VERSO UN SISTEMA REGIONALE INTEGRATO DELL’ORIENTAMENTO IN EMILIA E ROMAGNA

                           Marzo 2003                                                                                          di Marco Paolo Dellabiancia

 

Le Regioni sono impegnate nella revisione delle leggi di loro competenza sull’istruzione, la formazione e il lavoro per il pieno recepimento della Legge Costituzionale n. 3/01, mentre l’Isfol studia le diverse dimensioni dell’Orientamento nonché le appropriate funzioni professionali richieste. Su queste basi la Regione Emilia e Romagna sta progettando un sistema territoriale dell’Orientamento cui partecipano i vari sottosistemi costituiti dalla scuola, dall’università, dalla formazione e dal mondo del lavoro. Alla scuola sono riservate alcune azioni, mentre altre vanno realizzate in partenariato con gli altri soggetti, nella prospettiva di una regolarizzazione delle figure professionali impegnate.

 

Indice:

1) La Regione Emilia e Romagna e le politiche della scuola

2) Gli studi e le ricerche dell’Isfol sull’orientamento

3) La scuola, l’orientamento e la consulenza

4) Ulteriori elaborazioni sull’orientamento

5) Verso il sistema territoriale dell’Orientamento in Emilia e Romagna

6) La scuola nel sistema territoriale tra funzione e servizio d’orientamento

7) Considerazioni finali

8) Note

 

1) La Regione Emilia e Romagna e le politiche della scuola

Come avevamo già messo in evidenza (cfr. nota n. 1), per effetto della Legge Costituzionale n. 3/01 si è determinato un regime a quattro ordinamenti nell’ambito della legislazione di educazione, formazione e lavoro:

-         quello di competenza esclusiva dello Stato,

-         quello di competenza esclusiva delle Regioni,

-         quello di competenza concorrente di Stato e Regioni,

-         quello assicurato ai soggetti (l’autonomia delle scuole, l’impresa delle aziende, i diritti dei lavoratori ecc.).

In attesa che la riforma con la « devolution » del Ministro per le Riforme porti un po’ di chiarezza e serenità (se possibile) all’evidente situazione di frizione che si origina nell’area di competenza concorrente (il testo, infatti, di un apposito decreto approvato dal Consiglio dei ministri al termine del 2001  prevede che vengano riconosciute alle Regioni “competenze  legislative esclusive sulle  seguenti  materie:  … organizzazione  scolastica, gestione degli istituti scolastici e di formazione; definizione  della parte dei programmi scolastici  e  formativi  di  interesse  specifico della  Regione”), le Regioni stanno riordinando la legislazione nella materia di loro esclusiva competenza.

In tal senso anche la Regione Emilia e Romagna, nel quadro di un’ampia consultazione della popolazione (“non uno di meno”), ha proposto  alcune “linee di iniziativa legislativa per il sistema regionale integrato dell’istruzione, della formazione professionale e della transizione al lavoro” che partono dalla dichiarazione di pieno recepimento dell’ordinamento nazionale dell’istruzione, non intendendo perseguire alcun disegno di “regionalizzazione dell’istruzione” (com’era parso, invece, dalle negative reazioni emerse fin dall’inizio della discussione del Disegno di Legge di Riforma del sistema scolastico in Senato), ma anzi  proponendosi di lavorare anche nella formazione professionale per la definizione di standard formativi nazionali, per la definizione delle qualifiche professionali e per la loro spendibilità nazionale. Questi sono i punti fondamentali del progetto:

• Adeguatezza ed efficacia nell’utilizzo delle risorse

• Valorizzazione e sostegno alle autonomie scolastiche

• Continuità dei percorsi scolastici e formativi

• Integrazione

• Qualificazione del personale

• Formazione per tutto l’arco della vita

Si va, dunque, verso un sistema formativo regionale complessivo integrato, costituito cioè dall’insieme delle azioni e delle relazioni che i soggetti operanti nel campo dell’istruzione e della formazione, dell’orientamento e della transizione al lavoro sviluppano e che dovranno sempre più corrispondere unitariamente ad un’unica finalità, quella di qualificare l’offerta formativa e consentire che le competenze acquisite in un sistema possano essere trasferite anche agli altri per elevare il più possibile il livello di cultura generale di tutti i giovani. In tal senso, poi, l’attenzione dell’estensore della nuova legge regionale, quanto alla scuola, è rivolta a:

-         offrire percorsi continui (negli istituti comprensivi già molto presenti, ma da generalizzare sul territorio regionale), nell’ipotesi che cicli corti e frammentati in sequenze sempre più brevi possano favorire ostacoli alla scolarizzazione dei soggetti più lenti e con difficoltà;

-         diffondere la frequenza della scuola per l’infanzia, da considerare pienamente nel sistema nazionale d’istruzione,  prevedendo un progetto educativo specifico per l’anticipo d’età nell’accesso riformato;

-         sostenere il tempo scuola lungo nell’elementare e nella media per rispetto del tempo di apprendimento dei fanciulli e dei preadolescenti.

            Per conseguire l’obiettivo appena dichiarato del successo formativo per tutti i giovani, anche tutte le altre forze del territorio devono contribuire con il loro apporto: si tratta di costruire una politica di integrazione delle risorse, dei soggetti, delle azioni. In questo ambito, poi, la Regione Emilia Romagna “intende garantire l’obbligo scolastico almeno fino agli attuali 15 anni – il progetto di legge regionale è ovviamente datato rispetto alla Legge Delega recentemente approvata che abolisce la Legge 9/99 (nota dell’A.) - rafforzandolo con strumenti orientativi e opportunità aggiuntive tramite offerta integrata d’istruzione e formazione ed esperienze di tirocinio e alternanza scuola – lavoro nella prospettiva della percorrenza dell’intero biennio di scuola superiore,  stabilendo che l’accesso alla formazione professionale sia consentito solo a coloro che abbiano assolto all’obbligo e, comunque, abbiano compiuto il 15° anno di età”. Su tale linea direttiva, dunque, la proposta di legge regionale vuole favorire la frequenza, almeno fino a tutto il primo biennio, della scuola superiore, se non altro nell’ambito dell’obbligo formativo e per garantire, anche a chi sceglie subito la formazione professionale, l’insegnamento delle discipline di base onde favorirne in un secondo momento il rientro nell’istruzione.

Dopo il biennio e ai 16 anni, l’obbligo formativo potrà realizzarsi nell’apprendistato e, per chi non si avvierà al lavoro, in percorsi di formazione di un anno (primo grado di qualifica professionale) o due (secondo grado di qualifica professionale) che mantengano quelle caratteristiche, già viste nel biennio, di integrazione tra istruzione e formazione. In questi percorsi, che si svilupperanno in tutte le scuole secondarie (compresi i licei attuali), la coprogettazione tra scuola e formazione dell’integrazione del curricolo dovrà assicurare il reciproco riconoscimento dei crediti formativi (da realizzarsi attraverso uno specifico strumento: il Portfolio formativo personale di ciascun alunno), mentre la compresenza nel medesimo istituto dovrà riconoscere pari dignità anche al curricolo tecnico – professionale che, invece, posto in alternativa a quello liceale, potrebbe connotarsi negativamente.

Tra le numerose altre indicazioni del progetto regionale, poi, qui acquistano particolare importanza quelle sull’Orientamento, così come avevamo già messo in evidenza (cfr. nota n. 2): “nell’ambito del sistema formativo integrato, la funzione d’orientamento svolge un ruolo fondamentale per il successo formativo stesso. Essa si esplica nell’educazione alla scelta nel contesto di percorsi d’istruzione e formazione, nell’educazione alle opportunità professionali, finalizzate alla conoscenza anche diretta del mondo del lavoro, nell’aiuto alla ricerca di prima o nuova occupazione. La Regione promuove l’organizzazione policentrica di tale funzione, al fine di valorizzare, integrare e razionalizzare i soggetti che vi operano”.

           

2) Gli studi e le ricerche dell’Isfol sull’Orientamento

            Per poter promuovere l’organizzazione policentrica di tale funzione, è del tutto evidente che i sottosistemi devono potersi rapportare l’uno all’altro conoscendo le caratteristiche e i compiti propri l’uno dell’altro. Nel campo dell’Orientamento tutto ciò non sarebbe poi così facile, dal momento che tale funzione ha subito un’ampia evoluzione nel tempo (cfr. nota 3) e da ultimo ha conosciuto nuove prospettive per l’elevamento dell’obbligo scolastico e il riordino di formazione, istruzione e servizi per il lavoro connesso con l’istituzione dell’obbligo di frequenza di attività formative fino a 18 anni.

            Tuttavia proprio in questi ultimi tempi l’Isfol ha dato alle stampe (cfr. nota n. 4) gli esiti di una ricerca di ampio respiro che, anche se non l’aveva all’inizio, ha  finito per assumere il compito di definire lo stato della funzione orientativa in Italia e, in tal modo, di porre la base per un’individuazione sempre più precisa delle figure professionali implicate. In tale ricerca:

-         sono state successivamente analizzate le teorie di riferimento (accreditate a livello scientifico) delle varie azioni orientative,

-         è stata predisposta una rassegna ragionata dei principali strumenti per l’orientamento (sia di quelli valicati e standardizzati che di quelli non valicati e standardizzati) sintetizzata in un quadro sinottico accompagnato da un glossario essenziale,

-         è stato proposto un confronto tra modelli e strumenti nell’ambito della comunicazione delle esperienze realizzate (prevalentemente desunte dai servizi per l’impiego o, nelle province autonome, da agenzie territoriali che si pongono di supporto a scuola, formazione ecc.),

-         è stato realizzata una ricerca sui bisogni di orientamento in uscita dalla scuola secondaria di II grado (coinvolgendo docenti e studenti ma escludendo i genitori).

            La conclusione, poi, dell’elaborazione dell’Isfol di “un’ipotesi di profili professionali per un sistema territoriale di orientamento” fa riferimento a quattro ambiti di professionalità dedicate:

-         l’Operatore dell’Informazione Orientativa, con funzioni di primo contatto come:

·        accoglienza e filtro,

·        erogazione di informazione e

·        apprendimento di abilità sociali

per orientare all’interno di un sistema o tra i diversi sistemi (figura già presente in sportelli di vario tipo come nell’Informagiovani ecc.);

-         il Tecnico dell’Orientamento, che opera all’interno di un sistema con funzioni di accompagnamento e monitoraggio orientativo dell’esperienza in corso. Nella scuola si occupa di:

·        monitoraggio dei percorsi formativi,

·        monitoraggio di aggiustamenti di percorso nelle scelte scolastiche,

·        monitoraggio delle transizioni fra canali formativi diversi (Nos, Nof ecc.);

-         il Consulente di Orientamento, che supporta le scelte scolastiche, formative e professionali attivando un processo di rielaborazione delle storie personali con:

·        maturazione di scelte scolastico – formative,

·        maturazione di progetti professionali,

potenziando le capacità della persona di confrontarsi e decentrarsi, decodificare e interpretare vecchi e nuovi contesti e dare senso a nuove opportunità per decidere e progettare responsabilmente;

-         l’Analista di Politiche e Servizi di Orientamento con compiti di:

·        assistenza tecnica alle istituzioni e ai sistemi,

·        promozione e sviluppo delle reti territoriali,

·        costruzione di piani d’intervento,

·        coordinamento di servizi dedicati,

·        progettazione di interventi,

·        analisi dei fabbisogni di formazione delle risorse dedicate,

·        consulenza alla gestione e pianificazione delle risorse,

·        verifica, valutazione e monitoraggio delle azioni.

            Queste figure, poi, si caratterizzano per il possesso di competenze generali (comuni a tutte quattro) e specifiche (differenti a seconda delle caratteristiche e dei compiti di ciascuna) analiticamente dettagliate nell’analisi dell’Isfol. Da ultimo, infine, l’Istituto propone un esempio di azioni che si realizzano nella scuola mediante le figure soprariportate (e in particolare la seconda), dando per assodata la funzione d’orientamento implicita nella didattica orientativa (od orientamento formativo disciplinare e trasversale) a carico di ciascun docente nella didattica disciplinare e di ciascun consiglio di classe nella didattica trasversale (inter e pluridisciplinare):

-         accompagnamento e tutorato orientativo del percorso scolastico con particolare riferimento alla prevenzione dell’insuccesso;

-         accompagnamento e tutorato orientativo della transizione dal sistema scolastico a quello della formazione professionale o del lavoro;

-         funzione consulenziale di sostegno ai processi di scelta scolastico/formativa. Per la prima si ritiene possibile utilizzare personale docente appositamente formato (dedicato), per le altre due, invece, si ipotizzano collaborazioni esterne con la formazione  (per la seconda) e con singoli professionisti certificati o con servizi accreditati (per la terza).

            Il quadro predisposto dall’Isfol, volendo fare qualche considerazione dalla parte della scuola, da un lato conforta per il riconoscimento di dimensioni orientative già consolidate e affidate (ci si  riferisce soprattutto alla didattica orientativa ed ai suoi progetti specifici per la scuola dell’obbligo come Orme, e Orientamento formativo, ovvero all’accompagnamento dei processi di apprendimento sia nella scuola media che nel Nos e nel Nof realizzato nella scuola), ma da un altro lato preoccupa, perché si vorrebbe maggior riconoscimento anche per i percorsi consulenziali (realizzati all’interno della scuola da personale scolastico per taluni alunni, ma sempre più anche rivolti a genitori) che inevitabilmente accompagnano la scelta orientativa nel passaggio dalla scuola media alla secondaria di II grado e poi, nel corso della secondaria, nel percorso di riorientamento all’interno del primo anno e nei passaggi dal biennio al terzo anno, per la scelta della qualifica nei professionali e dell’indirizzo nel triennio dei tecnici (e anche dei licei comprensivi di più indirizzi, ormai la maggior parte), nonché all’uscita dal triennio secondario per la scelta verso il lavoro o l’università.

           

3) La scuola, l’orientamento e la consulenza

            E la preoccupazione si origina dal fatto che tutte queste scelte devono nascere dalla storia dei soggetti; quella storia cioè che, nella considerazioni di molti, può conoscere in forma realistica solo la scuola. Da questa considerazione era nata a suo tempo la nuova valutazione nella scuola media con una documentazione (la scheda a quattro Quadri della CM. 137/93) che accompagnava proprio la costruzione del giudizio orientativo. In questo caso, dunque, la consulenza di “altri” non avrebbe possibilità di insistere su fondamenta significative e attendibili, anche se rimane sovente gradita la “terzietà” del consulente. Sono tutte questioni note che si arricchiscono anche del diverso approccio del docente da quello del consulente esterno cui abbiamo ampiamente fatto riferimento nell’articolo sulla diversa impostazione tra l’approccio psicosociale e quello formativo (cfr. nota n. 3).

Se vogliamo, poi, il termine di "consulenza" nel lessico orientativo scolastico è di utilizzo specifico, tanto che è già stato usato in altre occasioni nella denominazione di taluni organi: come quella molto vecchia risalente agli anni ’60 dei "Centri di orientamento professionale e di consulenza scolastica", ovvero una molto più recente come quella dei "Centri di Informazione e Consulenza" previsti dalle norme sull’Educazione alla Salute all’inizio degli anni ’90.

I primi erano organi deputati all’assistenza psico-pedagogica e all’orientamento professionale e scolastico per le scuole e gli istituti tecnici e professionali, coordinati a livello centrale dall’Unione nazionale dei Consorzi per l’Istruzione Tecnica, ma a livello periferico attivi sotto la diretta responsabilità dei Provveditori agli Studi nelle singole province. Svolgevano la loro opera, dati i tempi, prevalentemente secondo la concezione psico-attitudinale. Furono aboliti dalla Legge 616/77 che ne trasferì le competenze di assistenza e orientamento professionale alle Regioni e quelle di orientamento scolastico ai distretti scolastici. Curiosa davvero l’evoluzione subita da questa nostra funzione orientativa, un tempo interamente devoluta alle competenze di organi scolastici periferici (prime forme di autonomia?), poi distinta nelle due componenti e ora, infine, con l’abolizione dei distretti, assegnata completamente agli Enti Locali.

Ma veniamo a tempi più recenti con i Cic. Istituiti dall’articolo 116 della Legge 162/90 nelle scuole secondarie superiori dai Provveditori agli Studi con azione integrata di scuole e Servizi pubblici per l’assistenza socio-sanitaria ai tossicodipendenti, fin dall’inizio hanno ricevuto un duplice compito: da un lato quello di offrire informazioni legate ai diversi problemi scolastici ed extrascolastici degli studenti e dall’altro quello di realizzare forme di consulenza rivolte a coloro che lo richiedessero, perché in situazione di difficoltà psicologiche e sociali. In seguito accanto a queste funzioni di ascolto, comunicazione e aiuto, se ne è progressivamente affermata anche una terza di tipo progettuale, per la quale il Cic diveniva anche "spazio di animazione, di confronto, di progettazione, allo scopo di migliorare la comunicazione interna, di motivare all’iniziativa e di accrescere la fiducia e la solidarietà nell’ambito dell’istituto" (dalla Cm. 47/92), con riferimento pure alle Attività Integrative e Complementari. Ma mentre ciò avveniva, altre disposizioni precludevano direttamente al personale scolastico la consulenza: "Si auspicano forme di collaborazione con enti e associazioni che abbiano provata esperienza e competenze nel campo delle problematiche giovanili; si ricorda che la consulenza psicologica è bene che venga offerta da persone diverse dagli insegnanti della scuola, per evitare confusioni di ruoli" (così recita la Cm. 362/92).

Con le ultime direttive, infine, si è accentuata la complementarità degli interventi d’informazione e consulenza mediante il coordinamento del personale scolastico con quello socio-sanitario, facendo del Cic il punto di forza e di snodo della progettualità della scuola contro la Tossicodipendenza, il Disagio giovanile, la Dispersione scolastica ecc. mediante lo sviluppo delle Attività Integrative e Complementari nel quadro del Progetto Educativo d’Istituto (il Pei precursore del Pof) e con la collaborazione di studenti e genitori (Direttive 463/98 e 292/99).

Tornando al problema della consulenza, anche se dichiaratamente si tratta di intervento in funzione orientativa e non di sostegno psicologico, potrebbero sussistere ancora pregiudizi d’incompetenza nei confronti dei docenti. In tale prospettiva, se si tratta soltanto della confusione di ruoli ricordata dal legislatore, è del tutto evidente che ciò non accade più, quando il docente attui la consulenza in una classe in cui non è impegnato contemporaneamente anche come insegnante. Ma probabilmente non si tratta solo di ciò, ed in tal senso avevamo già posto delle differenze tra l’approccio psicosociale (dello psicologo) e quello formativo (dell’insegnante) nell’articolo citato in nota n. 3 a cui si rimanda.

Tuttavia è meglio ancora fare propria la riflessione in atto sulla Consulenza Orientativa di M. L. Pombeni (nota n. 5), perché allora si può condividere (opinione dello scrivente) il fatto che nella ripartizione delle sei aree professionali che costituiscono il quadro professionale dell’Orientatore (definite dalla Regione Emilia e Romagna nel 1996) tutti e tre le aree di base (accoglienza/informazione; consulenza; formazione orientativa) sono già di fatto praticate dai docenti (almeno dai docenti referenti e dai docenti collaboratori per l’Orientamento delle singole scuole). In questo approccio, infatti, si distingue tra funzioni di base e funzioni di specializzazione. La consulenza orientativa si colloca nel primo gruppo e si caratterizza come "un’azione di accompagnamento per fronteggiare la situazione di transizione in cui il soggetto si trova, sia a livello di elaborazione cognitiva, sia a livello di prefigurazione di comportamenti operativi, facendogli sviluppare una maggior consapevolezza, rinforzando competenze e abilità e guidandolo a riarticolare opportunità e vincoli personali con opportunità e vincoli del contesto"; cfr. nota n. 6.

Ma in verità i docenti referenti devono talvolta anche attuare, ovviamente come possono, il "Counseling" orientativo (appartenente alle funzioni di specializzazione), che, invece, "appare un processo più complesso, perché teso al cambiamento nell’esperienza formativa, in virtù di un bisogno di riorganizzazione della relazione soggetto – istruzione o formazione e di intervenire per risolvere un processo di progettualità bloccato (dall’insuccesso scolastico), ovvero il "Bilancio di competenze ", come riconoscimento e trasferibilità di competenze costruite sia nella scuola che nell’extrascuola per l’individuazione di nuovi percorsi scolastici e formativi" una volta che il vecchio percorso si sia dimostrato irrealizzabile nell’ottica del successo formativo dell’allievo. Cfr. nota n. 7.

 

4) Ulteriori elaborazioni sull’orientamento

            I materiali dell’Isfol sono determinanti per la funzione “nazionale” dell’Istituto, tuttavia per il campo che qui più ci interessa, cioè quello regionale dell’Emilia e Romagna, assumono particolare significato anche altre dimensioni ed elaborazioni. Tra queste si annoverano ancora gli studi di M. L. Pombeni, già ampiamente citati, che per di più godono anche del riconoscimento del predetto Istituto (facendo parte l’Autrice del gruppo di lavoro coordinato da A. Grimaldi). Tra i suoi molti materiali, infatti, spicca la relazione al I forum nazionale sull’Orientamento di Genova 2001, dove propone una classificazione delle azioni orientative lungo la linea che va da quelle a bassa specificità orientativa fino a quelle ad alta specificità orientativa, collocando il criterio di differenziazione sulle competenze che il soggetto deve sviluppare per poter attuare (gestire – controllare - valutare) il processo orientativo in questione. Si tratta delle Competenze Orientative” e cioè “dell’insieme delle caratteristiche, abilità, atteggiamenti e motivazioni personali che il soggetto deve possedere per gestire con consapevolezza ed efficacia” prima di tutto la propria vita (orientamento personale) e poi la propria esperienza di studio e di lavoro (orientamento scolastico/formativo e professionale).

            Sono competenze a bassa specificità orientativa quelle che sono considerabili di base nel processo di orientamento continuo che la persona compie per vivere, perché trasferibili da una sfera di vita ad un’altra e soprattutto perché propedeutiche allo sviluppo di competenze più specializzate. Sono ad alta specificità orientativa invece quelle che riguardano compiti caratteristici di scelta e presa di decisione su problemi particolari e in momenti determinati; proprio perciò risultano poco trasferibili ad altre situazioni. Le prime, poi, si sviluppano prevalentemente nel corso dell’età evolutiva per effetto di azioni educative (famiglia, scuola ecc.), mentre le seconde attraverso azioni orientative esplicite. Le competenze ad alta specificità orientativa, inoltre (e forse forzando un po’ il pensiero dell’Autrice d’ora in poi a nostra interpretazione), sono  di due diversi tipi:

-         quelle di “monitoraggio” dell’esperienza in corso (di ricerca, di studio, di tirocinio, di lavoro ecc.) che manifestano la capacità dei soggetti di astrarre elementi particolari dall’esperienza in atto per prendere coscienza della qualità dell’esperienza medesima ed eventualmente della necessità di modificarla in un senso ben determinato;

-         quelle di “sviluppo” della storia personale che manifestano la capacità dei soggetti di astrarre elementi dall’esperienza (e dalla conoscenza che si considera integrata nell’esperienza) in atto e pregressa, propria e altrui, per prefigurare un progetto di vita coerente con la propria identità ed i propri valori e possibilmente anche con la realtà circostante.

In un secondo intervento per l’Isfol (cfr. nota n. 8) M. L. Pombeni ha poi preso in considerazione, alla luce delle precedenti indicazioni, le azioni orientative nella specificità dei singoli contesti; così per la scuola individua tre tipologie di interventi:

-         la prima, a bassa specificità, raggruppa le dimensioni della “didattica orientativa” che si sviluppa dalla scuola dell’infanzia alla scuola secondaria ed è perciò collocata nella responsabilità dei docenti che sono istituzionalmente protagonisti dell’insegnamento ai vari gradi dell’istruzione;

-         la seconda, già più specifica, raccoglie tutte le iniziative di “orientamento e riorientamento alla scelta” e si determina con azioni di monitoraggio dell’esperienza scolastica sia in accoglienza che in fase di uscita o di snodo interno (passaggio biennio-terzo anno o triennio nelle superiori), ovvero mediante interventi di prevenzione del disagio e lotta alla dispersione scolastica. La responsabilità degli interventi per questa tipologia d’interventi cade, per l’Autrice, sul personale docente, se il monitoraggio riguarda l’esperienza scolastica, e su collaborazioni tra personale della scuola e degli altri sistemi, se riguarda esperienze integrate con la formazione, l’università e il mondo del lavoro.

-         La terza, ad alta specificità, riguarda servizi specialistici attivati nella scuola mediante i servizi dedicati del territorio o specialisti per la determinazione di progetti fortemente personalizzati tramite coinvolgimento di alunni e famiglie.

            Da ultimo sempre M. L. Polbeni ha messo a fuoco il sistema delle tipologie “funzione/servizio” orientativi in ciascun sottosistema e perciò anche nella scuola, indicando molto chiaramente:

- nella funzione orientativa:

            - la didattica orientativa (implicita negli obiettivi educativi);

            - lo sviluppo delle competenze trasversali (anch’essa tra le finalità scolastiche);

- nel servizio di orientamento:

- attività di accompagnamento/sostegno in itinere (accoglienza, preparazione alla transizione e colloqui di prevenzione del disagio e dell’abbandono),

per le quali attività si rilevano difficoltà a garantire “in proprio” la realizzazione del servizio e perplessità nel delegarlo all’esterno;

-  consulenza alle scelte e ai progetti personali (colloqui con studenti, genitori e valutazione del potenziale mediante strumentazione diagnostica,

per le quali si rileva che non rientrano tra le finalità della scuola.

Su queste indicazioni, pur riconosciuta l’assoluta autorevolezza della fonte, il mondo scolastico potrebbe legittimamente manifestare qualche perplessità, come vedremo in seguito.

 

5) Verso il sistema territoriale dell’Orientamento in Emilia e Romagna

Come abbiamo detto, la nuova legge regionale riconosce una funzione determinante all’Orientamento nel favorire il successo formativo dell’allievo. Perciò nel disegno di legge si tratta questa funzione, come riferisce V. Gizzi (cfr. nota n. 9), nel capitolo che riguarda anche i tirocini e i contratti di lavoro con contenuti formativi, ma la dichiarazione più palese si trova nel testo sugli “Indirizzi per il sistema formativo integrato dell’Istruzione, della Formazione professionale, Orientamento e delle Politiche del Lavoro per il biennio 2003 – 2004” (cfr. nota n. 10), dove, partendo dalla visione politica dell’Unione europea del “Lifelong learning” e dal concetto di apprendimento permanente, si perviene alla definizione dell’orientamento come:

-         “educazione alla scelta, consistente in attività prevalentemente curricolare finalizzate a favorire la comprensione e l’espressione di interessi, attitudini ed inclinazioni da parte dell’allievo, nel contesto dei percorsi di istruzione e di formazione;

-         educazione alle opportunità professionali, consistente in attività in parte curricolari e in parte proprie dei processi di transizione, finalizzate alla conoscenza, anche diretta, del mondo del lavoro;

-         aiuto alla ricerca di prima o nuova occupazione, mediante iniziative orientative specialistiche o interventi formativi”.

Da ciò si determina che “possono essere finanziati progetti innovativi di sistema concernenti azioni di educazione alle opportunità professionali e di educazione alla scelta presentati da soggetti accreditati e da soggetti istituzionali che hanno competenza in materia di orientamento”, dove s’intende che la scuola può essere riconosciuta come soggetto istituzionale competente, con un gran passo avanti verso un possibile accreditamento come agenzia, fino ad oggi tassativamente escluso dall’Ente.

            Ma si va ancora più avanti, affermando che la Regione nel nuovo contesto si propone di avviare la costruzione di un sistema territoriale policentrico dell’Orientamento “che veda la razionalizzazione ed il coordinamento degli interventi e delle politiche attuate nelle diverse filiere, oltre alla definizione di indirizzi e livelli essenziali di prestazione comuni a tutela della qualità degli interventi”. In tal senso si prospetta la definizione di una mappa dell’offerta territoriale, con individuazione di elementi di facilitazione e qualificazione come:

-         diffusione sul territorio dei punti d’ascolto, informazione e sensibilizzazione in modo da avvicinare il servizio agli utenti;

-         integrazione tra Centri di Orientamento e Centri per l’Impiego nell’offerta di servizi,

-         ricognizione dei servizi di Orientamento e loro classificazione per raggiungere una definizione condivisa di “prestazioni di servizio” con livelli essenziali;

-         accreditamento specifico di soggetti fornitori di servizi di orientamento;

-         promozione da parte delle Province di reti tra i diversi soggetti fornitori dei servizi.

            Così il disegno di legge regionale, conseguentemente alle indicazioni già espresse, propone ora la realizzazione di una organizzazione policentrica integrata della funzione orientativa ai sistemi coinvolti della scuola, della formazione, dell’università e della transizione al mondo del lavoro, utilizzando appieno il trasferimento di competenze che è avvenuto recentemente sia nel campo della scuola (D. Leg.vo 112/98) che in quello del mercato del lavoro (D. Leg.vo 469/97). La proposta regionale, poi, ha espresso un proprio strumento di approfondimento delle diverse dimensioni della funzione d’orientamento nei vari sistemi con il progetto “Rete Istituzionale Regionale dell’Orientamento” che, dopo una fase di analisi separata sui singoli sottosistemi, ora è pronto ad affrontare il confronto dei medesimi sullo stesso tavolo e sulla base di alcuni elementi ormai pienamente condivisi: come le caratteristiche locali (accordi di programma e protocolli d’intesa tra istituzioni e soggetti vari) che mitigano, nell’analisi di C. Magagnoli (cfr. nota n. 11), le principali negatività che possono ridurre l’efficacia delle azioni d’orientamento (frammentazione/parzialità; discontinuità; scarse relazioni reciproche), ovvero la concezione di rete sociale con connessione continuativa per forme sistematiche di coordinamento, ovvero l’analisi dei nodi critici e delle condizioni facilitanti, per finire con la proposta di assunzione dei Piani di zona previsti dalla Legge 328/00, come “strumento locale per favorire il riordino, il potenziamento la messa in rete di interventi e servizi sociali locali, identificandone gli obiettivi strategici, gli strumenti di realizzazione e le risorse, in modo da programmarli e realizzarli secondo un’ottica sistemica”.

            Certamente l’ottica sistemica è importante, però, bisogna anche aver ben presente la situazione dalla parte della scuola, perché, seppure per un verso appare inevitabile che si segua la prospettiva avanzata da C. Magagnoli, dal momento che ormai tutte le politiche, in particolare quelle economico-finanziarie, vanno in quella direzione (è per questo motivo che molti possono affermare realisticamente con un gioco linguistico sul senso delle parole che la vera “autonomia” delle scuole era quella che c’era prima dell’Autonomia scolastica), tuttavia bisogna ricordare che le scuole per altro verso sono il soggetto più debole nel sistema dei Patti di zona. Semplicemente perché hanno soltanto lo spazio che tutti gli altri componenti di diritto decidono che possano avere e soprattutto non hanno fondi da impiegare nel settore specifico, e dunque secondo questa prospettiva, in attesa di chiamata, questa istituzione non ha alcuno strumento d’intervento nei confronti dei decisori che, invece, sono proprio i committenti della formazione e della transizione al mondo del lavoro (e delle Organizzazioni appositamente utilizzate in tali settori).

 

6) La scuola nel sistema territoriale tra funzione e servizio d’orientamento

            Riprendendo una distinzione espressa recentemente da M. L. Pombeni (cfr. nota n. 12), a partire dalla scuola dell’infanzia ed elementare e fino a quella secondaria di I e di II grado, l’istituzione scolastica realizza quella funzione orientativa che è implicita nel suo asse educativo tramite la Didattica orientativa, altresì chiamata Orientamento formativo (di tipo globale nella scuola primaria, di tipo sia disciplinare che trasversale  o pluridisciplinare nella scuola secondaria). Il fatto che si tratti di “funzione orientativa” significa in poche parole che il sistema scolastico deve realizzare per proprio conto questa dimensione insita nel suo compito fondamentale.

            Per rendere maggiormente evidente quanto detto si presenta uno schema di sintesi per la didattica orientativa nella scuola secondaria di I grado nella figura n. 1 dal titolo “Percorso alunno scuola media”. Si è scelta la prima scuola secondaria, perché, in coerenza con maturazione e sviluppo delle componenti cognitive, sociali ed emotivo-affettive del preadolescente, questa è l’età evolutiva che permette il determinarsi dei primi progetti di vita con prospettive realistiche e capacità di monitoraggio da parte dei soggetti orientati (cfr. nota n. 13).

Fig. 1 – Percorso alunno scuola media

 

Come si può notare dalla figura, l’alunno arriva dalla scuola elementare fornito di un profilo caratterizzato da buone abitudini nello studio e da capacità di apprendimento sviluppate nella scuola primaria mediante metodologie induttive e globali. Sarà compito della nuova scuola partire da questo bagaglio per sviluppare (in sei fasi quadrimestrali e per successivi profili, raggruppabili in un biennio e un terzo anno con l’opportuna articolazione degli obiettivi disciplinari e trasversali che verranno definiti nella progettazione educativa e didattica) il triennio finalizzato al conseguimento e sviluppo delle competenze poste nel profilo di uscita che si collega al passaggio orientativo verso la scuola secondaria superiore.

Tutto ciò, seppur con gli adeguamenti del caso, può strutturalmente ripetersi prima per il biennio e poi per il triennio della scuola secondaria di II grado. Per approfondimenti della dimensione orientativa – didattica orientativa – orientamento formativo è possibile consultare, tra l’altro, gli studi di F. Marostica in nota n. 14. Ma la funzione orientativa non esaurisce l’intervento ordinario della scuola secondaria di I e di II grado che, anzi, richiede la determinazione di un vero e proprio “servizio orientativo” interno, fino ad oggi più o meno esplicitamente riconosciuto e comunque senz’altro non apprezzato per ciò che ha realizzato fino ad oggi:

-         con interventi per tutti gli allievi di accompagnamento e sostegno all’acquisizione del metodo di studio, all’autonomia nell’apprendimento e alla scelta del corso di studi superiore nella scuola media, di accoglienza, sostegno agli apprendimenti, bilancio di competenze e riorientamento o consolidamento, fino alla scelta del futuro indirizzo nel biennio della scuola secondaria di II grado e, infine, di costruzione e sostegno alla scelta conclusiva del curricolo nella transizione al lavoro o nell’individuazione del corso universitario (perché di fatto la distinzione storica tra orientamento scolastico-universitario e quello professionale-lavorativo ritorna nella biforcazione degli studi secondari) nel triennio della scuola secondaria di II grado e nel ciclo terminale dell’istruzione e formazione professionale;

-         e con azioni di vera e propria consulenza per i casi di maggior difficoltà scolastica o disagio personale che prefigurano soggetti in situazione di potenziale dispersione. Questa dimensione nelle scuole secondarie si è realizzata fino al 1999 nei Cic, sia con colloqui che con progettazioni di attività didattiche personalizzate  e specifiche  di recupero/sviluppo (qui sta la differenza dell’intervento scolastico/formativo con l’approccio psicosociale), tramite i fondi dell’Educazione alla Salute. Ma ormai, venuti meno i fondi appositi che non vanno più alle scuole ma alle Regioni, non si realizza più che là dove l’istituzione scolastica ha trovato collaborazioni con le Ausl cui delegare il servizio (soltanto i colloqui) che prima svolgeva in proprio. Oggi tuttavia, in previsione dell’imminenza della riforma si deve ritenere che attraverso lo strumento del “Portfolio delle competenze personali” si possa prospettare l’evenienza di una nuova ripresa in proprio anche della consulenza  (che del resto è sempre stata considerata in qualche modo legata all’intervento educativo e didattico e mai totalmente estranea).

A riprova dell’impegno profuso dalla scuola nei propri servizi di orientamento interni (del resto ampiamente documentati dalle indagini locali come “Le attività di orientamento nei progetti Nos” a cura di Cetrans nell’ambito del Progetto regionale Opto)  rimangono i materiali costruiti a tale scopo. Ad esempio per l’avvio del nuovo obbligo scolastico in Romagna (cfr. nota n. 15) sono state diffuse nelle scuole medie (accanto al Progetto Orientamento formativo) le bibliografie sul Controllo degli apprendimenti, sul Metodo di studio, sull’Autonomia nell’apprendimento, sul Sostegno e recupero degli allievi carenti e sull’Orientamento formativo, mentre nelle scuole secondarie di II grado sono stati diffusi materiali per l’Accoglienza, per la Progettazione integrata, per il Processo di Bilancio di competenze e di Riorientamento nel biennio. Nel triennio, poi, per l’istituzione dell’obbligo formativo da realizzare nell’istruzione sono stati predisposti strumenti (differenziati tra Licei e Istituti) per l’Orientamento in uscita dai docenti “tutor” interni con materiali di supporto alle Cooperative scolastiche, al Progetto “IG Student” e ai Tirocini orientativi.

E se dalla dimensione locale si vuole poi passare alla dimensione nazionale, ancor maggiori indicazioni, strumenti e materiali sono stati predisposti dall’Indire (cfr. nota n. 16) per la promozione di due nuove figure professionali: la Funzione obiettivo di area 3 che si occupa degli “Interventi e servizi per gli studenti” e quella di area 4 che si occupa di “Realizzazione di progetti formativi d’intesa con enti e istituzioni esterni”. Molte scuole romagnole, poi, specie se secondarie di II grado, hanno distinto ulteriormente la Funzione obiettivo di area 3 in più soggetti: ad esempio un docente dedicato all’orientamento in entrata nel biennio e un altro all’orientamento in uscita dal triennio, favorendo così una specializzazione che si materializza anche nell’uso di strumentazioni differenziate: in tal senso, infatti, l’orientatore in entrata utilizza, accanto ai materiali che si è costruito da solo (come l’Accoglienza di Calandrini o il Riorientamento dell’Isiss di Morciano, cfr. nota n. 15), strumenti di analisi del disagio (il QMS – MT di Cornoldi o il QSA di Pellerey), mentre l’orientatore in uscita usa, sempre accanto ai materiali che si è costruito con il Programma F. Gioia o il Progetto “Peer Guidance”, la batteria delle prove di “Magellano” di Cornoldi o il programma informatico “Pro-ed” di Giaconi (che è stato acquistato dai Csa dell’Emilia e Romagna in licenza d’uso appositamente a questo scopo).

 

7) Considerazioni finali

            Il sistema formativo regionale che la Regione Emilia e Romagna si appresta a varare avrà caratterizzazioni proprie che vedranno facilmente, secondo le indicazioni dell’assessore Bastico, l’adattamento della struttura integrata, realizzata con l’elevamento dell’obbligo scolastico e dell’istituzione dell’obbligo di formazione dalla prima scuola dell’autonomia, all’alveo della nuova scuola, così come scaturirà definitivamente dalla riforma del Ministro Moratti. Il sistema territoriale d’orientamento, conseguentemente, dovrà assumere, proprio per la presenza di queste caratterizzazioni di forte integrazione tra sottosistemi, un’importanza strategica.

Ma in questo sistema policentrico la scuola sarà in grado di svolgere un ruolo determinante, solo se ne verranno recepite e valorizzate tutte le potenzialità orientative sulla base del riconoscimento della funzione e dei servizi già realizzati, così come si è cercato di esprimere sinteticamente in questo articolo; allora tale ruolo potrà, è questo l’auspicio nostro, diventare ancor più incisivo ed efficace, specialmente quando si procederà al confronto delle diverse pratiche educative e delle diverse strumentazioni per migliorare la qualità dell’intervento degli insegnanti orientatori scolastici. Diversamente la scuola diverrà sempre più un fardello estraneo e perciò resistente al processo di integrazione, mentre l’orientamento affidato a soggetti esterni, non potendo affondare la costruzione condivisa dei significati nella pratica educativa e didattica, rimarrà una questione di buoni consigli in fase di emergenza, senza pretendere di poter valorizzare la crescita personale dei soggetti.  

 

8) Note:

1) Si fa riferimento all’articolo di M. P. Dellabiancia “Le politiche scolastiche e del lavoro nelle ipotesi di riforma e il ruolo determinante dell’Orientamento nei percorsi di Obbligo Formativo attivati dalla Regione Emilia e Romagna” in RIVISTA DELL’ISTRUZIONE, anno 2002, n. 6.

2) Le caratteristiche dell’intervento orientativo per il successo scolastico degli allievi sono state descritte nell’articolo di M. P. Dellabiancia “La riforma della scuola e il successo scolastico e formativo di tutti gli alunni” in RIVISTA DELL’ISTRUZIONE, anno 2001, n. 6.

3) Si consulti l’articolo di M. P. Dellabiancia “L’Orientamento nella scuola” in RIVISTA DELL’ISTRUZIONE, anno 2001, n. 3 dove si evidenziano l’evoluzione e gli sviluppi della didattica orientativa anche alla luce di una diversa impostazione tra l’approccio psicosociale e quello formativo.

4) Ci si riferisce ai seguenti studi:  a cura di A. Grimaldi “Modelli e strumenti a confronto: una rassegna sull’orientamento”, “Orientamento: modelli, strumenti ed esperienze a confronto” e “Analisi della domanda di orientamento: i bisogni emergenti di giovani allievi italiani”, Isfol, Franco Angeli Milano 2001 e 2002.

5) Cfr. M. Consolini e M. L. Pombeni, "La Consulenza Orientativa", F. Angeli Milano 1999.

6) Nei due capoversi che si concludono con la segnatura di questa nota è stato utilizzato direttamente il testo della Pombeni alle pagine 26 e 27 con la modifica di pochi termini, per rendere il discorso coerente con la materia scolastica.

7) Come sopra con riferimento alle pagine 31, 32 e 33.

8) Si fa riferimento all’articolo di M. L. Pombeni, “Finalizzare le azioni e differenziare le professionalità” in a cura di A. Grimaldi, “Orientamento: modelli, strumenti ed esperienze a confronto” Isfol, Franco Angeli Milano 2002.

9) Si cita l’articolo a cura di V. Gizzi, “Un’organizzazione policentrica per l’Orientamento”, in EMILIA – ROMAGNA LAVORO, n. 0 bis del novembre 2002.

10) Si legge nell’allegato alla Delibera di Giunta n. 2336 del 7 dicembre 1999.

11) Ci si riferisce alla relazione di C. Magagnoli, “La rete territoriale per l’orientamento: principi generali e strategie di sviluppo” al Seminario “Verso un sistema di orientamento: criticità e punti chiave” tenuto a Cesenatico il 16 e 17 settembre 2002.

12) Si consulti la relazione di M. L. Pombeni “Nuove tipologie di servizi e azioni: ipotesi e proposte” nel Seminario “Verso un sistema di orientamento: criticità e punti chiave” tenuto a Cesenatico il 16 e 17 settembre 2002.

13) Si consulti di F. Marostica “Costruire competenze orientative nella scuola”, in INNOVAZIONE EDUCATIVA, anno XXII, numero 6 del novembre – dicembre 2002.

14) Per la didattica orientativa si consultino di F. Marostica, oltre all’articolo in nota n. 10, “Orientamenti per l’Orientamento nel sistema scolastico e formativo”, “Costruire competenze orientative specifiche nella scuola. Le azioni di orientamento”, “Costruire competenze orientative propedeutiche nella scuola. La Didattica orientativa” in INNOVAZIONE EDUCATIVA, rispettivamente anno XXII, numero 2 del marzo – aprile 2002; anno XXIII, numeri 1 e 2.

15) Per il monitoraggio degli apprendimenti e la consulenza orientativa si veda l’esemplificazione riportata nella pagina web di Marco Paolo Dellabiancia nel banner “Dirigenti Tecnici USR” presente sull’indice del sito del Csa (ex Provveditorato agli studi) di Rimini (in www.csarimini.it). L’Autore ha coordinato la prima informazione e formazione di dirigenti e referenti per l’elevamento dell’obbligo scolastico nelle province di RN, FC e RA. In tale occasione sono stati consegnati alle scuole le bibliografie e altri materiali tra cui il Progetto Orientamento formativo nella scuola Media.

16) All’indirizzo http://puntoedu.indire.it/funzioniobiettivo/ cui è necessario iscriversi per poter navigare.

 

                     Cattolica, 25/03/2003                                                                                          Marco Paolo Dellabiancia