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di Marco-Paolo Dellabiancia

 

1) CONFRONTO TRA DIFFERENTI MODELLI ESPLICATIVI DEL MOVIMENTO

Ogni disciplina scientifica (e al suo interno ogni scuola di ricerca) ha propri modelli di spiegazione del funzionamento della motricità e propri concetti di riferimento, tuttavia è possibile riscontrare delle uniformità che permettono di orientare globalmente la cognizione del docente. Ad esempio, ogni scienza individua un'unità funzionale del sistema motorio in quella più elementare porzione del sistema medesimo che mantiene le caratteristiche del complesso: che sia chiamata prassia, o piano motorio, o schema motorio, o riflesso ecc., comunque tutte queste unità funzionari hanno almeno un versante sensitivo-sensoriale e un versante motorio. Altro esempio è ciò che viene coinvolto dal versante motorio, che può chiamarsi condotta, comportamento, azione, gesto, movimento ecc. a seconda delle implicazioni antropologiche su cui si fonda l'impostazione di ricerca di quella scuola di pensiero, tuttavia, anche in questo caso, con tutti questi termini si intende significare semplicemente ciò che un soggetto fa.

Un altro concetto condiviso è che la funzione motoria risulta dalla struttura gerarchica di più sistemi, quello più elementare è chiamato sensomotorio, quello più complesso prattognosico. Alcuni modelli psicologici che un tempo volevano descrivere come funziona l'agire complessivo dell'uomo sono ormai rimasti solo per descrivere le caratteristiche del livello sensomotorio, e tra essi si possono ricordare:

  1. l'Arco riflesso del Primo comportamentismo di Watson, cfr. bib. 1 e 2, significato del modello:

    S ------------------- > R dove S = stimolo e R = risposta;

  2. il Riflesso condizionato della Riflessologia russa di Pavlov, cfr. bib. 1 e 2,

    SC ----> SI ------------- > R dove S I = stimolo incondizionato e SC = stimolo condizionato;

  3. il Circuito riflesso del Secondo comportamentismo Skinner, cfr. bib. 1 e 2,

    S --------------------> R dove l'esito di R influisce su S per Condizionamento
    <---------------------- Strumentale o Operante.

Da un punto di vista logico in questi modelli emergono due operazioni fondamentali: la Ricezione (comprensiva sia degli stati dell’ambiente interno che degli stimoli dell’ambiente esterno all’individuo) e l’Esecuzione (sia mediante il movimento che mediante il tono e la postura). Nell’uomo utilizzano una tale organizzazione i Riflessi che assicurano 1) la fuga da stimoli dolorosi, 2) la tensione muscolare nei muscoli antigravitari o Tono antigravitario, 3) l'equilibrio del corpo (che assieme alla tensione muscolare antigravitaria costituisce la Postura) e le coordinazioni elementari e globali che a questi ambiti ineriscono (dai riflessi locali alle sinergie complessive del corpo), il tutto inserito in una Struttura gerarchica integrata che permette a centri superiori di controllare quelli inferiori in modo da ottenerne l'impegno localizzato e settoriale oppure sinergico e massivo, ma comunque sempre rigidamente predeterminato dalla dotazione ereditaria individuale, inscritta nella variabilità caratteristica della specie e suscettibile, nei centri superiori, di apprendimenti veramente elementari o per via condizionata (apprendimenti di segnali e di catene di reazioni dove l'esito di una reazione diviene il segnale scatenante della successiva) o per imprinting.

Al blocco superiore appartengono invece, sempre da un punto di vista logico, delle operazioni più complesse che consistono nel Trattamento dell'informazione sia quella che entra, come nella Percezione e nella Conoscenza, sia quella che esce sotto forma di movimento integrato e adattato ad un contesto significativo, come nell'Elaborazione di un piano di azione e nel Controllo della sua esecuzione. I modelli descritti dalle varie scuole scientifiche a questo proposito presentano tra il versante Ricettivo e quello Esecutivo dei complessi " cognitivi" che possono giustificare l'intenzionalità dell'individuo. La formula logica di riferimento, quindi, diviene:

 

S < ----- > O < ---- > R dove 0 = Organismo o meglio FEEDBACK + FEEDFORWARD + MEMORIE (cfr. bib. 3)

 

e le diverse scuole ne hanno definito vari modelli psicologici come il Piano TOTE del Comportamentismo soggettivo nella prima e nella seconda versione (cfr. bib. 4 e 5), oppure l’Accettore d’Azione della Neurofisiologia Russa (cfr. bib. 6), o il modello Neurocibernetico di N. Bernstein (cfr. bib. 7). Si può affermare, in ogni caso, che utilizzano una tale organizzazione gli Automatismi e le Azioni volontarie, che organizzano i repertori motori assicurati dai riflessi del livello inferiore in complessi unitari, sia filogeneticamente fissati (come camminare, correre, saltare, arrampicarsi ecc.) che ontogeneticamente appresi (come scrivere, andare in bicicletta, guidare l’automobile ecc.), sottoponendoli: 1) ad una operatività percettiva (enterocettiva, propriocettiva e extracettiva) che guida il conseguimento di una meta prefissata e si serve dell’apprendimento per prove ed errori; 2) ad una operatività rappresentativo-simbolica di cui il Linguaggio è uno strumento essenziale, anche se non l’unico (perché si può ricordare con J. K. Bruner come la rappresentazione della realtà si possa realizzare nell’individuo in fase di sviluppo anche per via Prassica, e quindi motoria, e per via Iconica oltreché per via Simbolico-linguistica), mentre l’apprendimento prevalente si realizza per invenzione con ristrutturazione mentale dei rapporti percettivi e dei dati esperienziali memorizzati.

2) LA RACCOLTA DELL'INFORMAZIONE SENSORIALE

Nel modello logico si può considerare Percezione l’attribuzione di senso ai dati raccolti con la sensibilità e il trattamento dell’informazione, entrambi processi attivi e intenzionali, mentre la Sensazione, pur avendo la funzione essenziale di raccolta degli stimoli, è intesa in senso passivo; l’Elaborazione è il procedimento che determina la scelta del gesto che si considera più adeguato; l’Esecuzione è la realizzazione di quel gesto. In tal senso e affrontando il problema della Percezione, si può dire che a partire dal singolo recettore, sulle vie nervose che portano l'informazione al punto più alto del sistema nervoso (incrociandosi dalla metà destra del corpo all'emisfero sinistro e viceversa), sono intercalati diversi centri di elaborazione e trattamento della medesima; il centro più importante per gli aspetti protopatici (vedi più avanti) è il Talamo che raccoglie tutta la sensibilità qui sotto elencata meno la Propriocettiva inconscia, questa non raggiunge la corteccia, ma va al Cervelletto e alla Formazione Reticolare e dà luogo ad una via di regolazione riflessa, cfr., bib.8, 9 e 10.

Rimangono infine odorato e gusto, sensibilità che non sono strettamente connesse con la motricità e tuttavia svolgono un ruolo notevole nella determinazione dello stato emotivo-affettivo legato agli istinti primari (ipotalamo). Per questo motivo possono conseguire una significazione senz'altro importante nella motivazione del movimento, ma in stati primordiali o nelle fasi vegetative delle funzioni di relazione.

Queste dunque sono la classiche forme di sensibilità descritte in tutti i testi scientifici, poi però esiste la capacità del corpo in generale di farsi vettore di sensibilità "altre", giacché era già stato enunciato da Freud e poi dimostrato dall'Antropologia fisica e culturale come la corporeità umana fosse caratterizzata dal poter divenire sensorio di qualunque Percezione fosse intenzionata nel sistema culturale del soggetto.

Prima di arrivare al Talamo le vie sensitive partite dagli organi sensori attraversano la Sostanza reticolare e mediante questa possono attivare e focalizzare l'attenzione dell'organismo, mentre attuano verso la periferia un controllo del tono muscolare. Il Talamo organizza la Percezione Protopatica (ricca di contenuto emozionale ma non analizzata nelle sue componenti specifiche) e la proietta alla Corteccia cerebrale che organizza la Percezione Epicritica (sprovvista di contenuto immediatamente emozionale, ma puntualmente analizzata nei suoi contenuti coscienti), cfr. bib. 11 e 12. A livello corticale i percetti si localizzano su 3 zone primarie specifiche per l'analisi sensoriale: Visiva, Uditiva e Somestesica (quest'ultima raccoglie le sensibilità n. 1, 3 e 4). E poi, anche se ora si tratta la sensibilità, è tuttavia necessario tenere presente pure una quarta zona, quella motoria che non solo si struttura come quelle sensitive, ma lo fa insieme ad esse inviando e ricevendo un complesso di terminazioni direttamente per e da esse.

3) L’ELABORAZIONE DELL’INFORMAZIONE E L’ORGANIZZAZIONE DELL’ENCEFALO SU TRE BLOCCHI FUNZIONALI

Le zone primarie portano una rappresentazione punto a punto con il recettore periferico (retina, coclea e superficie del corpo) che permette di riconoscere e confrontare lo stimolo, senza tuttavia concettualizzarlo (comprendesse la causa o identificare l'oggetto). Attorno alle primarie esistono le secondarie che codificano la percezione determinando la presa di coscienza unitaria dell’informazione e l'identificazione della sua natura e del suo significato. Come estensione poi delle secondarie e precisamente nelle aree derivate dalla loro sovrapposizione sorgono zone terziarie che, ricevendo contemporaneamente segnali delle diverse sensibilità e della motricità, vanno a costituire il substrato cerebrale delle abilità complesse chiamate fasie, prassie e gnosie. Cfr. bib. 13 e 14.

Queste aree corticali si sviluppano in tempi successivi: le primarie, con relative connessioni alle formazioni sottocorticali, si maturano a partire dalla vita prenatale e subito dopo la nascita (l’area motoria è la più sviluppata); le secondarie hanno una forte crescita nei primi mesi di vita e la maturazione delle vie ad esse connesse (mielinizzazione) continua ancora nei primi anni di vita. Le zone terziarie si completano solo più tardi, nella preadolescenza, quando tutta la struttura nervosa collegata alle funzioni corticali superiori si stabilizza definitivamente, mentre maturazione ed apprendimento realizzano le premesse per l'acquisizione dell'intelligenza formale. Da tener presente che le funzioni corticali superiori per A. R. Lurija sono processi complessi di natura riflessa e di origine sociale, mediati nella loro strutturazione e coscienti o volontari nella loro realizzazione, cfr. bib.14.

In questo rapido esame, che vorrebbe prendere in considerazione i fatti più rilevanti del Processo di elaborazione dei materiali sensitivo-sensoriali in ingresso per giungere alla percezione chiara e distinta delle cose e del loro significato; bisogna però anche ricordare che a livello più basso della Corteccia e del Talamo esistono "cortecce antiche" come il Tetto del Mesencefalo. Questa zona porta un rudimento, nell'uomo, di funzioni più sviluppate negli animali meno evoluti, ma comunque conserva un primato nell'attivare riflessi di evitamento e di spostamento del corpo da stimolazioni nocive alla vista e all'udito e ci introduce elementi di percezione, relativi ai due sensi sopracitati, di cui il soggetto può essere anche completamente ignaro. E si tratta di percezione protopatica ma non così globale da essere esclusa dalla costruzione del senso delle situazioni (con senso si intende il significato personale).

L’organizzazione corticale va vista comunque all’interno della strutturazione complessiva dell’encefalo e in dimensione comparata nel senso dello sviluppo evolutivo; in questi termini alcuni AA. hanno proposto varie schematizzazioni funzionali dell’encefalo umano, da cui si evidenziano 3 sistemi integrati: il primo comprende la Formazione reticolare, il Tetto del Mesencefalo, l’Ipotalamo, il Talamo e il Cervello più antico (Sistema Limbico). Questo complesso ha il compito di regolare il livello di energia e il tono di base della Corteccia da un lato, assicurando nel contempo il controllo dei processi vegetativi ed emotivo-istintuali dall’altro. Il secondo sistema analizza e codifica le informazioni e agisce, risultando costituito dalla parte posteriore della Corteccia. Il terzo blocco è deputato alla formazione delle intenzioni e dei programmi del comportamento; si rinviene nella porzione frontale della medesima, cfr. bib. 15 e 16. Il collegamento e la regolazione delle influenze reciproche tra i tre blocchi avvengono nel corso dello sviluppo: il primo sistema predomina nel corso della vita embrionale e fetale, poi con l’avvicinarsi della nascita incominciano a subentrare progressivamente gli altri due, anche se la predominanza del primo continuerà ancora per qualche tempo, seppur mediata dagli strumenti offerti dagli ultimi due blocchi, cfr. il cap. IV di bib. 28 e altre opere di Wallon.

Così dal punto di vista motorio la riflessività gestuale spontanea di cui è dotato l’individuo alla nascita (cfr. bib. 17 e 18) si trova al servizio dell’istintività del Primo blocco e segue quella funzionalità dell’apparato psichico del bambino che la Psicoanalisi chiama " Processo primario" dove domina il Principio del piacere. Cfr. bib. 19, 20, 21, 22. Con la mielinizzazione delle vie sensitive si sviluppa il controllo del Secondo blocco e contemporaneamente del Terzo che appare però più lento perché basato sul secondo sistema di segnalazione (col Processo secondario e secondo il Principio della realtà). Cfr. bib. 23 e 24. Solo con l’adolescenza il processo d’integrazione funzionale dei tre blocchi si completa, nella normalità, con l’apparire del pensiero formale da un lato e l’affermarsi delle funzioni dell’Io dall’altro. Cfr. bib. 25, 26, 27, 28, 29, 30 e 31. La motricità del tutto spontanea e anche quella guidata che mantenga però caratteristiche ludiche autentiche sono comunque mezzi tra i più potenti di questo processo d’integrazione e con ciò diventano lo strumento (al pari dell’esperienza sociale, del pensiero produttivo e dell’affettività con gli oggetti sociali importanti) che rende il soggetto protagonista della sua crescita. Cfr. bib. 32, 33, 34, 35, 36, 37, 38, 39, 40, 41 e 42.

4) L’ORGANIZZAZIONE CORTICALE DEL LINGUAGGIO

Per avere, però, un'idea dell'organizzazione cerebrale che serva a comprendere in via generale quella della funzione motoria che in essa si iscrive, non si può ignorare la differenziazione che investe la struttura bilaterale crociata descritta fin qui, per effetto dello sviluppo del linguaggio. Cfr. bib. 43 e 44. Questa differenziazione comporta generalmente un ampliamento materiale dell'emisfero sinistro dove si localizzano alcune funzioni linguistiche (area di Broca, vicino alla zona motoria degli organi della Fonazione, per la produzione parlata; area di Wernicke, tra l'area uditiva e quella visiva, per la Comprensione del linguaggio udito), mentre nelle corrispondenti zone dell'emisfero di destra si sviluppano aree per la consapevolezza somestesica e delle relazioni spazio-temporali.

Anche se l'ipertrofia delle zone di sinistra è stata osservata già nei feti umani, da cui si desume che siano impegnati meccanismi genetici (l'invariante funzionale o programma aperto, cfr. bib. 45), si può accettare che gli emisferi si equivalgano nei primi mesi di vita, poi si realizza la differenziazione per effetto dell'imponenza che ha il fenomeno linguistico per lo sviluppo e l’apprendimento umano. Il linguaggio verbale ha, infatti, delle caratteristiche particolari rispetto al primo sistema di segnalazione che non sono semplicemente: a) il tener in mente un oggetto anche quando non si trova più presente fisicamente agli organi della sensibilità (perché la memoria della percezione realizza abitualmente l'immagazzinamento già con l’immagine visiva o lo schema sensomotorio); oppure b) il costruire un modello dell'oggetto a più dimensioni o il considerarlo da più punti di vista (perché la vista associata al tatto ci dà modelli tridimensionali della realtà e l'immaginazione è proprio la capacità di decentrarsi e costruire l'oggetto secondo altri punti di vista); anzi queste sono proprio caratteristiche funzioni non linguistiche del cervello destro.

La caratteristica principale del linguaggio, invece, è quella di sintetizzare il concetto in un simbolo, astraendolo in taluni casi, dalle diverse qualità percettive dell'oggetto, e poi di lavorare su questi simboli (le parole) secondo insiemi di regole compositive e scompositive (la grammatica generativa trasformazionale). In altre parole il linguaggio permette di eseguire delle operazioni mentali, tramite i simboli linguistici, alla seconda potenza, mentre la percezione permette di lavorare solo alla prima potenza tramite segnali che alla realtà rimangono pur sempre legati, cfr. bib. 46. E già Vygotskij aveva affermato la caratteristica di "stimolo-strumento" del linguaggio, ancora affiancabile da altri di natura spazio-temporale e gestuale (le operazioni infralogiche di Piaget) nel corso dalla fanciullezza, ma poi unico nel pensiero formale dell'adulto, cfr. bib. 47 e 48.

Non può sfuggire come la zona deputata alla comprensione linguistica nell'emisfero sinistro si trovi all'incrocio delle zone della sensibilità, come cioè si sovrapponga all'area delle principali prassie dell'emisfero di destra: ciò è più di una semplice coincidenza e infatti le nuove teorie sulla nascita filogenetica del linguaggio partono proprio da questa constatazione, cfr. bib. 44. Ho già ricordato che per l’ascolto (la comprensione della parola pronunciata da altri) la sensazione uditiva giunta nella zona sensitiva primaria viene associata ad una zona secondaria, l'area di Wernicke, dove avviene la decodificazione, cioè il riconoscimento fonetico e la sua associazione al significato semantico costruito in precedenza tramite anche altre zone.

Per parlare, dalla zona della comprensione l'attivazione cerebrale si sposta verso. la zona della produzione (area di Broca) dove si predispongono gli ordini d’intervento delle zone motorie che controllano gli organi della Fonazione, da esse infatti parte l'impulso che fa contrarre nella giusta maniera i muscoli della laringe. Per leggere, lo stimolo visivo deve essere trasportato dalla zona visiva primaria ad una zona che si trova al punto di sovrapposizione tra le tre aree sensitive, la circonvoluzione angolare, e qui avviene la codificazione dei segni visivi in fonemi; subentra quindi il riconoscimento fonetico della vicina area di Wernicke (perciò leggere è sempre anche pronunciare cerebralmente la parola). Prima che il modello visivo possa essere compreso dove essere trasformato nel modello uditivo, cfr. bib. 49, almeno per le società che usano l'alfabeto fonetico.

Per scrivere sotto propria o altrui dettatura, avvenuti l’ideazione, il riconoscimento fonetico e il collegamento semantico, si deve attivare un procedimento di codificazione dei fonemi in grafemi (le unità di suono in unità di scrittura) che si realizza ancora nella circonvoluzione angolare. Da qui l'impulso si trasferisce in una zona motoria che controlla i comandi per la muscolatura volontaria dell'arto superiore secondo unità sequenziali successive. E' una zona anteriore a quella motoria che è responsabile della suddivisione in sequenze dei programmi di tutte le prassie (schemi motori) e della loro attivazione secondo un determinato ordine di successione. L'organizzazione del linguaggio come è stata qui descritta si è evidenziata ai neurochirurghi in fase di intervento a cervello scoperto e in fase di cura degli esiti di traumatismi cerebrali; cfr. bib. 50 e 44. Certamente non può dire nulla sull'uso della lingua, sul "perché"; tuttavia è un semplice modello per conoscere almeno il "come", suffragato dalla statistica dei siti relativi a lesioni cerebrali: afasia motrice (zona di Broca), afasia sensitiva (zona di Wernicke), alessia e agrafia (circonvoluzione angolare). Comunque per completare la comprensione di un fenomeno così importante, bisogna tener presente che il meccanismo ora esposto può operare solo se tutto il resto del cervello gli offre i materiali semantico-concettuali da trattare e le zone frontali l'intenzione che motiva la interazione linguistica: senza di esse infatti il meccanismo è silente, non per cause neurologiche ma per cause psicologiche, come nel mutacismo psicogeno, quando un soggetto parlante cioè smette di parlare.

5) SCHEMA, IMMAGINE DEL CORPO E SINTESI AFFERENTE

Mentre l'emisfero sinistro generalmente detiene in prevalenza centri unilaterali del linguaggio, indifferentemente per destrimani o mancini, il destro detiene in prevalenza centri di trattamento dei dati spaziali e temporali, anche quelli di uno spazio particolare ed intimo come il corpo proprio. Ovviamente in questa prevalenza sono coinvolte le aree terziarie, particolarmente responsabili dell'investimento psicologico della sensibilità, essendo le primarie pariteticamente rappresentate su entrambi gli emisferi. E’ per questo motivo che credo si debba differenziare il concetto di schema corporeo (modello della disposizione del corpo determinato dall'integrarsi delle zone somestesiche primarie destra e sinistra), per un certo verso predeterminato nelle sue caratteristiche funzionari dall'appartenenza alla specie umana, da quello di immagine dei corpo (immagine elaborata da zone di integrazione delle diverse sensibilità dell'emisfero destro) che si sviluppa con la crescita del soggetto, subendo l'influenza di un apprendimento sociale e venendo elaborato linguisticamente dall'emisfero sinistro.

Mentre lo schema è una rappresentazione mentale che si esprime senza immagine e senza linguaggio, ma è capace, tuttavia, di fissare gli elementi più caratteristici dell'evento, entrando direttamente in azione su ogni movimento automatico o volontario, come un prerequisito spontaneo e necessario dell'azione, l'immagine diviene oggetto di investimento percettivo riflesso (coscienza) ed emotivo, sociale e culturale, vivendo così in un universo di significazione e di valore; cfr. bib. 51 e 52. Lo schema corporeo è continuamente in azione offrendo un riferimento costante alle abilità, come ad esempio quella dell'organizzazione spazio-temporale che determina una coscienza dello spazio conosciuto (ambiente quotidiano) o quella dell'ordine temporale degli avvenimenti. Trattate forse nelle prime fasi evolutive individuali in modo non differenziato da entrambi gli emisferi, queste abilità, per il successivo maggior sviluppo dell'individuo, diventano suscettibili di trattamento culturale e sociale dei materiali fisiologici, sviluppando le dimensioni del tempo e dello spazio come la propria cultura le costruisce e le intende (cfr. bib. 53, 54 e 55).

Questi elementi percettivi sono molto importanti perché se per una lesione cerebrale vengono a cadere, il movimento volontario subisce forti deficit. Se è colpita la parte somestesica l'impulso volontario perde il suo specifico riferimento, distribuendosi in modo uguale sui muscoli agonisti e antagonisti ed impedendo il realizzarsi di un movimento organizzato; se è colpita invece la zona stereoestesica (area terziaria delle zone parieto-occipitali), il paziente perde la capacità di valutare i rapporti spaziali, per cui può confondere la sinistra con la destra o non trovare più la strada di casa sua. Poiché, come ho riportato, queste funzioni sono bilaterali ma l'emisfero destro prevale, è proprio quando si hanno lesioni in questo che si manifestano i deficit del controllo periferico maggiori e più caratteristici, cfr. bib. 56.

Con sintesi afferente si intende il complesso delle stimolazioni esterne e interne presenti all’individuo prima dell’azione. Pertanto non comprende soltanto schema corporeo e schema spazio-temporale, ma almeno anche due altri elementi: quello istintivo-emozionale prodotto dal primo blocco funzionale può manifestarsi con impulsi chiaramente interpretabili (bisogni fisiologici e psicologici), ma anche con stati d'animo o sentimenti non altrettanto chiaramente interpretabili, tuttavia, notevolmente capaci di orientare l'azione volontaria della persona, perché espressione dei costituenti inconsci del suo psichismo, o ancor prima capaci di influire per via riflessa sulla postura (mediante il controllo del tono neuromuscolare) e per via condizionata sulla motricità automatica (tics, manierismi, uso dello spazio personale, gestualità di comunicazione, espressioni mimiche ecc.). L’altro elemento della sintesi afferente è quello caratterizzato dal restante complesso esterocettivo, sul quale non mi soffermo perché descritto già in precedenza. Quello che vorrei evidenziare invece è che quet'ultimo complesso prende il sopravvento nelle concezioni che si incentrano su di un modello di motricità come RISPONDENTE alla situazione esterna (il modello del riflesso): si isola cioè un gesto dalla globalità del contesto relazionale, espressivo-comunicativo, cognitivo ecc. per presentarlo come un avvenimento DISCRETO, scatenato (nel migliore dei casi) o determinato (nel peggiore) dal complesso percettivo; dipendente in definitiva dall'ambiente. A questa interpretazione degli Ambientisti si oppone quella dei Mentalisti che ipotizzano una mente sovraorganica determinante le scelte, o quella della Psicoanalisi che vede nel corpo prevalentemente la matrice dei bisogni e il supporto del linguaggio dell'inconscio. Entrambe queste ultime interpretazioni condividono il predominare delle percezioni interne, rispettivamente consce e inconsce, e comunque sempre ampiamente intenzionali.

6) TONO MUSCOLARE E STRUTTURA GERARCHICA

La motricità umana va considerata nella sua organizzazione complessiva come una struttura gerarchia integrata di due differenti funzioni: quella tonica (postura) e quella fasica (movimento). La prima costituisce il sottofondo della seconda ed è realizzata da un sistema esecutivo finale (comune ad entrambe) fondato sul riflesso miotatico autocontrollato nell'innervazione reciproca a livello di ciascun segmento del Midollo Spinale, e poi a livello intersegmentale dalla porzione superiore del Midollo (Bulbo), a livello di tutto il corpo dal Mesencefalo sulla base delle informazioni propriocettive delle posizioni della testa (riflessi di raddrizzamento e di flesso-estensione crociata) e dal Cervelletto sulla base delle informazioni del recettore vestibolare (equilibrio). Il tono, poi, è influenzato dallo stato emotivo-affettivo indotto dalla dimensione relazionale della situazione comunicativa (connotazione) e recepito in modo subcosciente dalla sostanza reticolare e dalla parte più antica del cervello (primo blocco), che va a controllare il motoneurone gamma del riflesso miotatico. Sulla base del tono muscolare, cioè della tensione (riflessa) finalizzata al mantenimento della postura, si inserisce il movimento (automatico o volontario) realizzato in conseguenza della dimensione specifica o cognitiva della situazione comunicativa (denotazione), che così inevitabilmente ad ogni atto ne altera di continuo gli equilibri. A questa continua fonte di disequilibrazione il Cervelletto risponde con un adattamento automatico della postura, utilizzando direttamente la sensibilità propriocettiva e vestibolare (labirinto dell'orecchio) ed indirettamente anche quelle visiva ed uditiva, per andare a controllare il motoneurone alfa del riflesso miotatico.

Inutile soffermarsi sulla funzione del tono, già ampiamente messa in risalto da Wallon e Le Boulch alle cui opere si rimanda, cfr. bib. 57 e 58. Piuttosto è interessante ricordare che non sempre l'adattamento della postura può realizzarsi con precisione e in modo integrato. Il vestibolo che registra le variazioni di equilibrio infatti è un centro più basso del cervelletto e quando parte un suo riflesso in condizioni di pericolo è più veloce dell'adattamento cerebellare. E' per questo che ad una variazione improvvisa della base di appoggio, accade ineluttabilmente di lasciar cadere tutto ciò che si ha in mano per ripristinare un vecchissimo riflesso di ricerca d’appiglio con gli arti superiori, cfr. bib. 59 e 60. Soltanto sapendo in anticipo che ci si troverà in quel frangente, la corteccia può preparare il corpo a sopportare la situazione e a dominare il riflesso di difesa. Altro elemento che può mettere in crisi l'adattamento della postura è il riflesso nocicettivo presente sulle vie di sensibilità come la vista e l'udito. Questo tuttavia è più facilmente controllabile perché parte da centri almeno dello stesso livello del cervelletto.

Secondo la mia prima indicazione può sembrare che il riflesso non abbia alcuna elaborazione, se per elaborazione si intende come già dicemmo la decisione su quale gesto compiere. E ciò è anche vero dal momento che la sua caratteristica fondamentale è quella di provocare una risposta stereotipa (almeno nel riflesso semplice). Tuttavia anche se riferita al "se" e "quando" più che al "come", l'elaborazione è ampiamente presente anche nella motricità riflessa, soltanto che ovviamente si svolge del tutto al di fuori della coscienza. Intanto l'avvio della risposta dipende da un determinato grado di intensità della stimolazione, al di sotto del quale non c'è risposta. Poi il riflesso ha una graduazione di implicazione e di intensità che discende come abbiamo visto dalla sua organizzazione funzionale gerarchica. Questa carenza non deve venir intesa, infine, in senso negativo, perché nelle ordinarie condizioni di utilizzo (fuga da stimoli che possono nuocere, ripristino della postura ecc.) sono più importanti teleonomicamente parlando immediatezza e ineludibilità di risposta che variabilità ed adattabilità. Questi infatti sono compiti che devono essere svolti da centri superiori, cfr. bib. 61 e 62.

7) MOVIMENTO VOLONTARIO E AUTOMATICO

Sull’organizzazione del tono antigravitario e dei riflessi intra e intersegmentari si inserisce, dunque, l'influenza dei centri corticali e subcorticali che apprestano un'azione adattata e precisata secondo il libero arbitrio del soggetto. Si tratta di un movimento o automatico o volontario: il secondo andrebbe chiamato meglio movimento precisato, perché bisogna subito chiarire che si tratta di seguire le intenzioni volontarie del soggetto in entrambi. Quello volontario è un atto che per compiersi ha bisogno della costante attenzione della persona nel dirigerlo al conseguimento dell'obiettivo, mentre automatico è il gesto che non deve essere seguito costantemente dall'intenzione e dall'attenzione di chi lo compie, ma al contrario si realizza del tutto autonomamente, perché ampiamente appreso (interiorizzato, sottocorticalizzato), lasciando l'attenzione dell'individuo, dopo la fase di individuazione dell'obiettivo o dell'intenzione, libera di lavorare su altri fattori.

E' evidente che si può anche trattare del medesimo gesto considerato nella sua fase di apprendimento, per il primo tipo, e una volta appreso nel suo uso quotidiano, per il secondo. In definitiva perciò si può intendere che alla base del movimento sussista un unico complesso funzionale, differenziato nelle modalità applicative. Ed è chiaro che mentre per il movimento volontario la corteccia è coinvolta ampiamente per controllarlo, con quello automatico sono impegnati in prevalenza centri subcorticali, cfr. bib. 63, 64 e 65. I contributi della Neurologia sull'argomento sono ancora da verificare e da univocare in un'unica visione, anche per l'impossibilità di estendere certi esperimenti all'uomo; perciò quanto segue è da intendere come una teoria in attesa di convalida da ulteriori sperimentazioni e ricerche.

Poco meno di un minuto secondo prima di un movimento non riflesso, si può evidenziare un lungo periodo di attivazione di tutta la Corteccia bilaterale (Potenziale di preparazione); contemporaneamente sono attive anche zone sottocorticali (Nuclei della base e Cervelletto). Immediatamente prima del movimento si può registrare un alto potenziale elettrico più specifico sulla Zona Motoria che controlla i gruppi muscolari interessati al movimento. Durante il movimento sono attive le Zone corticali somestesiche e il Cervelletto. Studiando le connessioni nervose, e tempi di attivazione delle varie zone e gli effetti delle lesioni a carico di specifici siti cerebrali, si considera che l'intenzione COSCIENTE del gesto si possa formare per effetto del lavoro globale del cervello e in particolare delle zone anteriori.

Non avendo corrispondenze dirette con la periferia corporea, il lobo frontale, infatti, risulta costituito da un complesso di relazioni e integrazioni delle zone sensoriali e motoria; appare quindi la sede elettiva per lo sviluppo del pensiero, tramite l'intervento fondamentale del linguaggio e di ogni altro elemento capace di organizzare le percezioni (immagini, schemi, modelli), senza dimenticare il collegamento col sistema limbico. Come è possibile interpretare a questo punto il lavoro cerebrale? Nel corso della vita quotidiana la precisione differenziale (per il soggetto) del gesto è richiesta solo in certi momenti; tutto il resto, diciamo il 90% dell’azione, si svolge nell’ambito di una precisione consuetudinaria. Questa grande parte del movimento si realizza automaticamente, cioè mediante un ADATTAMENTO subcosciente di schemi di azione già a suo tempo appresi e memorizzati.

La corteccia dopo aver determinato l’intenzione dell’azione fa intervenire i centri sottocorticali (Nuclei della base e Cervelletto) che ripescano un programma di movimento memorizzato, adeguato alla consegna, e lo coordinano al variare della postura e al sopravvenire del movimento medesimo. Attraverso il Talamo questo programma ritorna alla corteccia frontale dove un centro della zona secondaria motoria ne comanda l’entrata in funzione (temporalizzando i singoli sottoprogrammì) alla zona motoria. E questa scarica gli impulsi per la contrazione degli specifici gruppi muscolari. Mano a mano che il movimento automatico si esplica, i centri sottocorticali continuano a controllarlo adeguandolo alle eventuali variazioni sopravvenute (ciclo chiuso di controllo cerebellare). Se però nel corso dell’azione la volontà vuole intervenire, può farlo direttamente tramite il sistema piramidale che si sovrappone allo schema automatizzato (ADATTAMENTO VOLONTARIO).

Nel movimento chiamato volontario (il 10% rimanente della gestualità quotidiana nell’adulto, ma probabilmente molto di più nel bambino e nel fanciullo) dopo che si è determinata l’intenzione cosciente sulla base dei parametri percettivi disponibili nella sintesi aderente, la corteccia elabora un modello d’azione (schema d’azione anticipato) che viene avviato al centro temporalizzatore e poi all’area motoria che controlla primariamente i gruppi muscolari interessati. Tale modello corticale, anticipato rispetto al movimento vero e proprio, si realizza probabilmente nella zona motoria secondaria ed anche per effetto dell’intervento di alcune zone somestesiche secondarie che tra le cellule sensoriali presentano anche un numero rilevante di cellule motorie piramidalí, cfr. bib. 66.

Prima dell’esecuzione però questo schema d’azione anticipato viene comparato, nel Cervelletto, ad un modello previsionale degli eventi corporei e spazio-temporali che permette, nel ritorno alla corteccia, la previsione delle ipotetiche, ancora, conseguenze del gesto e l’eventuale corretta riprogrammazione del medesimo prima del suo effettivo realizzarsi.

8) CONTROLLO CENTRALE E PERIFERICO

Per tre volte ho nominato il Cervelletto a proposito del controllo motorio e tre sono appunto le parti funzionali che costituiscono questo organo. La prima (archicerebellum) controlla il tono posturale informando la sostanza reticolare delle variazioni di posizione del corpo; la seconda (paleocerebellum) corregge e regola con un commento continuato ogni movimento, nel momento in cui si va realizzando, sulla base di una ricca reafferenza. Infatti mentre riceve informazioni sul gesto che si intende compiere direttamente dalla via motoria piramidale, riceve anche informazioni sull'andamento reale del gesto dalla periferia (sensibilità propriocettiva inconscia), così poi può emettere informazioni per la corteccia che a sua volta può modificare i precedenti comandi. Questo meccanismo descrive un feedback (retroazione) per il controllo periferico a ciclo chiuso del gesto: si ha infatti una retroazione quando alcune variabili della risposta motoria o dell’azione in corso di svolgimento sono comparate con lo schema d’azione elaborato all’inizio dell’attività e, se viene rilevata una differenza, si ha la possibilità di correggere la risposta in corso o al suo completamento. In questo caso l'errore nell'esecuzione è l'obiettivo dunque del controllo periferico a ciclo chiuso.

Ma la terza porzione del Cervelletto (neocerebellum) ha un'altra funzione, e precisamente quella di costruire un modello previsionale proiettando avanti nel tempo lo schema anticipato dalla corteccia del movimento volontario o automatico e soprattutto desumendone le implicazioni nel senso dell'adeguatezza o meno al raggiungimento dell'obiettivo. In questo caso si tratta di un controllo centrale a ciclo aperto, tramite un meccanismo di feedforward (avantiazione), dove il controllo avviene prima dell’effettuazione del movimento e ciò che si corregge, perciò, non è l'errore nell'esecuzione che ancora deve avvenire ma il programma d’azione. Ma per correggere il programma senza godere di indicazioni attuali, poiché il movimento non è ancora incominciato, è senz'altro necessario fare riferimento agli esiti delle azioni utilizzate in simili frangenti, memorizzate a questo scopo. In altre parole questo dispositivo permette di PREREGOLARE l'azione sulla base dell'esperienza maturata in precedenza, cfr. bib. 67, 68 e 69.

Per tutto ciò Eccles può a ragione dire: "La mia tesi è che nel corso della vita, e particolarmente nei primi anni, noi siamo impegnati in un programma di istruzione permanente per il Cervelletto. In conseguenza di ciò ... può eseguire tutti questi eccezionali compiti che noi stabiliamo che esegua nell'ambito dell'intero repertorio dei nostri movimenti di abilità, nelle gare, nelle attività tecniche, nell'attività musicale, nel linguaggio, nella danza, nel canto e così via." Cfr. bib.70. Quando il Neocerebellum non funzione regolarmente si hanno problemi di coordinazione dei movimenti (dismetria): i gesti diventano esageratamente ampi o si fermano prima del compimento per poi riprendere oltrepassando la meta. Se è ammalato il Cervelletto più antico, invece si hanno problemi di assestamento della postura (atassia) e dell'equilibrio. Anche i Nuclei della base hanno una funzione di controllo che si ipotizza sinergica a quella del neocerebellum, anche se non si è ancora in grado di descriverla compiutamente. Certo si può osservare comunque che quando sono ammalati (morbo di Parkinson e corea di Huntington) causano vistosi tremori, movimenti incontrollati o rigidità.

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