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   Concezioni del corpo nel pensiero scientifico                                                                                                   

da "Introduzione all'Educazione del Corpo dall'infanzia all'adolescenza"   testo pubblicato da Cetid, Mestre 1994.      

1)    Le scienze, il corpo e la sua socializzazione tra Natura e Cultura

La fenomenologia del corpo, dopo l'ampia considerazione filosofica, è stata sottoposta progressivamente anche all'analisi scientifica. In tal senso ogni scienza ha dovuto predisporre un proprio paradigma esplicativo basato su proprie categorie d'indagine e d'interpretazione.  Per poter apprezzare tali approcci, dunque, è necessario far preliminarmente  chiarezza sul campo epistemologico e sulle metodologie di studio e ricerca di ciascuna scienza. Qui verranno prese in considerazione soltanto tre aree scientifiche (e soltanto per alcuni fondamenti, lasciando alla bibliografia il compito di avviare gli approfondimenti): quella dell'Antropologia Culturale del corpo e della corporeità (anche nella dimensione dell'Etnologia), la prospettiva di una Storia delle Tecniche del corpo (nella socializzazione dei giovani) e, per concludere, l'approccio delle Scienze Psico-biologiche alla funzione del corpo nello sviluppo della Personalità.

Il punto di partenza, comunque, è l'osservazione che ogni civiltà, anche quella che tiene maggiormente in valore gli aspetti spirituali o ascetici dell'esistenza umana, si trova ad elaborare in qualche maniera culturalmente fondata la dimensione corporea, perfino quando la produzione culturale è diretta intenzionalmente a negarla. Anzi, generalmente proprio in tale evenienza è più chiaramente leggibile tutto il potere del corpo e la sua imprescindibilità dal complesso delle formule e delle energie che si devono attivare per esorcizzarlo. E tutto ciò accade per un paradosso che continua ad incombere sulla corporeità: da un lato infatti la cultura nasce originariamente proprio dalle varie soluzioni che l 'ominide prima e l' homo poi van cercando ai problemi che il corpo, nella sua spontanea naturalità, impone al fine di continuare la sua vita e la sua riproduzione nel modo migliore possibile. Ma dall'altro lato, invece, più la specie umana procede sulla via del successo biologico, più sembra voler prendere le distanze dalla sua dimensione corporea.

In altre parole sembra aprirsi un'irreversibile frattura tra la Natura e la Cultura dell'essere umano, rispecchiata anche dalla divaricazione tra i diversi processi di sviluppo di queste due componenti: il meccanismo di base dell'evoluzione biologica e, in particolare per il corpo, dell'evoluzione fisica, così come è stato riconosciuto dal positivismo darwiniano, opera per Selezione naturale della specie. L'evoluzione culturale, invece per parte sua, si basa sul meccanismo dell'ereditarietà dei caratteri acquisiti, secondo un modello che era stato attribuito a quella biologica dal tardo illuminismo lamarkiano.

Questo dissidio non appare un mero esercizio dialettico, perché gli esiti di una soluzione che non salvaguardi correttamente le disposizioni naturali del corpo potrebbero anche incidere definitivamente sul destino umano, tenuto conto che tra le funzioni corporee alcune come quella alimentare o quella riproduttiva possono risultare decisive per la sopravvivenza della specie. E c'è già chi, come il filisofo M. Foucault, dice che l'homo è l'ultima specie apparsa, ma già si trova in via di estinzione. Eppure per larga parte dell' ominazione la stessa evoluzione fisica è andata sviluppandosi parallelamente a quella culturale, divenendo per dipiù   l'una anche causa dell'altra.


2) Le categorie  della ricerca antropologica: corpo produttivo, ludico ed  espressivo.

Finché le possibilità produttive, infatti, dell'homo rimangono  a livello della semplice  sussistenza, si  ha una   divisione tecnica del lavoro   su base  sessuale legata all'uso del corpo. Mentre nella più antica cultura dei  Raccoglitori questa divisione si realizza soltanto nella   riproduzione  , nella più recente cultura dei Cacciatori  si compie anche per la produzione.  Ma è con la rivoluzione agricola , quando cioè nasce la  possibilità di tesaurizzare parte della produzione, che la divisione tecnica del  lavoro legata all'uso produttivo del corpo diviene anche sociale, per fondare  così ideologicamente le opportunità della   casta egemone di impadronirsi del surplus di prodotto; poi questa  tendenza ancor più con la   rivoluzione  industriale viene esaltata  nell'ambito di una società  di classe.

Con la divisione sociale del lavoro la classe egemone si  impossessa di quello intellettuale, relegando alla subalterna quello corporeo.  Da qui lo status del corpo legato al lavoro produttivo viene ben presto  svalutato e nelle rappresentazioni sovrastrutturali chi detiene il potere al  corpo produttivo sostituisce un corpo ludico tipico della propria classe. In  conseguenza di tali esiti socio-culturali l'educazione ritualizza questo corpo  ludico, mentre l'apprendistato durante il lavoro rimane l'unica educazione  possibile per quello produttivo.

Ma il corpo fin dall'inizio è anche segnale, espressione, linguaggio o, per usare la terminologia di J. P. Pavlov, primo  sistema  di comunicazione.  Nella cultura dei Raccoglitori è soprattutto   segnale sessuale e poi anche   comunicazione non verbale (cfr. bib. n. 1), una  comunicazione  cioè empatica, dove l' emittente  non può ancora prendere le  distanze dal    messaggio . Con la  cultura dei Cacciatori diventa segnale   di rango e di lì nasce quella fortunata  tradizione che, sfruttando   oltre al gesto anche tutti   quegli indicatori  inscrivibili nel corpo, come vesti, acconciature,   cosmesi, monili, oggetti da  portare in mano, fino all'organizzazione  dello spazio personale e d'azione (cfr. bib. n. 2) , attraverso tutte le  epoche storiche giunge fino al fenomeno di massa della moda  odierna.

Questo corpo espressivo nella liturgia religiosa diventa  anche il  tramite della socializzazione   realizzata dalla società tradizionale, quella società   dalla cultura  prevalentemente orale e dalla scarsa   mobilità sociale, che ha costituito il  mondo dell'uomo   per lungo tempo dopo la rivoluzione agricola. Con riti religiosi e civili  in tale società, protratta fino alla rivoluzione industriale, si realizza la formazione   di ampi  complessi culturali pervasivi delle rappresentazioni condivise.   In tempi contemporanei poi, dopo che la società  industriale aveva fatto perdere il senso di questa espressività, ecco la Psicoanalisi  viene a rifondarla e lo fa affondandola ancor più nell'intimità   biologica del corpo, come linguaggio dell'    inconscio che si appalesa in  special modo nella malattia  mentale.


3) Elementi di Storia delle Tecniche del corpo.

  E' molto probabile, a mio parere, che esista una  via diversa nell'affrontare il problema della Storia delle Tecniche del corpo e della loro funzione nella Socializzazione delle giovani generazioni, che per gran parte dei tempi moderni si confondono con le metodologie dell'educazione fisica e  degli sport, da quelle proposte consuetudinariamente nei corsi universitari e che, a quanto mi consta, sono di due generi. Da un lato sta l'impostazione descrittiva del  reperto storico sul tema specifico desunta da materiali e documenti solitamente  letterari. Dall'altra si trova una impostazione storicisticheggiante che si  proietta da concezioni e scelte ideologiche preventive ai fatti, come nel caso  di J. Ulmann. dove si deprime il piano della vita vissuta, per rivolgersi  idealisticamente alla   sovrastruttura. E così  facendo si viene ad immedesimare la storia di  un fatto con la storia  della riflessione su quel fatto, o nel nostro caso la  storia dell'educazione  con quella della pedagogia (cfr. bib. n. 3). Questo si dice, non intendendo però che non  si debba tener conto di simili posizioni, tutt'altro anzi, proprio perché  secondo un'impostazione culturale, qual è quella che si sta qui sviluppando, i due  piani su cui si giocano le due serie di fenomeni storici sono strettamente  interdipendenti e con la possibilità di condizionarsi vicendevolmente. In altre parole, per  concettualizzare un avvenimento storico il piano dei   fatti deve poter essere inquadrato da  quello dei   significati e  viceversa quello dei significati deve poter  essere legittimato da quello dei  fatti storici.

In questo senso un'analisi delle Tecniche del corpo deve partire, nel caso concreto di una società, dal corpo  produttivo, da quello ludico e da quello espressivo. Solo in un secondo momento  si passerà a verificare quale categoria prevale nell'educazione e nella  riflessione sull'educazione e, se possibile, come e perché. Così l'oggetto della  ricerca storica deve toccare sia come si realizza la dimensione corporea nella  vita quotidiana, che come ce la si rappresenta nella cultura non materiale  (filosofia, scienza, religione ecc.): corpo vissuto e corpo rappresentato. Oltre  a ciò non devono mancare le forme oggettivamente assunte dal fenomeno educativo  centrato sul corpo e le sue eventuali teorizzazioni in educazione e pedagogia del  corpo.

Queste a me paiono le categorie oggetto di  una Storia delle Tecniche del corpo che voglia essere propositiva,  nei confronti dell'analisi pedagogica, col fornirle i materiali per  interpretazioni e significazioni del fenomeno culturale della corporeità  umana. E'  precisamente per questi motivi che in questa ottica è anche possibile fare  riferimento a fatti, fenomeni, fasi storiche in cui manchi ogni traccia di una  educazione del corpo, nel senso ordinario del termine, proprio per rintracciarne  forme alternative, oppure per trovare le cause di un'assenza così importante  (come per il monachesimo o la preistoria ). Giacché in definitiva a mio modo  d'intendere non sono l'educazione fisica o il gioco e lo sport una categoria storica, ma  l'uso e la concezione del corpo dell'essere umano; da esse poi possono  discendere o meno forme che si collocano nella direzione dell'educazione fisica o in quella dello sport. Ma la conoscenza di queste ultime senza risalire al  processo è proprio quanto di più lontano si trovi dalla conoscenza storica.


 

4) L'arco temporale della  ricerca storica.


L 'ampio orizzonte prospettato di  problematiche e categorie storiche va accolto, quantunque in verità, a voler restare ai  termini letterali dell'oggetto di una Storia dell'educazione fisica e degli  sport, non sia necessario risalire molto addietro nel tempo per coglierne i  momenti originali. Giacché per l'educazione fisica almeno si può partire dalla  metà del secolo scorso e non prima. Uno degli introduttori di questa dizione,  infatti, fu H. Spencer nel 1861, anche se nel suo intendimento il senso di tale  termine ha una denotazione molto più ampia di quella che poi passerà nell'uso, ma pienamente adeguata ad una concezione positivista dell'educazione. L 'autore  dunque sotto la voce fisica discute dell'alimentazione, del vestiario, dell'esercizio fisico, del carico di studi e, insomma, di tutte quelle situazioni dell'agire quotidiano che determinano il "regime"di vita di ciascuno (cfr. bib. n. 4).

Per quanto concerne poi la nascita degli  sport, bisogna fare un passo indietro, giacché l'uso di tale vocabolo inglese,  da un originario antico francese che significa diporto , è gia attestato nella celebre   Declaration of sports,  cioè nella legge di revoca delle proibizioni e restrizioni contro i giochi  popolari emessa dal re inglese Giacomo I nel 1617. Infatti già alcuni interventi  legislativi nei vari stati europei si erano occupati di queste attività ludiche, molte nate dalle esercitazioni tipiche dell'esercito romano, che, da estemporanee e improvvisate, spontaneamente si erano radicate  nell'uso popolare, soprattutto durante le feste, ed erano in genere colpevoli di  distrarre la popolazione dai compiti e dagli obblighi religiosi. 


Per restare, infatti, in Inghilterra, nel 1478  Edoardo IV aveva proibito il gioco del criket, minacciando due anni di prigionia  ai giocatori e tre al proprietario del terreno su cui si fosse giocato. Ancora  nel 1314 Edoardo II doveva riproibire il gioco del pallone che era già stato  proibito a suo tempo da Enrico II re degli inglesi dal 1154, con ben miseri  risultati, se da una cronaca del 1175 si viene a sapere come gli abitanti  circostanti al campo di gioco di Londra dovessero sprangare porte e finestre per  evitare i danni che i contendenti continuavano a procurare  giocando a calcio in tempo di carnevale (cfr. bib. n. 5).

 

5) Le categorie: Ginnastica, giochi popolari e  tradizionali.


In definitiva, dunque, per tenerci strettamente all'oggetto del nostro studio, dovremmo partire per un verso dalla metà  dell'Ottocento e per l'altro dai primi del Seicento, ritenendo con questo di  poter adeguatamente esaurire l'escursus storico relativo al tema. Ma ciò è ben  vero solo se ci si ferma più alle parole che ai fatti, giacché il termine di  "educazione fisica" subentra nell'uso durante il secolo scorso un po' dappertutto  a quello di ginnastica, derivato dal greco antico "gimnastiché tecne" che significa arte di  esercitarsi a corpo nudo.

L'introduzione del nuovo termine, ormai  definitivamente riduttivo del concetto spenceriano, perche limitato soltanto  alle esercitazioni del corpo, non è un fatto casuale, anzi è il segno del  prevalere di una concezione antropologica che tiene distinte le due sfere  caratteristiche della condizione umana. Una concezione dualistica che pone da un  lato il corpo, la carne, la materia e dall'altro l'anima, lo spirito, la mente.  Perciò ad un'educazione morale e intellettuale dell'una sfera corrisponde  un'educazione fisica dell'altra. Era la soluzione che stavano raccogliendo i  governanti dell'epoca: in Italia il nuovo termine è introdotto dalla Commissione  Todaro ne11893, anche se in sede di enunciazione filosofica aveva una ben più  lunga storia alle spalle.


È evidente comunque che l'analisi storica deve applicarsi anche al fenomeno culturale definito col termine ginnastica, per cui con quanto detto si è fatta retrodatare l'origine di tali pratiche educative fin dall'antichità classica. Ma ciò non è men vero per l'ambito definito dal termine sport, giacché abbiamo individuato il nascere del medesimo dai giochi popolari e tradizionali, che sono sempre esistiti nel mondo tradizionale, anche se in forme diversificate da caratterizzazioni strettamente locali. Questi giochi anche quando non avevano assunto una configurazione organizzativa definitiva, hanno però sempre svolto un ruolo significativo nell'ambito della festa, sia in quella civile che in quella religiosa (ammettendo poi che si possano fare distinzioni in tal senso).


Ma dove il ruolo del gioco si mostra ancor piu fondamentale per la società stessa è nel mondo antico. In esso infatti i giochi assumevano il significato di un rito e vivevano perciò nella dimensione del sacro: una dimensione cioe totalizzante della vita quotidiana. Per avere un'idea di cosa significhi basta immaginare che, nel nostro modo di concepire la realtà, la stessa è suddivisa in tanti settori o aree, l'una contigua all'altra (pubblico, privato, personale ecc.). Per il mondo antico invece le varie aree si possono raffigurare come concentriche; la piu esterna ed estesa, quella che determina anche tutte le altre è appunto l'area del sacro.

 


6) Altre categorie: gioco popolare, gioco  rituale, festa .

 

Se dunque le origini dell'educazione fisica con la ginnastica e quella dello sport col gioco popolare e tradizionale si  perdono parimenti nell'antichità, non sembra che questi due fenomeni culturali  possano però identificarsi o sovrapporsi. Al primo infatti appartiene un  pensiero riflesso che ha preso le  distanze dal reale e dall'incombente per programmarlo intenzionalmente in una  dimensione progettuale rivolta al futuro. Ciò talvolta ha determinato, a livello del gesto, un notevole differenziamento dall'azione quale si presenta spontaneamente sul piano utilitaristico, oltre che la necessità di un luogo  specificamente concepito e di un'attrezzatura adatta all'uopo. Il secondo invece, almeno per ciò che concerne la sua  origine dal gioco tradizionale, è caratterizzato dai gesti quotidiani del mondo  del lavoro o della tradizione militare, i quali però assumono una dimensione  fuori dal tempo nel rito . Questa dimensione si attualizza per effetto del fatto  che tali gesti si svolgono all'interno di un momento eccezionale, ricorrente nella continuità del vissuto quotidiano secondo una ripetizione annuale, stagionale, settimanale o eccezionale: la festa.

La festa con la sua periodicità è una  restaurazione ricorrente delle fonti della società, come dice E. Durkheim  (cfr. bib. n. 6),  perché in tale occasione che il gruppo diventa visibile a se stesso come tale,  può in questa maniera riaffermare la propria solidarietà interna e, mediante il  rapporto o l'opposizione palese ad altri gruppi di cui si riconoscono scopi e  strategie, realizza anche una forma di solidarietà esterna al gruppo stesso,  molto importante per quelle strutture sociali pluraliste che sono inevitabili a  certi livelli di sviluppo. Nella festa si porta a compimento un  processo di ritualizzazione  culturale mediante il quale si conferisce un particolare significato  ad un comportamento che risulta fondante per il gruppo, un comportamento cioè  riconosciuto importante per la solidarietà del gruppo.  Quindi lo si istituzionalizza  fissandone i termini  della ricorrenza. Proprio attraverso la ripetizione a intervalli regolari del  rito e la razione miti ad esso collegati si può così confermare nell'inconscio  collettivo le rappresentazioni condivise legate a quel comportamento. 

 

Per C. Levi-Strauss infatti all'interno  della festa e col suo segno di trasgressione il rito svolge una funzione paralinguista , mentre il mito, cioè la narrazione della fondazione  del rito odi una sua ricorrenza importante, svolge una funzione metalinguistica   (cfr. bib. n. 7):  cioè, in altre parole, i giochi rituali nella festa ci parlano (mettendoli in  evidenza) dei rapporti di potere, delle divisioni di classe, delle relazioni fra  le fazioni territoriali ecc., mentre la narrazione delle origini del gioco tende  a spiegare la realtà espressa ritualmente, e la spiega non in modo palese, ma  secondo un preciso codice  interpretativo legato al modo di pensare la realtà tipico del  gruppo.

 


7) Sport, gioco rituale e dimensione  ludica

 

Generalmente il gioco tradizionale si compie nello spazio piu visibile, cioè la piazza, proprio perche non ne abbisogna di uno specifico e parimenti si realizza con gli oggetti di uso consuetudinario, anche se necessita di una particolare disposizione alla partecipazione (completamente opposta al pensiero riflesso) fondata sulla condivisione dei valori e dei significati.


Con lo sport moderno si ha la caduta delle  funzioni rituali etico-sacrali e al loro posto si evidenziano funzioni  utilitaristiche relative alla salute per la massa dei praticanti e al profitto  per le elites dei professionisti. Tuttavia in certi casi ancora una  manifestazione sportiva può acquisire un senso rituale, per il particolare  significato emblematico che viene ad assumere l' azione agonistica o per la  profonda carica di identificazione che produce nel gruppo. Cadendo la radice  rituale lo sport moderno si affranca dalla matrice strutturale e si colloca in  un ambito fittiziamente privilegiato di mediazione dello scontro di classe , in effetti funzionale  ad una cultura borghese egemone. Ma nello sport moderno non è caduta solo la  radice rituale: una ricca organizzazione infatti è intervenuta: a codificare  gesti, pesi, tnisure, attrezzature, età, spazi, condizioni operative ecc., oltre  che a definire sul piano del diritto lo status dello sportivo, con relativi  diritti e doveri. Abbracciando così la strada di una sempre maggiore  artificiosità e di una sempre più accentuata specializzazione ci si allontana  dal senso ludico come fonte della partecipazione, per accogliere l'imperativo  del primato. L 'atleta moderno è ormai giocato da obiettivi di prestazione, più  che giocare per sé (per il piacere di giocare), con tutto quello che ne consegue  nella robottizzazione del suo modo di esistere e di pensare.

 

È per questo motivo che J. Huizinga può  affermare che lo sport (d'élite) non è piu creatore di cultura, anche quando la  tecnica sociale moderna coi mass media può moltiplicare enormemente l'effetto di  mobilitazioni di massa, in occasione dei grandi scontri sportivi, già immense di  per sé (cfr. bib. n. 8) , poiché questa non è piu un'azione emblematicamente creativa  di significati, ma solo di record  che devono essere via via migliorati, ne deriva che lo sportivo non è piu un  fenomeno intrinsecamente creativo, cioè non cade piu nella dimensione  ludica. Nel gioco infatti la psicoanalisi ha  ritenuto un ambito intermedio tra processi consci (come il pensiero razionale) e  quelli inconsci (come il sogno) che sussiste grazie ad un segnale specifico  (presente anche nel gioco di altri giovani mammiferi) evidenziato quando si è in  gioco.con altri (festa). In questo settore specifico di esperienza ( area transazionale) il bambino prima e  l'adulto poi possono vivere l'illusione che la realtà esterna (conscia) venga a  corrispondere a quella interna (inconscia e continua creazione del soggetto).  Tuttavia se lo sport d'élite non è più gioco, ma lavoro e conseguentemente  risponde alla razionalità propria del lavoro (produttività, mercato ecc.),  continua ad essere gioco per  quella grande maggioranza di praticanti cui è preclusa la dimensione del record  assoluto ma proprio per questo in possesso di un gesto significativo e  creativo.

 

 

8) Apporti delle Scienze Psico-biologiche

 

Da un altro punto di vista si situano le  scienze psico-biologiche e mediche. E, se pur risulta necessario per il nostro discorso delimitarne il campo epistemologico, rimanendo, ad esempio, nell'ambito della Psicologia, formidabile ne appare l'apporto. Infatti si può osservare come il corpo sia, per tali Scienze, al centro di una teoria  generale della personalità .

La personalità è il sistema stabile, seppur in continua ristrutturazione, delle caratteristiche biologiche, psichiche e cultuirali  di un individuo che lo orienta ad agire nella  vita in un modo personale e caratteristico (nella psicologia statunitense si chiama  «il  sé»). Secondo la scuola europea di psicologia  tradizionale la personalità risulta costituita da: a) la costituzione fisica, come insieme dei Caratteri somatici (per alcuni autori già rappresentativa anche di Caratteri psichici); b) il temperamento , come quell'aspetto della personalità che ha attinenza con l'espressine delle emozioni (reazione somatica ad una esperienza psichica) e l'intensità degli affetti (sentimenti e  passioni); c) l'umore, come quello stato di benessere o di malessere che deriva dalla percezione  del proprio corpo (cenestèsi) e conferisce una particolare coloratura o connotazione personale ad ogni contenuto psichico; d) il carattere, come ciò che caratterizza il modo di sentire, pensare e volere di un individuo e perciò risulta comprensivo del temperamento più le qualità della volizione (che si esprimono nel perseguimento degli scopi all'intemo della dinamica dei bisogni e delle  motivazioni); e) l'intelligenza , come qualità cognitiva del pensiero.


La personalità complessiva, in tale ottica, si determina  (anche se con linee di sviluppo differenziate per i vari autori) a partire  dall'informazione genetica raccolta  dallo zigote (genotipo).  Questo corredo, poi, si esprime solo parzialmente  nei caratteri evidenti dell'individuo  (fenotipo) e comunque costituisce una dotazione  potenziale alla cui realizzazione effettiva concorre in modo diverso a seconda del tipo di  carattere in causa (corporeo,  psichico o culturale) anche l'ambiente naturale e sociale  circostante che, con l'offrire certe opportunità o meno all'individuo (attivo  costruttore dei  caratteri della propria personalità),  ne condiziona lo sviluppo. La personalità si determina in questi  ambiti: a) corporeo ,  sede dei processi biologici di Morfogenesi, Metabolismo e Riprodtlzione e dei processi psicobiologici di Sensibilità e Movimento; b) affettivo-emotivo , sede dei  processi psico-biologici dell'Emozione  e della loro elaborazione culturale negli affetti;  c) cognitivo, sede dei processi  culturali di costruzione della Percezione, di Comprensione della  realtà e di Elaborazione dei Significati con tutta la relativa strumentazione del pensiero  (gesto, immagine e linguaggio);  d) sociale, sede di processi culturali di Transazione interpersonale (Relazione) e di reciprocità  per effetto di una progressiva strutturazione della propria identità  personale e l'assunzione  di Ruoli e Posizioni sociali.


  L 'importanza del corpo (e della percezione e del movimento)  per lo sviluppo della personalità dell'individuo, così, comincia già ad emergere dal fatto che una delle determinazioni  della personalità è corporea (la Costituzione), mentre per le altre determinazioni la corporeità è pure di un certo fondamento. E così  anche l'area dell'esperienza corporea si pone all'origine dei  processi che costruiscono  la personalità nelle altre aree. Quando, perciò, si parla di dinamismo corporeo, a quanto già detto va premessa la dinamica evolutiva  Genotipo-Fenotipo e il suo prodotto  nella Costituzione fisica individuale. Il che equivale a dire che il dinamismo del corpo, come manifestazione ed esigenza di vita, va inteso su due piani: a) quello dello sviluppo biologico, b) quello dello sviluppo psicologico e culturale. Se, poi,  dalle definizioni generali  veniamo ai maggiori autori, è possibile cogliere ancor più  profondamente tale valore del corpo.



9)  La Psicobiologia di H.  Wallon


In "L'origine del carattere nel bambino", esaminando il ruolo del1'affettività  nel corso dello sviluppo (I parte), Wallon mette in evidenza come le manifestazioni  del1'emozione abbiano il loro punto di partenza e il  loro supporto nel1'organizzazione  del1'attività tonico-posturale, in forma di riflessi legati alle varie vie della sensibilità; un esempio ne sono il riso e il pianto, vere scariche di tonicità muscolare. Si  deternina così una Tipologia delle Emozioni a seconda delle tensioni cui danno luogo, distinte cioè in ipo o ipersteniche. La Tipologia si può applicare alla Costituzione fisica per determinare quella psico-fisica (studio che l'Autore riprenderà in "Sindromi d'insufficienza psico-motoria e tipi psico- motori", atto di nascita della concezione scientifica della Psicomotricità poi ripreso da tutta la scuola francese fino a J. de Ajuriaguerra, J. Berges e R. Zazzo dal lato medico e da P. Vayer, J. Le Boulch, A Lapierre e B. Aucuoturier dal lato educativo, ancorché spesso taciuta).

Nel1'esaminare, poi, la funzione svolta dalla coscienza del corpo proprio, quale substrato o fondamento della coscienza di sé (II parte dell'Op. Cit.), analizza lo svilulppo percettivo-motorio del bambino e coglie nella fusione delle percezioni entero, proprio ed esterocettive il momento psicogenetico della costruzione dell'immagine del corpo proprio, mentre il momento sociogenetico è costituito dal  riconoscimento allo specchio (argomento poi ripreso in "Cinestesia e immagine visuale del proprio corpo " e persino da altri AA. di tutt'altra area scientifica come J. Lacan).


10)  La Psicoanalisi di S.  Freud


Il corpo compare in tre diverse dimensioni nella teoria psicoanalitica classica: a) come la matrice delle pulsioni (cieche spinte, cariche di bisogno organico)  i cui rappresentanti ideativi ed affettivi si trovano  nell'inconscio e costitlliscono  il polo pulsionale della  personalità (Es); b) come la fonte principale di identità nella rappresentazione di sé (immagine del corpo proprio) che costituisce la struttura più  importante del sistema  percezione-coscienza e lo stumento più imponente di azione sulla  realtà (tutte  funzioni dell'Io); c) come oggetto su cui si esercita il soggetto (corpo su cui agisce la mente) come si manifesta chiaramente nella malattia  nevrotica, dove un'alterazione dello psichismo causa una  condizione morbosa in un corpo sano (il misterioso salto psicosomatico dalla mente al  corpo ).

Lo sviluppo psichico individuale, poi, si realizza attraverso un processo di costruzione dell'oggetto della pulsione sessuale che nasce dall'eccitazione di un organo e si serve del1ediverse  modalità colporee di rapporto con la realtà prevalenti alle diverse età per attualizzarsi, determinando gli stadi psicosessuali: orale, anale, fal1ico, latenza e genitale. (Per approfondimenti: Reich sulla  formazione del carattere attraverso  là sessualità; Winnicott per la dimensione transizionale del gioco; Erikson sulla  formazione  dell'identità personale; Schilder sull'immagine del  corpo; Schonfeld per  l'immagine corporea nel1'adolescente ed i suoi  disturbi).



11)   L 'Epistentologia genetica di J.  Piaget


In un'opera divulgativa come "Psicologia e sviluppo mentale del  bambino" l'Autore mette in evidenza come si sviluppa l'intelligenza: che è  senso-motoria fino a 18 mesi, poi, intuitiva fino a 7 anni, e cioè caratterizzata da una progressiva interiorizzazione dell'azione  che «da puramente percettiva e  motoria» quale era nel primo  periodo, può ora ricostruirsi  sul piano intuitivo delle immagini  e del linguaggio, evocando anche condotte specifiche  in assenza degli  oggetti  o anticipando gli avvenimenti e i loro esiti anche senza doverlo  realizzare. Questa "intel1igenza  pratica" però, consistendo  in una ricostruzione  rappresentativa del1'azione, rimane, come  quella, dipendente dalla percezione sensoriale e perciò non si  compie su un piano puramente  logico e il bambino rimane dipendente dal proprio punto di  vista.


L'intelligenza diviene successivamente operatoria concreta fino  a 11/12 anni e poi operatoria formale, con la conquista di un pensiero pienamente reversibile; le azioni divengono: a) operazioni logiche (come classificare o  seriare quando si prendono  in considerazione le qualità delle cose), perché le azioni ipotetiche vengono coordinate in un insieme di azioni possibili e, in particolare, diventa possibile pensare l'azione contraria a quella che si effettua, ripristinando mentalmente le condizioni iniziali o conservando la quantità; b) operazioni infralogiche (quando non si prendono in considerazione le qualità delle cose, ma la loro condizione rispetto alle dimensioni temporali, spaziali e causali), perché si è capaci di tener presente una percezione e, contemporaneamente, l'effetto di una azione mentale che porta il ragazzo a decentrarsi per assumere un diverso punto di vista.


Da ricordare che, poi, in "La formazione del simbolo nel bambino " l'acquisizione del linguaggio è subordinata all'emergere di una funzione simbolica che si afferma inizialmente mediante attività gestuali (imitazione, imitazione differita e gioco simbolico).
 


12) La scuola di Psicologia Storico-Sociale di L. S. Vygotskij e A. Lurija


Analizzando il problema psicologico del passaggio dal Pensiero al Linguaggio (nel processo di codificazione dell'Enunciato secondo le regole linguistiche) in "Pensiero e linguaggio", l'Autore rinviene nello studio dell'evoluzione delle forme di comunicazione del bambino prima un linguaggio espressivo egocentrico originario che, in seguito, si socializza progressivamente assimilando le regole linguistiche con spontaneità in uso nel proprio ambiente sociale di vita. Nel sorgere di questo linguaggio sociale si evidenzia però una fase, corrispondente alla scuola dell'infanzia dai 3 ai 7 anni, in cui parte del linguaggio egocentrico si trasforma nel linguaggio interiore (Pensiero), portando a funzione intrapsichica (individuale) ciò che prima era funzione interpsichica (sociale e culturale). E' proprio questo linguaggio interiore che forma la struttura profonda della grammatica (generativa trasformazionale poi per N. Chomsky), cioè costruisce il significato semantico sulla base delle azioni che si vanno realizzando accompagnate dal parlottare del bambino. Una struttura semantica del significato, come metterà in rilievo Lurija in "Problemi fondamentali di Neurolinguistica", legata direttamente al complesso degli eventi psicologici e, in particolare, emozionali che hanno costituito il contesto in cui si è verificata l'azione che ha dato origine a quel significato.



13)  La Psicologia della Conoscenza di J. S. Bruner


Lo psicologo più "potente" del XX secolo ha più volte utilizzato il modello linguistico per esaminare il nascere dell'azione nel bambino piccolo. In "Psicologia della conoscenza" nel pieno dell'analisi di una "modularizzazione" (apprendimento) di un gesto utile e finalizzato, applicando tale modello, si trova di fronte ad un fenomeno imprevisto: quando il gesto, che prima era appena abbozzato e del tutto stentato, tende a acquisire stabilità e sicurezza, lo fa cambiando la struttura dell'insieme che, pur risultando ancora composta dei singoli atti così come anche precedentemente accadeva, tuttavia acquisisce una nuova fisionomia (come dimostreranno poi gli studi di J. A. Adams e R. A. Schmidt). In altre parole, al contrario del linguaggio, dove le parole e i fonemi seguono regole di composizione e sostituzione per costituire frasi, ciascun gesto finalizzato è una "Gestalt" (una forma) specifica collegata in modo significativo al contesto esterno ed interno.


 

Bibliografla

1) Cfr. D. Efron, Gesto, razza e  cultura, Bompiani, Milano  1974.

2) Cfr. E. T. Hall, La dimensione   nascosta, Bompiani, Milano  1968.

3) Cfr. J. Ulmann, Ginnastica,  educazione   fisica e sport   dell'antichità   ad oggi, Armando,  Roma 1967.

4) Cfr. H. Spencer, Educazione intellettuale, morale e fisica, La Nuova Italia, Firenze 1951.

5) Cfr. AA VV, Il gioco e gli sport , Zanichelli, Bologna 1958.

6) Cfr. E. Durkheim, Le forme elementari della vita religiosa, Comunità, MiIano 1963.

7) Cfr. C. Levi-Strauss, Il pensiero selvaggio, II Saggiatore, Milano 1964.

8) Cfr. J. Huizinga, Homo ludens , Einaudi, Torino  1973.

    


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