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La Consulenza Orientativa nel percorso didattico secondario in attuazione del Nuovo Obbligo Scolastico

                                                                                       Luglio 2001                di  Marco Paolo Dellabiancia

Indice:

1) L’attuazione dell’Orientamento nella scuola secondaria riformata
2) Le tre tipologie dell’intervento orientativo scolastico
3) Definizione di consulenza orientativa scolastica
4) Le azioni consulenziali del Nuovo Obbligo Scolastico
5) Le finalità e le caratteristiche della consulenza orientativa
6) Note
7) Appendice: Commissione di studio per il riordino dei cicli: la scuola secondaria. Gruppo 4 – Dall’orientamento alla didattica orientante in funzione dell’obbligo scolastico e dell’obbligo formativo.
 
 

1) L’attuazione dell’Orientamento nella scuola secondaria riformata

Come è avvenuto per la scuola di base, prima che fossero dettati i curricoli della scuola riformata, sono state rese pubbliche le relazioni della Commissione di studio per il riordino dei cicli concernente la futura scuola secondaria. I documenti conclusivi dei gruppi di lavoro sono stati presentati il 23/5/01 dal Ministro De Mauro con una sintesi in funzione di testo introduttivo. Gli argomenti presi in considerazione riguardano soltanto le dimensioni generali e trasversali senza entrare nello specifico delle discipline presenti nei nuovi curricoli, per evidenti motivi di tempo. L’Orientamento riceve un riconoscimento importante da tutte le relazioni, ma in particolare da quella della IV Commissione (riprodotta in appendice).

I punti fondamentali di questa relazione sono almeno quattro. I primi tre si possono cogliere là dove è scritto che:

In realtà questa dizione ci appare troppo fortemente finalistica, nella sua espressione conclusiva, tanto che potrebbe sembrare soltanto strumentale, quando invece è indubbiamente costituente e presupposto di una dimensione sostanziale. Perciò deve essere evidente che va interpretata soprattutto nel senso della continua costruzione del progetto di vita e dell’orizzonte di senso allo sviluppo della persona; in questo caso, infatti, non può non sostanziarsi anche delle dimensioni formative e strumentali, seppur permanendo, in quanto fine ultimo, al livello dei valori più alti dell’agire pedagogico. La funzione dell’Orientamento nel suo aspetto generale, dunque, è strategica nel quadro educativo.

E allora proprio a questo proposito è più che mai necessario porre attenzione da parte di tutti gli addetti ai lavori che l’Orientamento, come funzione scolastica anche nel suo aspetto specifico, si propone quale dimensione strategica nella costruzione del Pof. Ciò non dovrebbe non aver rilevanti ripercussioni sulla composizione e sulle iniziative dello staff dirigenziale (autonomia organizzativa) e del gruppo di ricerca e sviluppo (autonomia di ricerca) di ciascuna istituzione scolastica.

E perciò si può dire, dopo tutto quello che abbiamo rappresentato in un precedente articolo (nota n. 1) a proposito delle carenze dell’Orientamento nel curricolo della scuola primaria, che ora è del tutto evidente come, proprio per dare forza a tale funzione nella scuola secondaria, bisogna declinare le caratteristiche del ragazzo che frequenta la scuola di base al fine di introdurre consapevolmente la didattica orientante in forma specifica (almeno) nel tratto terminale di questa prima scuola, quando si comincia ad evidenziare il primo approccio alle discipline. E qui volontariamente ci limitiamo, giacché si può considerare che comunque la didattica dei primi tratti (compresa ovviamente ancor prima quella della scuola dell’infanzia) non possa non essere orientante (consapevole o meno che ne sia il suo docente – ma questo è tutt’un altro discorso).

2) Le tre tipologie dell’intervento orientativo scolastico

Il quarto punto dice che la didattica orientante si realizza, mediante coordinamento tra diversi soggetti della scuola e di enti diversi, in forme organizzative e didattiche che fanno riferimento ad una fondamentale tipologia differenziata di azioni, quali;

Queste tre dimensioni dell’Orientamento nel loro insieme, e quest’ultima in particolare, pongono prepotentemente in campo un compito ulteriore che assegna una valenza istituzionale di grande peso a tale funzione e cioè quella che intende assicurare il successo formativo ad ogni alunno sia attraverso la fornitura di pari opportunità a ciascuno (strategie didattiche e metodologie educative), sia attraverso il riconoscimento, la certificazione e la componibilità di qualunque esperienza e studio (documentazione e certificazione delle competenze acquisite mediante modularità dei percorsi didattici).

Completano, poi, il testo interessanti considerazioni sull’organizzazione dei percorsi orientanti nel biennio del Nos e sulle condizioni di fattibilità, con forti riferimenti alla formazione iniziale e in servizio del personale docente, passaggio non eludibile per realizzare, in una prospettiva sinceramente realistica, sia la dimensione più strettamente finalizzata alla costruzione delle capacità di scelta, sia quella più diffusamente rivolta alle dimensioni metodologico – didattiche di attuazione del diritto allo studio dello studente.

Per il nostro discorso appare particolarmente interessante la tipologia delle azioni orientative: mai fino ad ora si era giunti, infatti, ad una tale chiarezza espositiva e ad un pari livello di approfondimento. A questa tipologia, dunque, va rivolta la massima attenzione possibile per le notevoli implicazioni che riversa sul compito assegnato alla scuola nella definizione dei percorsi orientativi, costituenti il Pof nell’ambito del Nuovo Obbligo Scolastico. Si tratta, ricordiamo ancora, dell’applicazione dell’Orientamento al secondo momento di passaggio, quello caratterizzante il completamento dell’obbligo e lo sbocco verso la continuità dell’Istruzione o il passaggio alla Formazione o all’Apprendistato; atteso che il primo passaggio è quello che si coglie nella scelta dell’indirizzo secondario, dopo la scuola di base, e il terzo è quello all’uscita dalla scuola secondaria.

3) Definizione della consulenza orientativa scolastica

Il termine di "consulenza" nel lessico orientativo scolastico è di utilizzo specifico, tanto che è già stato usato in altre occasioni nella denominazione di taluni organi: come quella molto vecchia risalente agli anni ’60 dei "Centri di orientamento professionale e di consulenza scolastica", ovvero una molto più recente come quella dei "Centri di Informazione e Consulenza" previsti dalle norme sull’Educazione alla Salute all’inizio degli anni ’90.

I primi erano organi deputati all’assistenza psico-pedagogica e all’orientamento professionale e scolastico per le scuole e gli istituti tecnici e professionali, coordinati a livello centrale dall’Unione nazionale dei Consorzi per l’Istruzione Tecnica, ma a livello periferico attivi sotto la diretta responsabilità dei Provveditori agli Studi nelle singole province. Svolgevano la loro opera, dati i tempi, prevalentemente secondo la concezione psico-attitudinale. Furono aboliti dalla l. 616/77 che ne trasferì le competenze di assistenza e orientamento professionale alle Regioni e quelle di orientamento scolastico ai distretti scolastici. Curiosa davvero l’evoluzione subita da questa nostra funzione orientativa, un tempo interamente devoluta alle competenze di organi scolastici periferici (prime forme di autonomia?), poi distinta nelle due componenti e ora, infine, con l’abolizione dei distretti, assegnata completamente agli Enti Locali.

Ma veniamo a tempi più recenti coi Cic. Istituiti dall’articolo 116 della l. 162/90 nelle scuole secondarie superiori dai Provveditori agli Studi con azione integrata di scuole e Servizi pubblici per l’assistenza socio-sanitaria ai tossicodipendenti, fin dall’inizio hanno ricevuto un duplice compito: da un lato quello di offrire informazioni legate ai diversi problemi scolastici ed extrascolastici degli studenti e dall’altro quello di realizzare forme di consulenza rivolte a coloro che lo richiedessero perché in situazione di difficoltà psicologiche e sociali.

In seguito accanto a queste funzioni di ascolto, comunicazione e aiuto, se ne è progressivamente affermata anche una terza di tipo progettuale, per la quale il Cic diveniva anche "spazio di animazione, di confronto, di progettazione, allo scopo di migliorare la comunicazione interna, di motivare all’iniziativa e di accrescere la fiducia e la solidarietà nell’ambito dell’istituto" (dalla Cm. 47/92), con riferimento pure alle Attività Integrative e Complementari. Ma mentre ciò avveniva, altre disposizioni precludevano direttamente al personale scolastico la consulenza: "Si auspicano forme di collaborazione con enti e associazioni che abbiano provata esperienza e competenze nel campo delle problematiche giovanili; si ricorda che la consulenza psicologica è bene che venga offerta da persone diverse dagli insegnanti della scuola, per evitare confusioni di ruoli" (dalla Cm. 362/92).

Con le ultime direttive, infine, si è accentuata la complementarità degli interventi d’informazione e consulenza mediante il coordinamento del personale scolastico con quello socio-sanitario, facendo del Cic il punto di forza e di snodo della progettualità della scuola contro la Tossicodipendenza, il Disagio giovanile, la Dispersione scolastica ecc. mediante lo sviluppo delle Attività Integrative e Complementari nel quadro del Progetto Educativo d’Istituto (il Pei precursore del Pof) e con la collaborazione di studenti e genitori (Direttive 463/98 e 292/99).

Tornando al problema della consulenza, anche se dichiaratamente si tratta di intervento in funzione orientativa e non di sostegno psicologico, potrebbero sussistere ancora pregiudizi d’incompetenza nei confronti dei docenti. In tale prospettiva, se si tratta soltanto della confusione di ruoli ricordata dal legislatore, è del tutto evidente che ciò non accade più, quando il docente attui la consulenza in una classe in cui non è impegnato contemporaneamente anche come insegnante. Ma probabilmente non si tratta solo di ciò, ed in tal senso avevamo già posto delle differenze tra l’approccio psicosociale (dello psicologo) e quello formativo (dell’insegnante) nell’articolo citato in nota n. 1 a cui si rimanda.

Tuttavia meglio ancora, se si fa propria la riflessione in atto sulla Consulenza Orientativa di Pombeni (nota n. 2), perché allora si può condividere il fatto che nella ripartizione delle sei aree professionali che costituiscono il quadro professionale dell’Orientatore (definite dalla Regione Emilia e Romagna) tutti e tre le aree di base (informazione; consulenza e formazione orientativa) sono già di fatto praticate dai docenti (almeno dai docenti referenti e dai docenti collaboratori per l’Orientamento delle singole scuole).

In questo approccio, infatti, si distingue tra funzioni di base e funzioni di specializzazione. La consulenza orientativa si colloca nel primo gruppo e si caratterizza come "un’azione di accompagnamento per fronteggiare la situazione di transizione in cui il soggetto si trova, sia a livello di elaborazione cognitiva, sia a livello di prefigurazione di comportamenti operativi, facendogli sviluppare una maggior consapevolezza, rinforzando competenze e abilità e guidandolo a riarticolare opportunità e vincoli personali con opportunità e vincoli del contesto"; cfr. nota n. 3.

Ma in verità i docenti referenti devono talvolta attuare, come possono, il "Counseling" orientativo (appartenente alle funzioni di specializzazione), che, invece, "appare un processo più complesso, perché teso al cambiamento nell’esperienza formativa, in virtù di un bisogno di riorganizzazione della relazione soggetto – istruzione o formazione e di intervenire per risolvere un processo di progettualità bloccato (dall’insuccesso scolastico), ovvero il "Bilancio di competenze ", come riconoscimento e trasferibilità di competenze costruite sia nella scuola che nell’extrascuola per l’individuazione di nuovi percorsi scolastici e formativi" una volta che il vecchio percorso si sia dimostrato irrealizzabile nell’ottica del successo formativo dell’allievo. Cfr. nota n. 4.

4) Le azioni consulenziali del Nuovo Obbligo Scolastico

Le azioni orientative che devono essere assicurate dalle scuole per l’elevamento dell’obbligo scolastico sono, infatti, varie e complesse. Come si sa il Nos è stato regolato in prima applicazione dalla legge 9/99 e dal successivo Regolamento recato dal Dm. 323/99; tale regolamentazione già pienamente coerente con il processo di Autonomia delle scuole, è divenuta però, per effetto della legge 30/2000 di riforma dei cicli scolastici, almeno stabile, seppur in attesa di un provvedimento regolamentare definitivo e conclusivo del processo di riforma che copra tutte le dimensioni del servizio scolastico.

Se, perciò, facciamo riferimento alle prime due norme, troviamo che il III comma dell’articolo 1 della legge n. 9 precisa come "nell’ultimo anno dell’obbligo d’istruzione … le istituzioni scolastiche prevedono sia iniziative formative sui principali temi della scuola, della società e della scienza contemporanee, volte a favorire l’esercizio del senso critico dell’alunno, sia iniziative di orientamento al fine di combattere la dispersione, di garantire il diritto all’istruzione e alla formazione, di consentire agli alunni le scelte più confacenti alla loro personalità e al proprio progetto di vita e di agevolare, ove necessario, il passaggio dell’alunno dall’uno all’altro degli specifici indirizzi della scuola secondaria superiore".

Il regolamento ha poi distribuito (molto opportunamente, a parere dello scrivente) al passaggio tra le due vecchie scuole secondarie (la media e la superiore) le incombenze per l’attuazione. Ora però, dopo la pubblicazione dei curricoli della scuola di base e con l’evidente prospettiva della sparizione della scuola media, non è assolutamente certo che l’Orientamento per il Nos sia una funzione adeguatamente sviluppata dalla scuola primaria autonoma. Perché, forse, è prevalsa una dimensione teoretica che vuole sia realizzata interamente nell’atto educativo – didattico ordinario e quotidiano, così come è stato ampiamente esplicitato dalla Direttiva 487/97, dove si ipotizza un adeguamento dell’esistere pedagogico scolastico per effetto dell’enunciazione "normativa" del dover essere, ma senza poi andare a verificare se davvero ciò accada. In realtà, come la storia della scuola media sta a dimostrare, l’orientamento formativo richiede una specifica preparazione del personale e precise disposizioni progettuali, perché sussistano le condizioni preliminari per il suo determinarsi. E non è detto che anche a queste condizioni sia assicurato.

Avremmo preferito, perciò, a scanso di equivoci e interminabili dispute basate su infinite interpretazioni, che avesse ricevuto nel testo dei nuovi curricoli qualche specifica prescrizione, come è accaduto per la "Formazione alla Cittadinanza", invece di ottenere soltanto un’ampiezza dei riferimenti pedagogici tramite dichiarazioni di valore (la centralità del soggetto che apprende; cognizioni per la costruzione del progetto di esistenza; strumenti di conoscenza e occasioni di esperienza per la formazione dell’orientamento nelle scelte successive; l’orientamento è decisivo sia per le sorti individuali sia per la miglior utilizzazione sociale delle giovani energie ecc.), mentre tutti sanno, invece, che la materia (e le connesse risorse economiche) è stata delegata totalmente agli Enti Locali, come accade del resto per tutte le altre materie strettamente collegate e richiamate (Ed. alla salute, Lotta alla dispersione, Continuità ecc.).

In definitiva, poi, se si pone a mente il fatto che lo snodo tra scuola di base e scuola secondaria non è stato considerato una scelta da sostenere con forme specifiche di orientamento nel curricolo nazionale (come è stato rilevato nel recente articolo indicato in nota n. 1), anche se verosimilmente lo sarà tra le discipline e le attività dell’area obbligatoria di scelta del singolo istituto, in questo momento sembra più opportuno rivolgersi alle iniziative da attuare nella scuola secondaria riformata (assumendole così come sono descritte analiticamente nel regolamento del Nos).

Le azioni rivolte al successo formativo degli alunni obbligati, per conseguire gli obiettivi previsti dal comma 3 dell’articolo I della l. 9/99 (su riportato), sono:

  1. Accoglienza, analisi delle competenze, consolidamento delle scelte o riorientamento;

  2. Agevolazione del passaggio ad altri indirizzi di scuola secondaria attraverso specifiche attività da realizzare anche in collaborazione con le scuole destinatarie dei passaggi;

  3. Predisposizione di percorsi integrati, ferma restando la competenza delle istituzioni scolastiche in materia di certificazione delle attività svolte, da realizzare attraverso la stipula di convenzioni anche con enti di formazione professionale riconosciuti.

L’intreccio delle diverse dimensioni del processo orientativo/riorientativo che devono essere assicurate dalle scuole nel Nos, come detto, è stato oggetto di approfondimento da parte del gruppo di lavoro autore della relazione già più volte menzionata, con individuazione di importanti aspetti su cui sarà necessario impostare le fondamenta del progetto orientativo.
 

5) Le finalità e le caratteristiche della consulenza orientativa

Già il regolamento del Nos aveva ampiamente indicato le finalità delle azioni consulenziali orientative del biennio secondario nell’intento di:

e, per ciò che riguarda le mete più specifiche:

Ora è del tutto evidente, alla luce del carico formativo assegnato a questa funzione, che intervenire nel solo biennio secondario della scuola autonoma significa limitare l’orizzonte di successo della medesima e per di più, poi, ritagliarne i confini al di fuori del curricolo nazionale vuol dire destinarla a sicura precarietà. Bisogna, in tal senso, aver piena consapevolezza delle scelte che sono state decise già nei curricoli della scuola di base.

Il compito della funzione orientativa, infatti, si deve confrontare con le dimensioni dello sviluppo evolutivo degli studenti e con le caratteristiche culturali della società contemporanea, perché questo è precisamente quello che si intende quando si afferma la centralità del soggetto che apprende. Infine deve tener presente il contesto entro il quale si realizza il processo educativo, che implica, come bene esplicita il gruppo di studio nella sua relazione, alcune caratteristiche di fondo della consulenza orientativa nel Nos, come:

e questo significa dichiararne l’equivalenza all’azione educativa e didattica ordinaria in classe o in laboratorio, magari per gruppi di lavoro e di apprendimento, con forme di apprendimento cooperativo e con le metodologie della ricerca o della scoperta o per progetti.

col che si esalta la funzione di regia della scuola e la sua titolarità alla certificazione dei percorsi medesimi.

benché, a parere dello scrivente, siano tempi insufficienti se non si sviluppano su una dimensione orientativa formativa che nasce dalla quota nazionale e già praticata fin dalla scuola precedente.


6) Note:

1) Si fa riferimento al contenuto del paragrafo 4 nell’articolo dello scrivente intitolato "L’Orientamento nella scuola", pubblicato sul numero 3 della "Rivista dell’Istruzione" da Maggioli a Santarcangelo di Romagna per l’anno 2001.
2) Cfr. M. Consolini e M. L. Pombeni, "La Consulenza Orientativa", F. Angeli Milano 1999.
3) Nei due capoversi che si concludono con la segnatura di questa nota è stato utilizzato direttamente il testo della Pombeni alle pagine 26 e 27 con la modifica di pochi termini, per rendere il discorso coerente con la materia scolastica
4) Come sopra con riferimento alle pagine 31, 32 e 33.
 

7) Appendice:

Commissione di studio per il riordino dei cicli: la scuola secondaria.

Gruppo 4 – Dall’orientamento alla didattica orientante in funzione dell’obbligo scolastico e dell’obbligo formativo. Coordinatore: Giorgio Allulli – Franco Frabboni Moderatore: Maria Teresa Sarpi

Premessa.

L’orientamento come metodologia didattica permanente

Si ritiene innanzitutto opportuno suggerire che nella Premessa alle indicazioni curricolari del ciclo secondario sia sottolineata la rilevanza dell’orientamento e dello sviluppo negli allievi di capacità generali -cognitive, relazionali, comportamentali- , in particolare le capacità di imparare ad imparare e di decidere, funzionali ad un corretto e consapevole rapporto con le conoscenze e con gli altri, all’individuazione di strategie coerenti con i contesti di esperienza e di apprendimento, necessarie sia durante che dopo la fase strettamente scolastica, per individuare eventuali alternative formative e per successivi percorsi di studio e/o lavoro. .A tali capacità concorrono non solo tutte le discipline ma la stessa struttura del curricolo e del sistema formativo integrato delineato dalle recenti riforme (rapporto tra discipline comuni a tutti i licei, tra queste e quelle proprie degli indirizzi, tra discipline obbligatorie e discipline e/o attività opzionali, tra scuola e altri percorsi di formazione ecc). E’ perciò necessario che questo tema emerga come uno degli assi culturali portanti del riordino dei cicli scolastici, coerentemente con le trasformazioni dei saperi, delle tecnologie, del mondo del lavoro in una società che, più di ogni altra del passato, dipende dalla riuscita delle politiche nel campo dell’istruzione e della formazione e come "leva" per riflettere sulla didattica. Parallelamente è indispensabile che si riaffermi l’importanza della mediazione didattica per il raggiungimento delle finalità della scuola riformata.

Fondamentali a questo riguardo sono due concetti: quello del passaggio dall’orientamento, inteso esclusivamente come attività separata eterodiretta, affidato ad esperti esterni alla scuola, circoscritto in momenti specifici di scelta dei percorsi formativi, alla didattica orientante volta a favorire autonome scelte dei ragazzi e, strettamente correlato a questa, il concetto di apprendimento permanente. Infatti il ruolo di "bussola" dell’orientamento si comprende a pieno se si individuano le sue molteplici dimensioni e se, pur non eliminando i suoi aspetti informativi, il contributo di consulenti esterni con specifiche competenze e la maggiore "visibilità" che assume in certi passaggi , lo si intende soprattutto come metodologia didattica permanente che investe tutti i tempi e i comparti del sistema integrato scolastico e formativo, compresa l’educazione per gli adulti. Finalizzata a sviluppare conoscenze e competenze che attrezzino ciascun individuo a fronteggiare le potenziali situazioni di trasformazione e di scelta, essa pone le condizioni per una piena realizzazione dell’uomo e del cittadino, per una sua collocazione positiva nel contesto sociale e lavorativo, di fronte ai cui rapidissimi e radicali cambiamenti lo smarrimento, il senso della precarietà appaiono oggi come situazioni piuttosto diffuse. Orientarsi significa quindi essere in grado, in qualunque momento, di conoscersi, fare scelte per il proprio futuro, saper assumere decisioni anche in situazioni di incertezza e in situazioni complesse, saper padroneggiare le paure che si affacciano nei momenti di grandi cambiamenti storici come in quelli della vita personale.

Ma preliminare anche alle precedenti affermazioni è il convincimento che una riflessione sull’orientamento debba partire da quella sulle caratteristiche del soggetto che apprende, nel momento che si inserisce nel ciclo secondario e nell’attuale contesto storico-sociale .

Il soggetto che apprende

I primi due anni del ciclo secondario coincidono con un momento particolarmente delicato della crescita dei ragazzi: tempo di capacità logiche non ancora del tutto sviluppate, tempo di formazione delle identità personali e sociali, di costruzione consapevole di regole e valori, di motivazioni legate più alla curiosità e al desiderio di molteplici esperienze che all’attenzione agli aspetti del lavoro nel concreto contesto storico e nell’intreccio con altre prospettive personali. Questo tipo di interesse è invece crescente negli anni e fa da sfondo alla fase dell’obbligo formativo più che di quello d’istruzione. La consapevolezza di questa differenza di motivazione come dei diversi gradi della capacità di astrazione è essenziale nella messa a fuoco della metodologia e dell’attività orientante dei primi due anni del ciclo secondario e di quella successiva.

Inoltre occorre tener conto del fatto che le caratteristiche dei ragazzi che si iscrivono attualmente al ciclo superiore, e ancora di più di quelli che lo faranno nel momento in cui il riordino sarà completamente attuato, in anticipo di un anno rispetto ad oggi, sono molto diverse da quelle dei loro coetanei anche di dieci anni fa sul piano antropologico, cognitivo, esperienziale, valoriale. Tra di loro sono ormai una presenza significativa ragazzi provenienti da altri paesi, lingue e culture, che pongono nuove esigenze di confronto anche con civiltà extra europee, con codici linguistici e comunicativi completamente "altri", con stili cognitivi e di apprendimento profondamente diversi da quelli degli adolescenti che vivono in società di massa, opulente e consumistiche, tecnologicamente avanzate; all’esperienza diretta di vari membri del gruppo si è spesso offerta l’occasione di constatare come i ragazzi immigrati, soprattutto se non nati e scolarizzati fin dall’inizio in un paese occidentale, hanno una capacità di osservazione, precisione, memorizzazione che i nostri ragazzi attuali non hanno sviluppato o hanno perso rispetto alle precedenti generazioni proprio perché si formano in contesti di apprendimento anche pre- ed extra-scolastici (televisione, videogiochi, computer), attraverso esperienze e in rapporto a valori completamente diversi. Queste osservazioni, pur essendo parziali e circoscritte a esperienze ancora limitate, e non pretendendo quindi di porsi come affermazioni generali , tuttavia si presentano come potenziali punti di attenzione e giustificano ancora di più l’esigenza di individualizzazione dei percorsi formativi e, contemporaneamente, dell’adozione consapevole di didattiche plurime (mastery learning, metodo cooperativo, apprendimento dai pari, ecc.), in rapporto a scopi e attività diversi, capaci di valorizzare le differenze tra i soggetti e farne un terreno di scambio e di arricchimento per tutti, studenti e docenti.

Tra i nuovi soggetti che apprendono, nel ciclo secondario, un’altra presenza destinata a crescere per effetto delle leggi sull’innalzamento dell’obbligo d’istruzione e formativo è quella dei ragazzi in situazione di handicap, prima assolutamente minoritaria nella secondaria superiore e per di più prevalentemente concentrata in taluni indirizzi.

Una didattica orientante, cioè capace di dare supporto allo sviluppo degli individui e dei loro bisogni formativi e dei loro progetti di vita, deve svolgere anche misurarsi anche con i bisogni di questi soggetti.
 
 

Scuola secondaria e orientamento nella nuova normativa

Gli ostacoli o la possibilità dei ragazzi ad essere "soggetti" della propria formazione dipendono fortemente dal modello e dalla strategia didattica più o meno unici e rigidi dell’insegnante, dalla sua minore o maggiore consapevolezza sul piano disciplinare , metodologico, relazionale. In particolare il docente della secondaria superiore, in questo non agevolato dalla ricerca accademica e da una tradizione che vede le discipline come fini e non come strumenti dell’azione formativa, si identifica con un sapere disciplinare e tende a contrapporre questo specifico disciplinare all’orientamento , perché tale è la sua formazione. La ricerca sulla didattica disciplinare ( modelli , nuclei fondanti, sintassi e linguaggio, tecniche, strumenti operativi) consente di sgombrare il campo da questo equivoco e rende manifesto che quanto più il docente ha competenze riflesse tanto più è in grado di dare valenza orientativa al suo insegnamento.

La scuola superiore, molto più che la scuola di base , ha necessità di recuperare il ritardo culturale sull’orientamento e sulla didattica orientante, impostisi alla sua attenzione con forza con le leggi 9/99 e 144/99 art.68 sull’elevamento dell’obbligo di istruzione e formativo. Il quadro normativo delineato da queste leggi, dal Regolamento dell’autonomia scolastica, dalla Legge 30/00 sul riordino dei cicli, oltre l’innalzamento dell’obbligo scolastico fino ai 15 anni e di quello formativo fino a 18, presenta alcune innovazioni strategiche, la flessibilità, la personalizzabilità e l’integrazione dei percorsi scolastici, formativi, di apprendistato, grazie al sistema dei crediti, che consentono di soddisfare concretamente i bisogni di ragazzi e ragazze. Il costante richiamo nelle nuove leggi al dettato costituzionale sul diritto di tutti allo studio, alla centralità della persona che apprende, alla valorizzazione delle differenze, alla qualità dell’offerta formativa presuppone un’idea dell’istruzione non strumentale.

In questo scenario il compito dell’orientamento (aiuto a scegliere) e del riorientamento (aiuto a passare ad un altro percorso, che offra una prospettiva di successo formativo, secondo il principio della "reversibilità delle scelte"), affidato alla scuola soprattutto nei primi due anni del ciclo secondario, è cruciale. Tuttavia già in questa fase e ancora di più negli anni dell’obbligo formativo per la scuola è prevista la collaborazione di soggetti esterni, dai servizi per l’impiego degli enti locali alle agenzie di formazione professionale, agli esponenti del mondo del lavoro, per la costruzione di percorsi integrati, rispetto ai quali risulta evidente che la dimensione orientativa e formativa non si esaurisce in riferimento alle discipline. Da qui discende l’esigenza per la scuola come per gli altri soggetti di uscire dall’ autoreferenzialità e di attuare una corretta concertazione, per affrontare con maggiore efficacia situazioni e problemi nuovi e complessi.

In tale contesto l’orientamento e il riorientamento vanno perseguiti dalla scuola come obiettivi formativi in modo intenzionale e sistematico, per consentire ai soggetti più deboli di passare dalla logica della rinuncia a quella della possibilità di altre scelte, dalla sfiducia in se stessi alla consapevolezza e valorizzazione dei propri punti di forza. In questa prospettiva occorre sostanziare l’orientamento, oltre che di valenze informative –oggi rese efficaci e aggiornate dalle reti telematiche- anche di condizioni concrete di attuazione. Tra queste non solo nuovi modelli organizzativi della scuola più flessibili resi possibili dall’autonomia ma soprattutto una prospettiva culturale, metodologica e didattica di più ampio respiro: dall’offerta agli studenti di una varietà di stimoli e contesti di esperienza, come occasioni per sviluppare un’autopercezione diversa, per proiettarsi in altre immagini di sé, per una più autentica realizzazione personale, alla ristrutturazione dei curricoli e delle fasi del lavoro didattico.

La nuova legge e il regolamento sull’innalzamento dell’obbligo scolastico, già forniscono ampie indicazioni per l’organizzazione del curricolo dei primi due anni, sia per quanto riguarda i contenuti ( alcuni grandi temi della cultura e della società contemporanee) sia per quanto riguarda gli obiettivi, le fasi e i metodi dell’attività scolastica in funzione orientativa (accoglienza, bilancio delle competenze di base, riequilibrio culturale, consolidamento delle scelte o riorientamento e passaggi). Un particolare rilievo assume l’attenzione ai metodi di studio, calati nella specificità delle discipline e il tutoraggio nella fase della loro applicazione.

Per gli anni successivi l’attività di orientamento della scuola si rapporta agli elementi che caratterizzano la valenza professionale della conclusività di indirizzo verso i tipi di esiti previsti: Università, IFTS, mondo del lavoro. (Per questi aspetti si rinvia al documento del Gruppo 5)
 
 

Molteplici dimensioni dell’orientamento

La didattica orientante delle singole discipline trova il suo più efficace esito grazie all’azione coordinata dei docenti che elaborano autonomamente il progetto educativo e alla concertazione della scuola con tutti gli altri soggetti implicati nell’azione formativa intesa nel senso più ampio .

La progettazione degli istituti scolastici, singola e in rete, deve favorire lo sviluppo e l’interazione delle molteplici dimensioni dell’orientamento sia sul piano organizzativo che su quello didattico. Qui se ne indicano quelle fondamentali, distinte non gerarchicamente ma solo per una più efficace evidenziazione. Esse sono intimamente connesse anche quando realizzate in diversi momenti:

• la dimensione consulenziale, intesa non nella connotazione tradizionale di ricorso a consulenti psicologi esterni, ma nella articolazione delle attività individuabile nel regolamento di attuazione dell'obbligo: accoglienza, analisi delle conoscenze/competenze, consolidamento delle scelte o riorientamento; in queste fasi si realizza, in particolare, un lavoro concentrico su interessi, propensioni e capacità personali, da realizzare, oltre che "attraverso il ricorso a progetti e materiali strutturati, adottati o prodotti dai docenti" (DM. 323/99, art. 4.3), anche , a seconda dei casi, con contributi esterni alla scuola. La consulenza fornisce il supporto necessario a sviluppare nell'allievo una maggiore consapevolezza di sé e del contesto scolastico di riferimento, in ordine ad una scelta di studi da confermare o cambiare

• la dimensione informativa, che prevede in primo luogo una presa di conoscenza del triennio successivo coerente, ma anche delle altre tipologie di triennio, della formazione professionale e dell'apprendistato. L'informazione riguarda anche le famiglie professionali e i rispettivi percorsi formativi di accesso. A questo proposito il regolamento sull'obbligo scolastico suggerisce che le istituzioni scolastiche, anche attraverso i consigli di classe, promuovano "iniziative di informazione sulle prospettive occupazionali presenti nel territorio, a sostegno delle scelte relative al percorso formativo successivo" (DM. 323/99, art. 3.5). Questo dovrebbe avvenire attivando i necessari rapporti con i genitori per far sì che questi ultimi si coinvolgano efficacemente nel processo di orientamento dei loro figli. A tal fine vengono organizzati "incontri annuali degli alunni e dei loro genitori con gli organi competenti operanti sul territorio" (Ibidem), in primo luogo centri di orientamento e centri per l'impiego. Anche il regolamento sull’obbligo formativo (DPR 257/00 art.3 c.1 e art.4) affida alla scuola l’informazione e l’orientamento in collaborazione con tali organi esterni, all’interno di reti locali .

L'obiettivo principale di questa dimensione del percorso orientativo è duplice: evitare che prendano corpo, da parte degli studenti, percezioni errate della realtà e dell'evoluzione delle professioni ed insorgono aspettative non corrette rispetto al sistema delle opportunità; sollecitare scelte determinate più dai talenti , dall'interesse o dal gusto per l'una o l'altra disciplina presente in un indirizzo (o dalle difficoltà che si incontrano in altre discipline) che da una lettura troppo realistica della fruibilità di un percorso formativo nel mondo del lavoro. A questa dimensione dell’ orientamento non sarà naturalmente estranea una lettura critica degli stereotipi di genere su saperi e professioni. Per questo è opportuno che la presentazione e l'esperienza dei campi disciplinari tramite specifici moduli formativi venga integrata dall'informazione sui percorsi formativi e sulle professioni. Qui l'esplorazione può accompagnarsi a prese di contatto con realtà e situazioni professionali direttamente accessibili, e avvalersi dei contributi informativi e interpretativi che possono venire da agenzie di servizi di orientamento e di consulenza professionale (informagiovani, sportelli informativi, agenzie di formazione professionale ecc.). Il mondo del lavoro nel quale i giovani dell'Italia multiculturale del terzo millennio si troveranno richiede inoltre che essi sappiano riconoscere le differenze fino a valorizzarle.

I moduli di orientamento alle scelte successive previste dalle norme sull’obbligo formativo e quelli relativi all’acquisizione di elementi di cultura del lavoro potrebbero essere predisposti per tutti gli studenti anche a partire dal primo anno, mentre quelli eventualmente destinati al riorientamento e ai passaggi, anche con percorsi integrati con la formazione professionale nel secondo, in rapporti a singoli o a gruppi. La quota oraria destinata a queste attività personalizzate può essere implementata con percorsi aggiuntivi in orario extracurricolare, anche fuori del calendario scolastico annuale.

• la dimensione formativa, che presuppone un’azione pedagogica e didattica di promozione e sostegno alle scelte che i ragazzi compiono e anche di trasmissione di conoscenze di cultura del lavoro e di abilità decisionali e sociali, utili nel tempo all’esercizio della cittadinanza e al mantenimento attivo di una professionalità. A questo proposito il Comitato delle regioni europee afferma che "l'istruzione va al di là del semplice sapere e deve contribuire allo sviluppo della personalità degli individui, trasmettendo conoscenze e abilità ma anche valori, senso di responsabilità, capacità di giudizio e di socializzazione".

L'istruzione, dunque, deve diventare vera e propria educazione, puntando - secondo l'Unesco - a "sviluppare la conoscenza, i valori morali e le capacità di comprensione richieste in tutti i percorsi della vita, piuttosto che la conoscenza e le abilità rivolte alla mera esecuzione di compiti limitati". L'orientamento, pertanto, agisce in vista di decisioni immediate, ma anche in vista di una più articolata autoformazione.

Inoltre inteso non soltanto come aiuto puntuale nella transizione ma anche e soprattutto come metodologia permanente e trasversale, è funzionale al superamento di molte false dicotomie: la centralità dell’allievo non è in antitesi a quella della cultura, l’educazione non lo è all’istruzione, né la persona al cittadino e/o al futuro lavoratore, e/o al futuro studioso, né l’individualizzazione alla trasversalità, né la scuola all’extrascuola e ad altri luoghi di formazione, né la classe ai gruppi (temporanei) finalizzati a scopi e attività diversificate e/o opzionali, né il cognitivo all’emozionale e/o al relazionale e/o al metacognitivo, né i contenuti alle abilità e al metodo, né l’insegnamento frontale all’approccio laboratoriale e cooperativistico, né la quota nazionale a quella lasciata alla progettazione delle singole istituzioni scolastiche, ecc.

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