo è orientato naturalmente al bene e non al peccato. Quel finalismo che in Aristotele legava tutte le cose secondo un disegno complessivo ed armonico della realtà, ora è interpretato pari pari nella concezione del Dio cristiano creatore ed il corpo ne esce con la disposizione migliore alla realizzazione delle operazioni dell'anima. Quando l'anima gode di Dio ridonda sul corpo una certa beatitudine, e poiché il corpo è fatto partecipedella beatitudine, deve essere amato con amore di carità.
Nel Trecento in Italia nasce un modo nuovo di pensare la realtà
alla luce degli autori classici e in un'atmosfera «laica», rispetto
a quella profondamente religiosa dell'età precedente, che sarà
capace a sua volta di coinvolgere anche il pensiero religioso (ad esempio, sulla
concezione educativa). Questo modo di affrontare la realtà si fa cultura
fuori dalle Università, nella vita civile e non è il risultato
di un'operazione intellettuale astratta, pensata e basta, ma è
un vero e proprio modo di vivere ed agire. L'Umanesimo italiano, infatti,
ha il suo punto focale in un'ampia valorizzazione delle capacità umane
di intervento sulla realtà, contro la concezione medievale centrata sull'intervento
divino, sull'ascetismo e la mortificazione. Dall'Italia si diffonde poi in tutta
l'Europa con il Rinascimento e costituisce il necessario preludio per la nascita
della scienza nel Seicento e per l'llluminismo del Settecento.
Non sussistono autori di opere filosofiche vere e proprie in questo movimento culturale, tuttavia importanti indicazioni emergono dalle opere di argomento pratico di Leon Battista Alberti (Della famiglia) e dalle iniziative e riflessioni dei suoi educatori e dei suoi pedagogisti (Vittorino da
Feltre, Pier Paolo Vergerio, Vegio, Palmieri, Antoniano).
Mentre 1 'Umanesimo si diffonde, nel Cinquecento la cristianità assiste alle lacerazioni della Riforma protestante e dello scisma della Chiesa anglicana che sconvolgono l' ortodossia cattolica e minano l'autorità del Papato, già provata dalla contesa con gli imperatori per la supremazia nelle investiture dei feudi. Il mondo cristiano si spacca con la nascita dei protestanti, ma il cattolicesimo e il Papato rispondono con la Controriforma e la costituzione della Compagnia di Gesù che da questo momento sarà l'Ordine più forte e bellicoso nella difesa della Chiesa cattolica, soprattutto organizzando le scuole per la formazione dei ceti più elevati (Collegi gesuitici e Ratio studiorum).
4) Cartesio: Meccanicismo e Dualismo
Il secondo grande periodo storico, intimamente unitario è
quello che comprende le principali concezioni del corpo nate nel pensiero filosofico
moderno e contemporaneo, da Cartesio alle soglie del Novecento.
Cartesio. All'inizio del Seicento, preannunciato dal pensiero
naturalistico di Telesio, Bruno e Campanella, contro la perdurante scolastica
aristotelico-religiosa che si perpetua in tutte le Università,
sorge un nuovo modo di studiare la natura con Galilei e Bacone (codificatori
del metodo scientifico, nell'indagine sulla natura, contro l'analisi metafisica
degli aristostotelici) e con Cartesio che giustifica i fondamenti ontologici
(le caratteristiche dell'Essere su cui può applicarsi la nuova scienza).
Contro il Finalismo aristotelico, per cui il piano materiale è guidato
dal piano formale (spirituale) al compimento della natura propria dell'individuo
(costituito dall'insieme dei due piani), Cartesio scopre nel suo meditare volutamente
dubbioso (dubbio metodico) due sostanze completamente distinte a fondamento
della realtà: il pensiero o la mente (pensiero cosciente) o Anima
da un lato e l'estensione o la materia o Corpo, dall'altro lato, dotato di per
sé e per puro meccanismo di Movimento e Sensibilità. Questa, non
è più considerata perciò fonte della conoscenza. Le due
sostanze coesistono e procedono parallelamente nell'uomo, ma la loro eterogeneità
apre un nuovo problema filosofico che si svilupperà in seguito,
il problema del rapporto tra corpo e mente. Dal dualismo cartesiano un nuovo
statuto investe il corpo, giacché questi risulta un aggregato organizzato
di materia, retto da principi della fisica meccanica: il movimento e l'estensione.
Entrambi questi principi poi sono misurabili e perciò determinabili oggettivamente
(l'estensione attraverso le dimensioni ed il peso caratteristico di quella
materia; il movimento come quantità di moto mediante massa e velocità),
senza cioè spiegazioni ricorrenti ad elementi esterni come spiriti, anime
e forze occulte.
In quel tempo si va anche modificando la concezione del corpo, come costituito
dalla mescolanza di quattro elementi, caratteristica della conoscenza medica
antica, con una visione più moderna, come complesso organizzato di organi:
Harvey aveva già descritto il cuore e la circolazione, Cartesio
stesso descrive il sistema nervoso e il riflesso, ecc. Tutto ciò
configura un meccanicismo complessivo della realtà materiale per cui,
ammettendo il principio d'inerzia, tutti i fenomeni naturali sono spiegabili
attraverso urti e contatti tra i corpi, rimanendo costante la quantità
di moto presente nell 'universo. Sarà poi Leibniz che, distinguendo tra
energia cinetica potenziale e moto, completerà il quadro del meccanicismo,
dove peraltro Newton inserirà la legge della gravitazione universale).
Contro il pensiero dei libertini (liberi pensatori critici, in nome della ragione, dell'intolleranza del cattolicesimo controriforrnista che aveva portato al rogo Bruno nell'anno 1600) incapaci di distinguere, se non quantitativamente, l'uomo dall'animale, e per i quali anche gli animali sarebbero capaci di emozioni e sentimenti, Cartesio afferma che il corpo dell'uomo e dell'animale è una macchina, un automa (come un orologio, una fontana artificiale, ecc.) incapace di rappresentazioni psichiche. Però nell'uomo la mente o anima sviluppa attraverso il linguaggio una coscienza di sé che manca agli animali (e agli uomini bruti che mancano del linguaggio).
Nella sua ultima opera "Le passioni dell'anima" Cartesio cerca infine un punto di contatto tra la fisica della mente (la psicologia) e quella del corpo, proprio per giustificare il contributo corporeo alle passioni dell'anima, ma non va al di là dell'individuazione di un organo, l'epifisi, dove gli spiriti vitali che percorrono i nervi del corpo toccano l'anima. Ciò è ben poca cosa se si pensa che prima aveva affermato: «la natura m'insegna per mezzo di queste sensazioni di dolore, di fame, di sete, ecc. che io non sono solamente alloggiato nel mio corpo, ...ma che gli sono strettissimamente congiunto ...come in un sol tutto ...poiché in effetti tutte queste sensazioni ...non son altro che maniere confuse di pensare, che provengono e dipendono dall 'unione, e come dalla mescolanza. dello spirito con il corpo».
5) Dopo Cartesio. Oltre il Dualismo
Quando ancora Cartesio è in vita, si manifestano i primi tentativi di
superare il dualismo delle sostanze nella visione della realtà (piano
ontologico), nella concezione dell'uomo (piano antropologico), nella giustificazione
della conoscenza umana (piano gnoseologico). Le principali
soluzioni adottate sono:
a) Materialismo con Hobbes il quale subito muove un'obiezione al sistema cartesiano, dicendo che quando Cartesio, dopo aver dubitato di tutto, anche di sé, trova il primo appiglio per la costruzione di una conoscenza certa nel fatto di non poter dubitare di star pensando e, perciò, si può cogliere come sostanza pensante, compie un passaggio logico indebito nel trasferire al soggetto pensante la qualità di sostanza, perché, dice Hobbes, nell'atto di dubitare io mi colgo non come sostanza pensante, ma come cosa pensante. Per farla breve, tutto il sistema materialista da questo Autore in poi è basato sul fatto che solo la materia è causa delle cose e non esiste un'altra realtà, se non quella che dal movimento della materia promana, così il pensiero è l'effetto del movimento nel sistema neuronale cerebrale.
b) L'Occasionalismo, per salvaguardare la spiritualità dell'anima,elimina
l'influenza reciproca ammessa, ma non dimostrata, da Cartesio tra mente
e corpo, proponendo un modello di assoluta separazione, dove per intervento
di Dio al verificarsi di un'affezione nel corpo si realizza anche una sensazione
nell'anima e, analogamente, al prodursi di un'affezione nell'anima si realizza
anche un movimento nel corpo. Ciò che sembra essere la causa di questi
fenomeni è in realtà solo l'occasione per un continuo intervento
di Dio.
c) L 'Armonia prestahilita di Leibniz, anziché prevedere
un intervento continuo di Dio, ne propone uno iniziale per cui si realizza un'uniformità
di sviluppo tra i due campi (corporeo e mentale) che comunque rimangono nettamente
distinti, così i fenomeni accadono già armonizzati, come due orologi
caricati e sincronizzati fin da principio, per cui allo scoccare di un'ora
nel primo corrisponde lo scoccare della medesima ora nel secondo senza
che occorra una sincronizzazione continua come nell'Occasionalismo.
d) Il Parallelismo psico-fisico di Spinoza nasce da un'unità di sostanza che, tuttavia, si esprime in due forme diverse (attributi della sostanza) e totalmente distinte. Nell'uomo il Parallelismo psicofisico si configura come unità sostanziale in Dio che però dà luogo a due serie di avvenimenti totalmente distinti: quelli della modalità relativa al Pensiero (la mente) e quelli della modalità relativa all'estensione (il corpo). In campo scientifico questa concezione ha costituito il riferimento della Psicologia nascente di Wund e Fechner nella seconda metà dell'Ottocento in Germania, come modello di ipotesi antropologica che ha permesso lo sviluppo di una ricerca oggettiva sui fenomeni di coscienza attraverso la misurazione di parametri corporei.
Nel Settecento un grande movimento culturale domina la scena della riflessione
filosofico-scientifica europea: è l'Illuminismo che intende rischiarare
la mente degli uomini, fino ad allora oscurata dall'ignoranza, dalla barbarie
e dalla superstizione (anche religiosa) alla luce della ragione. Alla fede nel
progresso, nella riforma politica attuata dai regnanti, nelle grandi possibilità
dell'educazione, questo movimento accompagna una critica della religione
con un certo materialismo di fondo, anche se profonde sono le differenze
tra i vari autori.
La Mettrie è il rappresentante più deciso (insieme ad
Helvetius e D'Holbach) dell'ateismo materialistico in Francia. Suo è
il libro pubblicato anonimo "L 'uomo macchina", dove La Mettrie,
da medico qual era descrive il corpo dell'uomo come un automa perfetto
col quale la natura ha raggiunto l' apice dell'organizzazione materiale. E quest'uomo
macchina s'inserisce nel quadro di una realtà naturale totalmente meccanicistica
(descritta da D'Holbach) ed è dominato da una meccanica morale
dove lo spirito è ridotto alla ripulsa del dolore e alla ricerca del
piacere (descrtta da Helvetius). Ma accanto a questa punta dell'ateismo materialistico
l'Illuminismo conosce forme più moderate dove permane la credenza in
un'anima spirituale, come in Condillac , autore di un "Trattato delle
sensazioni" che espone una famosa teoria della conoscenza a partire dalla sensazione:
il Sensismo. Nell'opera, infatti, Condillac riporta il famoso esempio della
statua, per dimostrare come tutte le facoltà mentali derivano dalla capacità
percettiva e tutte le idee da sensazioni. Questo Materialismo gnoseologico,
condannato dalla Chiesa, è però oggetto di studio approfondito
da parte di tutta una serie di filosofi, chiamati successivamente da Napoleone
per l'oggetto del loro studio (le idee) gli Ideologi. Tra questi il medico Cabanis,
tra la fine del Settecento e l'inizio dell'Ottocento scrive per la Società
degli Osservatori dell'Uomo (la medesima che vede le ricerche di Itard per
il ragazzo selvaggio, Sicard direttore della scuola per sordomuti, Pinel direttore
dell'ospizio per alienati e molti altri sull 'uomo fisico, morale e intellettuale)
sul tema "Rapporti tra ilfisico e il morale dell'uomo". Cabanis non è
materialista, ammette l'anima, ma quest'anima è l'effetto dell'organizzazione
corporea, tanto è vero che a seconda delle diverse condizioni di vita
si hanno pensieri, idee, ragionamenti diversi, quindi le caratteristiche
psicologiche sono diverse a seconda delle condizioni materiali.
6. Idealismo e Positivismo
Nell'Ottocento nei Paesi tedeschi dagli esiti della riflessione kantiana e,
in particolare dallo sviluppo di una rappresentazione originaria come "l'Io
penso", nel giustificare la conoscenza vera dei fenomeni,
nasce tutta una scuola filosofica che pone in evidenza come la realtà
sia il risultato di un atto libero del pensiero umano: l' Idealismo tedesco.
In questo movimento di pensiero non si dà grande peso alla materialità
della corporeità, ma al più si vede nel corpo soltamto un segno
dell'anima, la corporeità è per Hegel, infatti, l'esteriorità
in quanto predicato dell'anima: per lo spirito l'esibirsi dell'anima nel corpo
(il portamento eretto, il comportamento emotivo, ecc.) non è che la forma
più elementare di espressione, essendo il linguaggio verbale l'espressione
più consona. «In sé, la materia non ha nell'anima
alcuna verità: in quanto per sé, l'anima si separa dal suo essere
immediato e se lo pone di fronte, come corporeità, che non può
fare alcuna resistenza al penetrare di lei. L'anima che ha opposto a sé
il suo essere e lo ha superato e lo ha determinato come l'esser suo, ha perduto
il significato dell'anima, dell'immediatezza dello spirito. L 'anima reale,
nell'abitudine del sentire e del suo timento concreto di se è
relazione infinita
di sé ...Tale è la coscienza». Come si può
osservare le categorie idealiste della corporeità vivono solo in una
dimensione spirituale.
Mentre l'idealismo tedesco si sviluppa, tre autori che si richiamano chi più chi meno alla medesima atmosfera spiritualistica del primo Ottocento
presentano interessanti soluzioni del problema gnoseologico attraverso
uno specifico ruolo del corpo: per Maine De Biran il soggetto acquisisce
la coscienza di sé mediante il senso dello sforzo che percepisce quando
intende agire e il corpo inizialmente gli resiste. Questo senso interno «si
estende a tutte le parti del sistema muscolare o motorio, sottomesse all'azione
della volontà. Tutto ciò che è compreso nella sfera dell'attività
di questo senso ...diviene oggetto ...l'uomo perviene infine alla dignità
di persona morale, ad Io». Per Rosmini al fondamento di ogni
conoscenza si trova la percezione del proprio corpo: questo, infatti, può
essere colto come ogni altra cosa, cioè per mezzo dei sensi esterni,
o come la vita in noi per mezzo di un senso interno. Questa percezione
è il ... «sentimento fondamentale ... per il quale noi sentiamo
il nostro corpo come una cosa con noi, ...per cui si può dire ch'egli
è da noi sentito come consenziente». Anche particolare attenzione
porta Rosmini alla descrizione della duplicità della sensazione (tattile),
perché nel medesimo tempo abbiamo la percezione dell'oggetto e la
percezione della modificazione del sentimento fondamentale del nostro
corpo. Per Schopenhauer se l'uomo fosse come gli angeli, cioè
una testa alata, allora sarebbe l'uomo di Kant cui è aperta
la conoscenza del mondo così come appare (fenomenico), ma l'uomo ha il
suo corpo e sente la «volontà di vivere» che gli urge
dentro e che fonda la dimensione profonda della realtà medesima. La volontà
si serve del corpo per manifestarsi ed il corpo, dunque, non è che la
manifestazione esteriore della volontà. Schopenauer anticipa così
la visione della Psicoanalisi e il concetto di inconscio e, pur richiamando
il rapporto corpo-anima già espresso da Hegel, approda ad una visione
del tutto pessimistica, perché la volontà è un desiderio
mai soddisfatto e la vita non costituisce altro che una sofferenza continua,
dove al più può accadere di interrompere il dolore (il piacere
non è altro che assenza del dolore).
Nella seconda metà dell'Ottocento per effetto dello sviluppo delle
scienze si realizza la tendenza ad affermare una concezione meccanica della
realtà naturale. Il Positivismo esprime questa tendenza in diversi
modi: quello materialista (Vogt, Haeckel) afferma che la mente sta al corpo
come l'ormone sta alla ghiandola o, in altre parole, che la mente è
un nome che si dà al funzionamento del cervello (Epifenomenismo),
ed anche che l'evoluzione è un processo guidato dal caso, mentre Darwin
ammette una diversa causalità, quella della selezione naturale,
che non è affatto casuale. È Spencer ad estendere il concetto
di Evoluzione dal piano del livello fisico a quello psichico (culturale),
considerando questi due piani espressioni della medesima sostanza vivente, anche
se con diversa causalità, quella darwiniana per l'evoluzione corporea
e quella di Lamarck (evoluzione dell'organo per lo stimolo esercitato dalla
funzione) per l'evoluzione psichica o mentale. La mente perciò appare
a Spencer come una forma del processo generale di adattamento alla realtà
naturale e sociale dell'individuo (Superorganico).
7) Le concezioni del corpo nelle filosofie del Novecento
Terzo periodo storico unitario è tutto il Novecento. Giacché alla
fine dell'Ottocento la certezza della visione meccanicistica della scienza viene
messa in crisi da ulteriori scoperte scientifiche e poi nel nuovo secolo
l'affidamento su di un continuo progresso della civiltà viene scosso
dalla prima guerra mondiale. Contro il Positivismo nel primo Novecento nascono
nuovi orientamenti filosofici (lo Storicismo tedesco, lo Spiritualismo
francese, il Neoidealismo italiano) che si battono tutti contro la concezione
meccanicistica in nome di elementi spirituali sovrammateriali. Ma un collegamento
con quella visione di una realtà naturale, continua con la realtà
psichica e culturale, proposta dal Positivismo non piattamente materialistico
(dove corpo e mente non sono sostanze totalmente diverse, ma dimensioni diverse
dei medesimi processi psicobiologici di base) a cavallo dei due secoli si mantiene
nel Pragmatismo americano (in particolare nel pensiero di Dewey) e nel Neocriticismo
tedesco, per arrivare nel secondo dopoguerra fino a Popper ed alla sua
teoria dei tre mondi.
Tuttavia tra le due guerre mondiali si avviano due nuovi orientamenti
filosofici: a) la Fenomenologia che indaga sulla coscienza dell'uomo e
partendo da questa costruisce tutta la vera realtà, cioè
quella che sta a fondamento della realtà solo presunta e che ci appare
immediatamente;
b) l'Esistenzialismo che prende in esame l'esistenza dell'uomo quale suo modo
specifico di essere e, in quanto tale, differente per proprie peculiarità
dall'essere delle altre realtà esistenti. Tutt'e due queste filosofie
sono impegnate a cercare nel corpo dell'uomo la specificità del suo essere,
tuttavia contro la visione oggettiva positivista della corporeità mettono
in rilievo soprattutto la sua espressione soggettiva interna. Con questo nuovo
dualismo, però, non sempre riescono a vedere il senso di una sintesi
più avanzata ed esplicativa dei vari fenomeni.
Per completare il quadro bisogna ricordare anche la scuola Neomarxista
che con Adorno, Marcuse e Fromm mette in evidenza le contraddizioni e
le cadute di valore che nascono dall'uso del corpo nella società del
benessere.
A questo punto, per brevità, si prendono in considerazione le concezioni
del corpo di Gentile, per tutto quel filone di filosofi spiritualisti cui ho
prima accennato, di Husserl per la Fenomenologia, di Sartre per l'esistenzialismo
e di Merleau-Ponty che porta a compimento il discorso dei due Autori precedenti,
per concludere, infine, con la posizione di Popper.
Gentile in "La
riforma dell 'educazione" ( 1920) dice che la realtà è sì
quella dell'anima e quella del corpo, è vero che ci sono sia pensiero
che mondo esterno, ma il corpo e il mondo esterno possono essere dati
soltanto nel pensiero, nella coscienza. Ricorda poi che il corpo dà il
sentimento fondamentale di cui aveva parlato Rosmini, un senso immanente e profondo
che proviene dal sentire il corpo e produce coscienza di sé, perché
noi sentiamo il corpo come l'oggetto della coscienza, l'altro, l'opposto. E
ciò permette al corpo di manifestarsi e alla coscienza, che non può
non essere coscienza di qualcosa, di essere da principio coscienza di
questo oggetto che è il nostro corpo, a tal punto che il corpo è
stato definito " Obiectum mentis", cioè oggetto della coscienza, da Spinoza.
Riprendendo così l'analisi rosminiana, Gentile afferma che si può
vedere la propria mano da un punto di vista esterno (corpo naturale) e
da un punto di vista interno (coscienza). Se il corpo naturale ci è dato,
il corpo spirituale ce lo diamo, e poiché lo viviamo, ce lo diamo facendone
un carattere con la volontà. Il carattere morale o la volontà
sono gli oggetti della ginnastica che in tal modo non può venir intesa
come altra cosa dall'educazione generale. Così «il canto
...la danza ...la scherma, ogni sorta di bene intesa ginnastica,
sono tutte forme di educazione spiritualizzatrice del corpo».
Husserl (prima della seconda guerra mondiale) afferma che per
la coscienza il corpo acquista i caratteri del corpo proprio o corpo vissuto
(Leib) e non di corpo oggetto tra gli altri oggetti della realtà
(Korper) come pensano il corpo le scienze. Il Leib si evidenzia in ogni percezione
(come aveva già detto Rosmini in particolare per la percezione
tattile), come sensazione di sé o, in rapporto alle altre cose, come
centro di orientamento; pertanto non ci si può allontanare dal corpo
proprio, e anche se il modo di vederselo è limitato ad alcuni elementi,
ugualmente si gode di una rappresentazione mentale completa del corpo;
se lo percepiamo reale poi è per effetto del fatto che possiamo muoverlo
a seconda del nostro volere, ma possiamo anche subirne il movimento causato
dagli altri nel movimento passivo. E comunqe la superficie del corpo ha un modo
doppio di essere esperita che nessun altro oggetto possiede.
Sartre in "L 'essere e il nulla" (1934) affenna che abbiamo tre modi
di percepire il corpo: a) la ricostruzione analogica del mio corpo su modello
del corpo d'altri; b) la conoscenza e la definizione oggettiva del mio corpo
a partire dal mondo, o essere in sé, conoscenza vuota perché manca
di un centro di riferimento assoluto che le dia significato; c) il vivere il
mio corpo senza conoscerlo, con ciò chiarendo che non è lo sforzo
di De Biran che si percepisce col corpo, ma è la resistenza delle
cose. In questo ultimo senso il corpo è essere per sé, come coscienza,
come centro di riferimento sensibile, sempre superato dalle nuove percezioni
o dall'intenzionalità, punto di vista e insieme punto di partenza verso
ciò che si deve essere. Se in quest'ultima dimensione io esisto il mio
corpo, tuttavia il mio corpo è anche utilizzato e conosciuto da
altri e questa diversa situazione può rientrare nella prima dimensione
cui si è accennato sopra: io esisto per me, dunque, anche come
riconosciuto dall'altro e questa è una espressione della mia «relazione
fondamentale con gli altri» dove ho la rivelazione del mio essere
oggetto nel rispecchiamento dell'altro, anzi «la profondità d'essere
del mio corpo per me, è quel continuo <di fuori> del mio
<di dentro> più intimo». Sartre si collega così
a quella funzione espressiva dell'anima secondo vecchie categorie, già
evidenziata da Hegel, anche se non più nella dimensione di uno spirito
generalizzato, ma nella concreta relazione fondamentale con l'altro soggetto.
Merleau-Ponty ne "La struttura del comportamento"del 1942, riprendendo
un problema già più volte presente alla cultura francese, afferma
che la reale e concreta situazione corporea dell'uomo integrato e normale è
determinata dal compenetrarsi degli elementi organico, psichico e spirituale,
perché la distinzione tra somatico e spirituale non è una opposizione
di sostanze, ma solo una «distinzione funzionale» e questa
presunta opposizione, poi, alla coscienza ingenua dell'esperienza immediata
quotidiana, si presenta come sintesi, perché il corpo è
colto come la struttura d'appoggio delle mie intenzioni (la struttura del comportamento).
Ne "La fenomenologia della percezione" del 1945 parte dal voluto abbandono
dell'esperienza percettiva come costruzione intenzionale del mondo, cioè
dalla coscienza della percezione, per analizzare il corpo come oggetto tra gli
oggetti. E tuttavia fenomeni come "l'arto fantasma" stanno ad indicare
che, anche rimanendo a livello fisiologico, il sistema nervoso organizza la
percezione del corpo proprio in funzione della sua storia personale, della sua
esperienza vissuta. «Occorre comprendere come le determinanti
psichiche e le condizioni fisiologiche si innestino le une sulle altre:
se l'arto fantasma dipende da condizioni fisiologiche ...non si capisce
in quale modo esso possa derivare dalla storia personale del malato, dalle sue
emozioni o dalle sue volontà». D'altra parte il corpo proprio
non è l'oggetto per un "Io penso", per una coscienza estranea al corpo
stesso, ma è «un insieme di significati vissuti che va verso
il proprio equilibrio», e questi significati sono ancor più decisivi
quando vi si rivolge al corpo sessuato.
Popper ne "L'Io e il suo cervello", scritto con il neurochirurgo e premio Nobel Eccles nel 1977, evidenzia tre mondi dell'uomo, in continua interazione: il primo è quello delle cose o dei fatti naturali; il secondo è quello delle esperienze psichiche soggettive; il terzo è quello dei prodotti della mente umana. Se esiste una casualità dal mondo 1 a quello 3 (la mente è condizionata dal corpo) è pure vero il contrario (la mente condiziona il corpo). L 'uomo vive nel rapporto tra i tre mondi, anzi l'Io è il centro di questa interazione, il punto di equilibrio.
Bibliografia ed emerografia essenziali:
(1) A cura di V. Melchiorre, Il corpo, Ed. La Scuola Brescia, 1984.
(2) A cura di F. Fergnani, Maurice Merleau-Ponty. Il corpo vissuto, Ed. Il Saggiatore, Milano, 1979.
(3) AA.VV. Il corpo, perche? Ed. Morcelliana, Brescia, 1979.
(4) AA.VV. Corpo bello e mortale, Ed. Marietti, Milano, 1983.
(5) K. Campbell, Il corpo e la mente, Ed. Armando, 1976.
(6) S. Chiari, Filosofia e scienza di fronte al problema mente-corpo, oggi, in: Cultura e Scuola» anno XXIII. n. 90, aprile-giugno, 1984.
(7) A. Antonietti, Prospettive del pensiero contemporaneo sul problema mente-corpo, in: Cultura e Scuola, anno XXIX, n. 113, gen-mar. 1990