1) Le scienze, il corpo e la sua socializzazione tra Natura e Cultura
La fenomenologia del corpo, dopo l'ampia considerazione filosofica, è stata sottoposta progressivamente anche all'analisi scientifica. In tal senso ogni scienza ha dovuto predisporre un proprio paradigma esplicativo basato su proprie categorie d'indagine e d'interpretazione. Per poter apprezzare tali approcci, dunque, è necessario far preliminarmente chiarezza sul campo epistemologico e sulle metodologie di studio e ricerca di ciascuna scienza. Qui verranno prese in considerazione soltanto tre aree scientifiche (e soltanto per alcuni fondamenti, lasciando alla bibliografia il compito di avviare gli approfondimenti): quella dell'Antropologia Culturale del corpo e della corporeità (anche nella dimensione dell'Etnologia), la prospettiva di una Storia delle Tecniche del corpo (nella socializzazione dei giovani) e, per concludere, l'approccio delle Scienze Psico-biologiche alla funzione del corpo nello sviluppo della Personalità.
Il punto di partenza, comunque, è l'osservazione che ogni civiltà, anche quella che tiene maggiormente in valore gli aspetti spirituali o ascetici dell'esistenza umana, si trova ad elaborare in qualche maniera culturalmente fondata la dimensione corporea, perfino quando la produzione culturale è diretta intenzionalmente a negarla. Anzi, generalmente proprio in tale evenienza è più chiaramente leggibile tutto il potere del corpo e la sua imprescindibilità dal complesso delle formule e delle energie che si devono attivare per esorcizzarlo. E tutto ciò accade per un paradosso che continua ad incombere sulla corporeità: da un lato infatti la cultura nasce originariamente proprio dalle varie soluzioni che l 'ominide prima e l' homo poi van cercando ai problemi che il corpo, nella sua spontanea naturalità, impone al fine di continuare la sua vita e la sua riproduzione nel modo migliore possibile. Ma dall'altro lato, invece, più la specie umana procede sulla via del successo biologico, più sembra voler prendere le distanze dalla sua dimensione corporea.
In altre parole sembra aprirsi un'irreversibile frattura tra la Natura e la Cultura dell'essere umano, rispecchiata anche dalla divaricazione tra i diversi processi di sviluppo di queste due componenti: il meccanismo di base dell'evoluzione biologica e, in particolare per il corpo, dell'evoluzione fisica, così come è stato riconosciuto dal positivismo darwiniano, opera per Selezione naturale della specie. L'evoluzione culturale, invece per parte sua, si basa sul meccanismo dell'ereditarietà dei caratteri acquisiti, secondo un modello che era stato attribuito a quella biologica dal tardo illuminismo lamarkiano.
Questo
dissidio non appare un mero esercizio dialettico, perché gli esiti
di una soluzione che non salvaguardi correttamente le disposizioni naturali
del corpo potrebbero anche incidere definitivamente sul destino umano, tenuto
conto che tra le funzioni corporee alcune come quella alimentare o quella
riproduttiva possono risultare decisive per la sopravvivenza della specie.
E c'è già chi, come il filisofo M. Foucault, dice che l'homo
è l'ultima specie apparsa, ma già si trova in via di estinzione.
Eppure per larga parte dell' ominazione la stessa evoluzione fisica
è andata sviluppandosi parallelamente a quella culturale, divenendo
per dipiù l'una anche causa dell'altra.
2) Le
categorie della ricerca antropologica: corpo produttivo, ludico ed
espressivo.
Finché le possibilità produttive, infatti, dell'homo
rimangono a livello della semplice sussistenza, si ha una
divisione tecnica del
lavoro su base sessuale legata all'uso del corpo.
Mentre nella più antica cultura dei Raccoglitori questa divisione
si realizza soltanto nella riproduzione
, nella più recente cultura dei Cacciatori si compie anche per
la produzione. Ma è
con la rivoluzione agricola
, quando cioè nasce la possibilità di tesaurizzare parte
della produzione, che la divisione tecnica del lavoro legata all'uso
produttivo del corpo diviene anche sociale, per fondare così
ideologicamente le opportunità della
casta egemone di impadronirsi del surplus di prodotto; poi
questa tendenza ancor più con la
rivoluzione industriale viene esaltata nell'ambito
di una società di classe.
Con la divisione sociale del lavoro la classe egemone si impossessa
di quello intellettuale, relegando alla subalterna quello corporeo.
Da qui lo status del corpo legato al lavoro produttivo viene ben presto
svalutato e nelle rappresentazioni sovrastrutturali chi detiene il potere
al corpo produttivo sostituisce un corpo ludico tipico
della propria classe. In conseguenza di tali esiti socio-culturali l'educazione
ritualizza questo corpo ludico, mentre l'apprendistato durante il lavoro
rimane l'unica educazione possibile per quello produttivo.
Ma il corpo fin dall'inizio è anche segnale, espressione, linguaggio
o, per usare la terminologia di J. P. Pavlov, primo sistema di
comunicazione. Nella cultura dei Raccoglitori è soprattutto
segnale sessuale e poi anche
comunicazione non verbale (cfr. bib. n. 1), una comunicazione
cioè empatica, dove l' emittente
non può ancora prendere le distanze dal
messaggio . Con la cultura dei Cacciatori diventa
segnale di rango e di lì nasce quella fortunata tradizione
che, sfruttando oltre al gesto
anche tutti quegli indicatori inscrivibili nel corpo, come vesti,
acconciature, cosmesi, monili, oggetti da portare in mano, fino
all'organizzazione dello spazio personale e d'azione (cfr. bib. n. 2)
, attraverso tutte le epoche storiche giunge fino al fenomeno di massa
della moda odierna.
Questo corpo espressivo nella liturgia religiosa diventa anche il
tramite della socializzazione
realizzata dalla società tradizionale, quella società
dalla cultura prevalentemente orale e dalla scarsa
mobilità sociale, che ha costituito il mondo
dell'uomo per lungo tempo dopo la rivoluzione agricola. Con riti religiosi
e civili in tale società, protratta fino alla rivoluzione industriale,
si realizza la formazione
di ampi complessi culturali pervasivi delle rappresentazioni
condivise. In tempi contemporanei poi, dopo che la società
industriale aveva fatto perdere il senso di questa espressività, ecco
la Psicoanalisi viene a rifondarla e lo fa affondandola ancor
più nell'intimità biologica del corpo, come linguaggio
dell' inconscio
che si appalesa in special modo nella malattia mentale.
3) Elementi di Storia delle Tecniche
del corpo.
E' molto probabile, a mio parere, che esista una via diversa nell'affrontare il problema della Storia delle Tecniche del corpo e della loro funzione nella Socializzazione delle giovani generazioni, che per gran parte dei tempi moderni si confondono con le metodologie dell'educazione fisica e degli sport, da quelle proposte consuetudinariamente nei corsi universitari e che, a quanto mi consta, sono di due generi. Da un lato sta l'impostazione descrittiva del reperto storico sul tema specifico desunta da materiali e documenti solitamente letterari. Dall'altra si trova una impostazione storicisticheggiante che si proietta da concezioni e scelte ideologiche preventive ai fatti, come nel caso di J. Ulmann. dove si deprime il piano della vita vissuta, per rivolgersi idealisticamente alla sovrastruttura. E così facendo si viene ad immedesimare la storia di un fatto con la storia della riflessione su quel fatto, o nel nostro caso la storia dell'educazione con quella della pedagogia (cfr. bib. n. 3). Questo si dice, non intendendo però che non si debba tener conto di simili posizioni, tutt'altro anzi, proprio perché secondo un'impostazione culturale, qual è quella che si sta qui sviluppando, i due piani su cui si giocano le due serie di fenomeni storici sono strettamente interdipendenti e con la possibilità di condizionarsi vicendevolmente. In altre parole, per concettualizzare un avvenimento storico il piano dei fatti deve poter essere inquadrato da quello dei significati e viceversa quello dei significati deve poter essere legittimato da quello dei fatti storici.
Queste a me paiono le categorie oggetto di una Storia delle Tecniche del corpo che voglia essere propositiva, nei confronti dell'analisi pedagogica, col fornirle i materiali per interpretazioni e significazioni del fenomeno culturale della corporeità umana. E' precisamente per questi motivi che in questa ottica è anche possibile fare riferimento a fatti, fenomeni, fasi storiche in cui manchi ogni traccia di una educazione del corpo, nel senso ordinario del termine, proprio per rintracciarne forme alternative, oppure per trovare le cause di un'assenza così importante (come per il monachesimo o la preistoria ). Giacché in definitiva a mio modo d'intendere non sono l'educazione fisica o il gioco e lo sport una categoria storica, ma l'uso e la concezione del corpo dell'essere umano; da esse poi possono discendere o meno forme che si collocano nella direzione dell'educazione fisica o in quella dello sport. Ma la conoscenza di queste ultime senza risalire al processo è proprio quanto di più lontano si trovi dalla conoscenza storica.
4) L'arco temporale della ricerca storica.
Per restare, infatti, in Inghilterra, nel 1478 Edoardo IV aveva proibito
il gioco del criket, minacciando due anni di prigionia ai giocatori
e tre al proprietario del terreno su cui si fosse giocato. Ancora
nel 1314 Edoardo II doveva riproibire il gioco del pallone che era già
stato proibito a suo tempo da Enrico II re degli inglesi dal 1154,
con ben miseri risultati, se da una cronaca del 1175 si viene a sapere
come gli abitanti circostanti al campo di gioco di Londra dovessero
sprangare porte e finestre per evitare i danni che i contendenti continuavano
a procurare giocando a calcio in tempo di carnevale (cfr. bib. n.
5).
5) Le categorie: Ginnastica, giochi
popolari e tradizionali.
In definitiva, dunque, per tenerci strettamente all'oggetto del nostro studio,
dovremmo partire per un verso dalla metà dell'Ottocento e per
l'altro dai primi del Seicento, ritenendo con questo di poter adeguatamente
esaurire l'escursus storico relativo al tema. Ma ciò è ben
vero solo se ci si ferma più alle parole che ai fatti, giacché
il termine di "educazione fisica" subentra nell'uso durante il secolo
scorso un po' dappertutto a quello di ginnastica, derivato dal greco
antico "gimnastiché tecne"
che significa arte di esercitarsi a corpo nudo.
È evidente comunque che l'analisi storica deve applicarsi anche al
fenomeno culturale definito col termine
ginnastica, per cui con quanto detto si è fatta retrodatare
l'origine di tali pratiche educative fin dall'antichità classica.
Ma ciò non è men vero per l'ambito definito dal termine sport,
giacché abbiamo individuato il nascere del medesimo dai giochi popolari
e tradizionali, che sono sempre esistiti nel mondo tradizionale, anche se
in forme diversificate da caratterizzazioni strettamente locali. Questi
giochi anche quando non avevano assunto una configurazione organizzativa
definitiva, hanno però sempre svolto un ruolo significativo nell'ambito
della festa, sia in quella civile che in quella religiosa (ammettendo poi
che si possano fare distinzioni in tal senso).
Ma dove il ruolo del gioco si mostra ancor piu fondamentale per la società stessa è nel mondo antico. In esso infatti i giochi assumevano il significato di un rito e vivevano perciò nella dimensione del sacro: una dimensione cioe totalizzante della vita quotidiana. Per avere un'idea di cosa significhi basta immaginare che, nel nostro modo di concepire la realtà, la stessa è suddivisa in tanti settori o aree, l'una contigua all'altra (pubblico, privato, personale ecc.). Per il mondo antico invece le varie aree si possono raffigurare come concentriche; la piu esterna ed estesa, quella che determina anche tutte le altre è appunto l'area del sacro.
6) Altre categorie: gioco popolare, gioco rituale, festa .
Se dunque le origini dell'educazione fisica con la ginnastica e quella dello
sport col gioco popolare e tradizionale si perdono parimenti nell'antichità,
non sembra che questi due fenomeni culturali possano però identificarsi
o sovrapporsi. Al primo infatti appartiene un
pensiero riflesso che ha preso le distanze dal reale e dall'incombente
per programmarlo intenzionalmente in una dimensione progettuale rivolta
al futuro. Ciò talvolta ha determinato, a livello del gesto, un notevole
differenziamento dall'azione quale si presenta spontaneamente sul piano utilitaristico,
oltre che la necessità di un luogo specificamente concepito e
di un'attrezzatura adatta all'uopo. Il secondo invece, almeno per ciò
che concerne la sua origine dal gioco tradizionale, è caratterizzato
dai gesti quotidiani del mondo del lavoro o della tradizione militare,
i quali però assumono una dimensione fuori dal tempo nel
rito . Questa dimensione si attualizza per effetto del fatto che
tali gesti si svolgono all'interno di un momento eccezionale, ricorrente nella
continuità del vissuto quotidiano secondo una ripetizione annuale,
stagionale, settimanale o eccezionale: la festa.
La festa con la sua periodicità è una restaurazione ricorrente delle fonti della società, come dice E. Durkheim (cfr. bib. n. 6), perché in tale occasione che il gruppo diventa visibile a se stesso come tale, può in questa maniera riaffermare la propria solidarietà interna e, mediante il rapporto o l'opposizione palese ad altri gruppi di cui si riconoscono scopi e strategie, realizza anche una forma di solidarietà esterna al gruppo stesso, molto importante per quelle strutture sociali pluraliste che sono inevitabili a certi livelli di sviluppo. Nella festa si porta a compimento un processo di ritualizzazione culturale mediante il quale si conferisce un particolare significato ad un comportamento che risulta fondante per il gruppo, un comportamento cioè riconosciuto importante per la solidarietà del gruppo. Quindi lo si istituzionalizza fissandone i termini della ricorrenza. Proprio attraverso la ripetizione a intervalli regolari del rito e la razione miti ad esso collegati si può così confermare nell'inconscio collettivo le rappresentazioni condivise legate a quel comportamento.
Per C. Levi-Strauss infatti all'interno della festa e col suo segno di trasgressione il rito svolge una funzione paralinguista , mentre il mito, cioè la narrazione della fondazione del rito odi una sua ricorrenza importante, svolge una funzione metalinguistica (cfr. bib. n. 7): cioè, in altre parole, i giochi rituali nella festa ci parlano (mettendoli in evidenza) dei rapporti di potere, delle divisioni di classe, delle relazioni fra le fazioni territoriali ecc., mentre la narrazione delle origini del gioco tende a spiegare la realtà espressa ritualmente, e la spiega non in modo palese, ma secondo un preciso codice interpretativo legato al modo di pensare la realtà tipico del gruppo.
7) Sport, gioco rituale e dimensione
ludica
Generalmente il gioco tradizionale si compie nello spazio piu visibile, cioè la piazza, proprio perche non ne abbisogna di uno specifico e parimenti si realizza con gli oggetti di uso consuetudinario, anche se necessita di una particolare disposizione alla partecipazione (completamente opposta al pensiero riflesso) fondata sulla condivisione dei valori e dei significati.
Con lo sport moderno si ha la caduta delle funzioni rituali etico-sacrali e al loro posto si evidenziano funzioni utilitaristiche relative alla salute per la massa dei praticanti e al profitto per le elites dei professionisti. Tuttavia in certi casi ancora una manifestazione sportiva può acquisire un senso rituale, per il particolare significato emblematico che viene ad assumere l' azione agonistica o per la profonda carica di identificazione che produce nel gruppo. Cadendo la radice rituale lo sport moderno si affranca dalla matrice strutturale e si colloca in un ambito fittiziamente privilegiato di mediazione dello scontro di classe , in effetti funzionale ad una cultura borghese egemone. Ma nello sport moderno non è caduta solo la radice rituale: una ricca organizzazione infatti è intervenuta: a codificare gesti, pesi, tnisure, attrezzature, età, spazi, condizioni operative ecc., oltre che a definire sul piano del diritto lo status dello sportivo, con relativi diritti e doveri. Abbracciando così la strada di una sempre maggiore artificiosità e di una sempre più accentuata specializzazione ci si allontana dal senso ludico come fonte della partecipazione, per accogliere l'imperativo del primato. L 'atleta moderno è ormai giocato da obiettivi di prestazione, più che giocare per sé (per il piacere di giocare), con tutto quello che ne consegue nella robottizzazione del suo modo di esistere e di pensare.
È per questo motivo che J. Huizinga può affermare che lo sport (d'élite) non è piu creatore di cultura, anche quando la tecnica sociale moderna coi mass media può moltiplicare enormemente l'effetto di mobilitazioni di massa, in occasione dei grandi scontri sportivi, già immense di per sé (cfr. bib. n. 8) , poiché questa non è piu un'azione emblematicamente creativa di significati, ma solo di record che devono essere via via migliorati, ne deriva che lo sportivo non è piu un fenomeno intrinsecamente creativo, cioè non cade piu nella dimensione ludica. Nel gioco infatti la psicoanalisi ha ritenuto un ambito intermedio tra processi consci (come il pensiero razionale) e quelli inconsci (come il sogno) che sussiste grazie ad un segnale specifico (presente anche nel gioco di altri giovani mammiferi) evidenziato quando si è in gioco.con altri (festa). In questo settore specifico di esperienza ( area transazionale) il bambino prima e l'adulto poi possono vivere l'illusione che la realtà esterna (conscia) venga a corrispondere a quella interna (inconscia e continua creazione del soggetto). Tuttavia se lo sport d'élite non è più gioco, ma lavoro e conseguentemente risponde alla razionalità propria del lavoro (produttività, mercato ecc.), continua ad essere gioco per quella grande maggioranza di praticanti cui è preclusa la dimensione del record assoluto ma proprio per questo in possesso di un gesto significativo e creativo.
8) Apporti delle Scienze Psico-biologiche
Da un altro punto di vista si situano le scienze psico-biologiche
e mediche. E, se pur risulta necessario per il nostro discorso delimitarne
il campo epistemologico, rimanendo, ad esempio, nell'ambito della Psicologia,
formidabile ne appare l'apporto. Infatti si può osservare come il
corpo sia, per tali Scienze, al centro di una teoria generale della
personalità .
La personalità è il sistema stabile, seppur in continua ristrutturazione, delle caratteristiche biologiche, psichiche e cultuirali di un individuo che lo orienta ad agire nella vita in un modo personale e caratteristico (nella psicologia statunitense si chiama «il sé»). Secondo la scuola europea di psicologia tradizionale la personalità risulta costituita da: a) la costituzione fisica, come insieme dei Caratteri somatici (per alcuni autori già rappresentativa anche di Caratteri psichici); b) il temperamento , come quell'aspetto della personalità che ha attinenza con l'espressine delle emozioni (reazione somatica ad una esperienza psichica) e l'intensità degli affetti (sentimenti e passioni); c) l'umore, come quello stato di benessere o di malessere che deriva dalla percezione del proprio corpo (cenestèsi) e conferisce una particolare coloratura o connotazione personale ad ogni contenuto psichico; d) il carattere, come ciò che caratterizza il modo di sentire, pensare e volere di un individuo e perciò risulta comprensivo del temperamento più le qualità della volizione (che si esprimono nel perseguimento degli scopi all'intemo della dinamica dei bisogni e delle motivazioni); e) l'intelligenza , come qualità cognitiva del pensiero.
La personalità complessiva, in tale ottica, si determina (anche
se con linee di sviluppo differenziate per i vari autori) a partire
dall'informazione genetica raccolta dallo zigote (genotipo).
Questo corredo, poi, si esprime solo parzialmente nei caratteri evidenti
dell'individuo (fenotipo) e comunque costituisce una dotazione
potenziale alla cui realizzazione effettiva concorre in modo diverso a seconda
del tipo di carattere in causa (corporeo, psichico o culturale)
anche l'ambiente naturale e sociale circostante che, con l'offrire
certe opportunità o meno all'individuo (attivo costruttore
dei caratteri della propria personalità), ne condiziona
lo sviluppo. La personalità si determina in questi ambiti:
a) corporeo , sede dei processi biologici di Morfogenesi, Metabolismo
e Riprodtlzione e dei processi psicobiologici di Sensibilità e Movimento;
b) affettivo-emotivo , sede dei processi psico-biologici dell'Emozione
e della loro elaborazione culturale negli affetti; c) cognitivo,
sede dei processi culturali di costruzione della Percezione, di Comprensione
della realtà e di Elaborazione dei Significati con tutta
la relativa strumentazione del pensiero (gesto, immagine e linguaggio);
d) sociale, sede di processi culturali di Transazione interpersonale
(Relazione) e di reciprocità per effetto di una progressiva
strutturazione della propria identità personale e l'assunzione
di Ruoli e Posizioni sociali.
L 'importanza del corpo (e della percezione e del movimento)
per lo sviluppo della personalità dell'individuo, così, comincia
già ad emergere dal fatto che una delle determinazioni della
personalità è corporea (la Costituzione), mentre per le altre
determinazioni la corporeità è pure di un certo fondamento.
E così anche l'area dell'esperienza corporea si pone all'origine
dei processi che costruiscono la personalità nelle altre
aree. Quando, perciò, si parla di dinamismo corporeo, a quanto già
detto va premessa la dinamica evolutiva Genotipo-Fenotipo e il suo
prodotto nella Costituzione fisica individuale. Il che equivale a
dire che il dinamismo del corpo, come manifestazione ed esigenza di vita,
va inteso su due piani: a) quello dello sviluppo biologico, b) quello dello
sviluppo psicologico e culturale. Se, poi, dalle definizioni generali
veniamo ai maggiori autori, è possibile cogliere ancor più
profondamente tale valore del corpo.
9) La Psicobiologia di H. Wallon
In "L'origine del carattere nel bambino", esaminando il ruolo del1'affettività
nel corso dello sviluppo (I parte), Wallon mette in evidenza come le manifestazioni
del1'emozione abbiano il loro punto di partenza e il loro supporto
nel1'organizzazione del1'attività tonico-posturale, in forma
di riflessi legati alle varie vie della sensibilità; un esempio ne
sono il riso e il pianto, vere scariche di tonicità muscolare. Si
deternina così una Tipologia delle Emozioni a seconda delle tensioni
cui danno luogo, distinte cioè in ipo o ipersteniche. La Tipologia
si può applicare alla Costituzione fisica per determinare quella
psico-fisica (studio che l'Autore riprenderà in "Sindromi d'insufficienza
psico-motoria e tipi psico- motori", atto di nascita della concezione
scientifica della Psicomotricità poi ripreso da tutta la scuola
francese fino a J. de Ajuriaguerra, J. Berges e R. Zazzo dal lato medico
e da P. Vayer, J. Le Boulch, A Lapierre e B. Aucuoturier dal lato educativo,
ancorché spesso taciuta).
Nel1'esaminare, poi, la funzione svolta dalla coscienza del corpo proprio,
quale substrato o fondamento della coscienza di sé (II parte dell'Op.
Cit.), analizza lo svilulppo percettivo-motorio del bambino e coglie nella
fusione delle percezioni entero, proprio ed esterocettive il momento psicogenetico
della costruzione dell'immagine del corpo proprio, mentre il momento
sociogenetico è costituito dal riconoscimento allo specchio
(argomento poi ripreso in "Cinestesia e immagine visuale del proprio
corpo " e persino da altri AA. di tutt'altra area scientifica come J.
Lacan).
10) La Psicoanalisi
di S. Freud
Il corpo compare in tre diverse dimensioni nella teoria psicoanalitica classica:
a) come la matrice delle pulsioni (cieche spinte, cariche di bisogno
organico) i cui rappresentanti ideativi ed affettivi si trovano
nell'inconscio e costitlliscono il polo pulsionale della
personalità (Es); b) come la fonte principale di identità
nella rappresentazione di sé (immagine del corpo proprio) che
costituisce la struttura più importante del sistema
percezione-coscienza e lo stumento più imponente di azione
sulla realtà (tutte funzioni dell'Io); c)
come oggetto su cui si esercita il soggetto (corpo su cui agisce la mente)
come si manifesta chiaramente nella malattia nevrotica, dove
un'alterazione dello psichismo causa una condizione morbosa in un
corpo sano (il misterioso salto psicosomatico dalla mente al corpo
).
Lo sviluppo psichico individuale, poi, si realizza attraverso un processo di costruzione dell'oggetto della pulsione sessuale che nasce dall'eccitazione di un organo e si serve del1ediverse modalità colporee di rapporto con la realtà prevalenti alle diverse età per attualizzarsi, determinando gli stadi psicosessuali: orale, anale, fal1ico, latenza e genitale. (Per approfondimenti: Reich sulla formazione del carattere attraverso là sessualità; Winnicott per la dimensione transizionale del gioco; Erikson sulla formazione dell'identità personale; Schilder sull'immagine del corpo; Schonfeld per l'immagine corporea nel1'adolescente ed i suoi disturbi).
11) L 'Epistentologia genetica di J. Piaget
In un'opera divulgativa come "Psicologia e sviluppo mentale del
bambino" l'Autore mette in evidenza come si sviluppa l'intelligenza:
che è senso-motoria fino a 18 mesi, poi, intuitiva
fino a 7 anni, e cioè caratterizzata da una progressiva interiorizzazione
dell'azione che «da puramente percettiva e motoria»
quale era nel primo periodo, può ora ricostruirsi sul
piano intuitivo delle immagini e del linguaggio, evocando anche condotte
specifiche in assenza degli oggetti o anticipando gli
avvenimenti e i loro esiti anche senza doverlo realizzare. Questa
"intel1igenza pratica" però, consistendo in una ricostruzione
rappresentativa del1'azione, rimane, come quella, dipendente dalla
percezione sensoriale e perciò non si compie su un piano puramente
logico e il bambino rimane dipendente dal proprio punto di vista.
L'intelligenza diviene successivamente
operatoria concreta fino a 11/12 anni e poi operatoria formale,
con la conquista di un pensiero pienamente reversibile; le azioni divengono:
a) operazioni logiche (come classificare o seriare quando si
prendono in considerazione le qualità delle cose), perché
le azioni ipotetiche vengono coordinate in un insieme di azioni possibili
e, in particolare, diventa possibile pensare l'azione contraria a quella
che si effettua, ripristinando mentalmente le condizioni iniziali o conservando
la quantità; b) operazioni infralogiche (quando non si prendono
in considerazione le qualità delle cose, ma la loro condizione rispetto
alle dimensioni temporali, spaziali e causali), perché si è
capaci di tener presente una percezione e, contemporaneamente, l'effetto
di una azione mentale che porta il ragazzo a decentrarsi per assumere un
diverso punto di vista.
Da ricordare che, poi, in "La formazione del simbolo nel bambino
" l'acquisizione del linguaggio è subordinata all'emergere di una
funzione simbolica che si afferma inizialmente mediante attività
gestuali (imitazione, imitazione differita e gioco simbolico).
12) La scuola di Psicologia Storico-Sociale di L. S. Vygotskij e A. Lurija
Analizzando il problema psicologico del passaggio dal Pensiero al Linguaggio
(nel processo di codificazione dell'Enunciato secondo le regole linguistiche)
in "Pensiero e linguaggio", l'Autore rinviene nello studio dell'evoluzione
delle forme di comunicazione del bambino prima un linguaggio espressivo
egocentrico originario che, in seguito, si socializza progressivamente
assimilando le regole linguistiche con spontaneità in uso nel proprio
ambiente sociale di vita. Nel sorgere di questo linguaggio sociale
si evidenzia però una fase, corrispondente alla scuola dell'infanzia
dai 3 ai 7 anni, in cui parte del linguaggio egocentrico si trasforma nel
linguaggio interiore (Pensiero), portando a funzione intrapsichica (individuale)
ciò che prima era funzione interpsichica (sociale e culturale). E'
proprio questo linguaggio interiore che forma la struttura profonda della
grammatica (generativa trasformazionale poi per N. Chomsky), cioè
costruisce il significato semantico sulla base delle azioni che si vanno
realizzando accompagnate dal parlottare del bambino. Una struttura semantica
del significato, come metterà in rilievo Lurija in "Problemi fondamentali
di Neurolinguistica", legata direttamente al complesso degli eventi
psicologici e, in particolare, emozionali che hanno costituito il contesto
in cui si è verificata l'azione che ha dato origine a quel significato.
13) La Psicologia della Conoscenza di J. S. Bruner
Lo psicologo più "potente" del XX secolo ha più volte utilizzato
il modello linguistico per esaminare il nascere dell'azione nel bambino
piccolo. In "Psicologia della conoscenza" nel pieno dell'analisi di una
"modularizzazione" (apprendimento) di un gesto utile e finalizzato, applicando
tale modello, si trova di fronte ad un fenomeno imprevisto: quando il gesto,
che prima era appena abbozzato e del tutto stentato, tende a acquisire stabilità
e sicurezza, lo fa cambiando la struttura dell'insieme che, pur risultando
ancora composta dei singoli atti così come anche precedentemente
accadeva, tuttavia acquisisce una nuova fisionomia (come dimostreranno poi
gli studi di J. A. Adams e R. A. Schmidt). In altre parole, al contrario
del linguaggio, dove le parole e i fonemi seguono regole di composizione
e sostituzione per costituire frasi, ciascun gesto finalizzato è
una "Gestalt" (una forma) specifica collegata in modo significativo al contesto
esterno ed interno.
1) Cfr. D. Efron, Gesto, razza e cultura, Bompiani, Milano 1974.
2) Cfr. E. T. Hall, La dimensione nascosta, Bompiani, Milano 1968.
3) Cfr. J. Ulmann, Ginnastica, educazione fisica e sport dell'antichità ad oggi, Armando, Roma 1967.
4) Cfr. H. Spencer, Educazione intellettuale, morale e fisica, La Nuova Italia, Firenze 1951.
5) Cfr. AA VV, Il gioco e gli sport , Zanichelli, Bologna 1958.
6) Cfr. E. Durkheim, Le forme elementari della vita religiosa, Comunità, MiIano 1963.
7) Cfr. C. Levi-Strauss, Il pensiero selvaggio, II Saggiatore, Milano 1964.
8) Cfr. J. Huizinga, Homo ludens , Einaudi, Torino 1973.