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ORIENTAMENTO FORMATIVO E INTEGRATO NELLA SPERIMENTAZIONE DI ORDINAMENTI E NELLE INTESE CON LE REGIONI PER VALIDARE IL PROGETTO DI RIFORMA DEL MINISTRO MORATTI

        Novembre 2002                                                                                di Marco Paolo Dellabiancia

La proposta di sperimentazione degli ordinamenti avanzata dal Ministro del MIUR all’inizio dell’anno scolastico 2002/03, ancorché rivolta alla scuola dell’Infanzia e Primaria, rivela però nella sua costruzione strutturale le linee fondamentali dell’intervento formativo che caratterizzeranno la costituzione del sistema scolastico nel suo ciclo primario secondo forme innovative, mentre anche per il ciclo secondario alcuni elementi di novità, se non proprio d’innovazione, vengono dalle intese che il MIUR ha stipulato con alcune Regioni. Tra questi elementi, poi, i più interessanti riguardano proprio l’Orientamento scolastico formativo e quello alla scelta nelle iniziative integrate; in altre parole le funzioni e le strategie educativo - didattiche che sono mirate al benessere dell’allievo, al suo successo scolastico ed esistenziale e, dunque, alla qualità della scuola.

Indice:

1) Il punto sulla riforma del sistema scolastico
2) La legge delega

3) Le intese con alcune Regioni e la sperimentazione nazionale di ordinamenti

4) Il progetto sperimentale nazionale

5) Il progetto sperimentale di scuola nel piano regionale

6) L’Orientamento scolastico nelle intese con le Regioni

7) L’Orientamento scolastico nella sperimentazione nazionale

8) Le prospettive del nuovo Orientamento (nelle parole del Ministro)

9) Note

 

1) Il punto sulla riforma del sistema scolastico

All’indomani del suo insediamento, nel giugno 2001, il Ministro dell’Istruzione Moratti presentò tra le linee del suo programma anche "il percorso di revisione parlamentare della legge di riordino dei cicli scolastici (già denominata Berlinguer), in tempo utile per avviare il nuovo anno scolastico 2002-2003 secondo le nuove indicazioni". Ma oggi, all’inizio del nuovo anno si è nella condizione per cui solo alcune scuole, in realtà davvero una minima rappresentanza (250 su 6000 tra Direzioni Didattiche e Istituti Comprensivi Statali e Paritari), assume in forma sperimentale taluni dei tratti della riforma che si sta delineando dai primi documenti ministeriali (i vari Documenti del Rapporto del Gruppo Ristretto di Lavoro costituito con D. M. 18 luglio 2001, n. 672, pubblicati il 28 novembre e il 14 dicembre 2001, più le due guide alla riforma "Una Scuola per Crescere" pubblicate ad aprile 2002).

In realtà il Ministro quando aveva previsto la revisione della "Legge - quadro in materia di riordino dei cicli d’istruzione" n. 30 del 10 febbraio 2000, probabilmente non pensava ad un percorso parlamentare ma all’esercizio della delega del Governo e per tale motivo prevedeva un’azione "veloce". Conseguentemente a gennaio del 2002 il Ministro aveva presentato in seno al Consiglio dei Ministri la sua proposta di decreto delega per la riforma del sistema scolastico, ma veniva contrastato dal Ministro Tremonti, già alle prese con le avvisaglie della recessione nonché la difficile eredità del centro - sinistra e il conseguente problema di far quadrare i conti pubblici, e poi anche da altri Ministri (ovviamente dell’area cattolica che rimane molto sensibile all’anticipo scolastico, perché di fatto fino ad ora riservato appannaggio delle proprie scuole), critici soprattutto del metodo seguito dal Ministro del MIUR che li stava ponendo di fronte ad un fatto compiuto e, dunque, scoperti verso le probabilmente inevitabili proteste del loro elettorato.

Perciò il Ministro dovette bloccare la propria iniziativa a livello governativo per presentare invece una proposta di legge delega all’approvazione delle Camere: il Ddl. n. 1306 che aveva subito ricevuto dal CNPI un’ampia bocciatura preventiva. L’iter partì con la collocazione all’ordine del giorno dei lavori dell’Assemblea del Senato dalla seduta del 9 aprile, per proseguire poi nella Commissione Istruzione e con una previsione iniziale di giungere al voto del consesso entro giugno-luglio, cioè in tempo per passare alla Camera prima della chiusura delle operazioni parlamentari.

Ben presto però questa ipotesi si dimostrò troppo benevola e cadde anche la possibilità di vedere approvato soltanto dal Senato il testo del disegno di legge delega prima della pausa estiva. Infatti bisognò arrivare all’ottobre perché il disegno di legge fosse stato approvato dalla VII Commissione e, dunque, pronto per l’approvazione in aula, con numerose variazioni rispetto all’iniziale (sopravvenuta proprio in fase di conclusione dell’articolo il13/11/02), mentre ancora ovviamente non era stata calendarizzata la discussone dall’altro ramo del Parlamento.

Il Disegno di Legge delega, partendo dalla finalità di valorizzare la "persona umana, nel rispetto dei ritmi dell’età evolutiva, delle differenze e dell’identità di ciascuno e delle scelte educative della famiglia, nel quadro della cooperazione tra scuola e genitori, in coerenza con il principio di autonomia delle istituzioni scolastiche e secondo i princìpi sanciti dalla Costituzione, assegna il compito al Governo di adottare, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge delega e nel rispetto delle competenze costituzionali degli Enti Locali, nonché di quelle conferite ai diversi soggetti istituzionali e dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, uno o più decreti legislativi per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e di istruzione e formazione professionale" (dal testo del Ddl. n. 1306, così come comunicato il 2 aprile 2002 alla Presidenza del Senato).

2) La legge delega
 

Per la realizzazione delle finalità che abbiamo appena ricordato, il Ministro dell’Istruzione deve predisporre, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge medesima, un piano programmatico di interventi finanziari, da sottoporre all’approvazione del Consiglio dei Ministri, previa intesa con la Conferenza unificata Stato - Regioni, a sostegno:

L’impianto del sistema scolastico è, ovviamente, quello diffuso nelle relazioni dei lavori della Commissione Bertagna: una scuola triennale dell’infanzia soltanto preparatoria all’obbligo scolastico seguente che, a sua volta, consiste nel ciclo primario con la scuola elementare quinquennale più la scuola secondaria di I grado triennale, seguito dal ciclo secondario a due canali paralleli con l’istruzione liceale da un lato e l’istruzione e la formazione professionale dall’altro. Forse il testo predisposto con le variazioni approvate dalla VII Commissione del Senato avanza una più evidente individuazione nel ciclo secondario di un sistema a competenza mista; accanto al sistema dei licei (istruzione), infatti, il testo prevede un sistema dell’istruzione e formazione professionale regionale capace di produrre autonome certificazioni regionali ma, se rispettoso di standard definiti, anche certificazioni nazionali (riconosciute in Europa).

Il sistema scolastico è poi dotato di un Istituto per la valutazione del servizio, che prepara prove di verifica nazionale ai vari livelli scolastici e negli esami di Stato terminali del ciclo primario e del ciclo secondario. Sono anche armonizzate le disposizioni per l’acquisizione delle abilitazioni all’insegnamento del personale docente tramite le scuole universitarie regionali; si prevedono anche strutture didattiche di ateneo o d’interateneo che promuovano e governino centri di eccellenza per la formazione permanente degli insegnanti e collaborino alla formazione in servizio degli insegnanti interessati ad assumere funzioni di supporto, di tutorato e di coordinamento dell’attività educativa, didattica e gestionale delle istituzioni scolastiche e formative; si definisce una nuova Funzione Obiettivo specifica per i docenti che si occupano dell’Alternanza Scuola – Lavoro.

Mentre il testo del disegno di legge delega, dunque, naviga in acque agitate lungo il suo corso parlamentare che pure si sta faticosamente realizzando, il Ministro sicuramente memore della previsione fatta al momento dell’insediamento, però, ha dato impulso da un lato ad intese con alcune Regioni (Lazio, Lombardia, Molise, Piemonte, Puglia più la Provincia autonoma di Trento) e dall’altro alla sperimentazione nazionale.
 

3) Le intese con alcune Regioni e la sperimentazione nazionale di ordinamenti
 

Le intese sono state avviate, perché si è ravvisata "l’esigenza di corrispondere ad una avvertita e diffusa domanda di formazione che comprenda non solo l’istruzione, ma anche la formazione professionale e continua". E ritenendo "che per poter corrispondere a tale domanda, anche nell’ottica di una efficace e mirata azione di prevenzione, contrasto e recupero dei fenomeni degli insuccessi, della dispersione e degli abbandoni, si renda necessario, in attesa che trovino attuazione le nuove normative previste dal citato disegno di legge, individuare e predisporre modelli e percorsi di innovazione didattica, metodologica, organizzativa che coinvolgano i sistemi dell’istruzione e della formazione professionale, realizzino forme di interazione e di integrazione tra i due citati sistemi, valorizzino la capacità di progettazione dei soggetti coinvolti, motivando all’apprendimento attraverso il fare e l’agire", mantenendo tuttavia al comparto dell'istruzione il compito di verificare i crediti formativi acquisiti dagli studenti.

In tal senso infatti si è ritenuto "che tali interventi di interazione e integrazione debbano concretizzarsi in piani didattici e formativi che consentano l’assolvimento dell’obbligo scolastico e al tempo stesso il conseguimento degli obiettivi relativi all’acquisizione di conoscenze, capacità, abilità e competenze di base proprie della Formazione Professionale" e, conseguentemente, che "tali sperimentazioni debbano riguardare in particolare i giovani che non abbiano ancora assolto all’obbligo scolastico e che abbiano manifestato un orientamento verso percorsi professionalizzanti, attraverso intese, interazioni e collaborazioni tra le istituzioni scolastiche interessate e i centri di formazione professionale riconosciuti" (citazioni dal testo dell’intesa tra MIUR, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e Regione Lazio del 24 luglio 2002).

Le Intese, infatti, possono ancora sviluppare secondo differenziate prospettive un intervento di prova dell’integrazione tra sistema di istruzione e quello dell’istruzione e formazione professionale: sia così come si propone nel Ddl. n.1306, con la scelta dopo la terza media tra i due canali diversi, anche se ampiamente comunicanti proprio perché di pari dignità. Sia con soluzioni di compromesso che riprendono le iniziative sperimentali avviate solo per il primo anno di applicazione della Legge 9/99, mediante collaborazione tra scuole e centri di formazione professionale con iscrizione alla scuola e partecipazione della formazione che permetta l’acquisizione di un credito certificato dalla scuola e da spendere l’anno seguente nella formazione. Già a prima vista si capisce che il fulcro delle intese è l’orientamento, sia quello formativo di scuola, sia quello integrato delegato recentemente agli Enti Locali (cfr. l’articolo 139 del D. Leg.vo 112/98).

L’altra iniziativa, come abbiamo detto, ha avviato la sperimentazione nazionale dell’anticipo scolastico (così, del resto, come recepito direttamente dal disegno di legge delega), tramite il supporto, dopo le relazioni della Commissione Bertagna, anche di altri testi di riferimento ("Il quadro teorico della sperimentazione"; "Profilo educativo, culturale e professionale dello studente alla fine del primo ciclo di istruzione (6 - 14 anni)"; "Indicazioni nazionali per la scuola dell’Infanzia" - prescrittive -; "Idem" per la scuola Primaria; "Idem" per la scuola secondaria di I grado, più le "Raccomandazioni" - soltanto orientative - per ciascun livello di scuola). Ma anche questa strada non si è mostrata sgombra d’impedimenti e di opposizioni in tutte le sedi, sia quelle appropriate al dibattito politico, sia quelle non appropriate ma comunque praticabili, sia quelle del tutto inappropriate, perché istituzionali, punteggiata com’è stata persino da fatti eclatanti come l’autoconvocazione della Commissione De Mauro, o come le "minacce" (e non solo da parte di politici) ai collegi docenti possibili sperimentatori, riportate da taluni organi di stampa.

Comunque, dopo aver incassato un altro parere molto critico del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione, l’iniziativa è partita all’inizio dell’anno scolastico 2002/03 e sta andando avanti. Tale sperimentazione nazionale rimane strumentale, bisogna ricordarlo, alla messa a punto di una organizzazione educativa e didattica nuova, finalizzata alla piena autonomia delle scuole nel concorrere, con lo Stato e le Regioni e secondo le proprie prerogative e competenze, alla costruzione di un curricolo dell’Istruzione arricchito degli insegnamenti di Inglese e Informatica nonché nella dimensione di un anticipo progressivo degli studi. Per tale motivo questa sperimentazione diffusa al territorio nazionale è stata indetta alla luce dell’articolo 11 del Dpr. 275/99, Regolamento dell’Autonomia scolastica.

4) Il progetto sperimentale nazionale

I punti di forza del progetto nazionale sono chiaramente delineati dalla Cm. n. 101 del 18 settembre 2002 che accompagna il Decreto istitutivo della Sperimentazione, cioè il Dm. n. 100 di pari data e che dice testualmente: "il progetto nazionale di sperimentazione ha come oggetto le Indicazioni Nazionali per i piani di studio personalizzati per la scuola dell'infanzia e per la scuola primaria che vanno assunte come termini di riferimento per quanto riguarda gli elementi di innovazione strutturale, gli obiettivi e gli indirizzi generali".

In tal senso, perciò, sono contenuti ritenuti essenziali della sperimentazione:

In parole più semplici gli elementi di maggior significato da cogliere obbligatoriamente, ancorché con ampia possibilità di adattamento nel progetto locale che comunque deve essere recepito entro il Piano dell’Offerta Formativa della singola Istituzione scolastica, sono:

Il tutto, poi, deve avere un impianto funzionale, coniugandosi entro un quadro di fattibilità che veda il possesso di ampi requisiti strutturali, strumentali e di personale, perché - ad esempio - "nella scuola elementare la possibilità di attivare l’insegnamento della lingua inglese e l’alfabetizzazione informatica rappresenta connotazione essenziale del progetto di sperimentazione". Da cui discende che se non si possiedono già le risorse umane e materiali per tali insegnamenti, non si può accedere alla sperimentazione. Ma non basta, si richiedono inoltre situazioni d’opportunità e funzionalità, come un basso numero di alunni nelle classi o nelle sezioni già costituite per il presente anno scolastico che possano accogliere gli anticipi, l’assenza di liste di attesa ecc.

Per parte sua il MIUR assicura alle scuole sperimentatrici un budget specifico e, seppur all'interno del quadro delle iniziative generali di formazione previste per il personale della scuola (Direttiva 27 giugno 2002 n.74 e Direttiva 24. Luglio 2002 n.87), tenendo conto altresì delle risorse finanziarie provenienti dagli specifici fondi della Legge n.440/97 (Direttiva 15 maggio 2002 n.53), opportune azioni di formazione in servizio rivolte ai dirigenti scolastici, ai docenti e al personale ATA a vario titolo coinvolti nella sperimentazione, collegate alla formazione sulle Tecnologie dell'Informazione e della Comunicazione (Piano Nazionale di Formazione sulle Competenze Informatiche e Tecnologiche del Personale della Scuola, di cui alla C.M. n.55/2002). Per sostenere, preparare e verificare gli interventi di attuazione della riforma del sistema scolastico, infine, vengono istituiti un Osservatorio nazionale ed Osservatori regionali in collegamento con iniziative dell’Indire e dell’Invalsi.

5) Il progetto sperimentale di scuola nel piano regionale

Per concorrere all’inserimento nel piano sperimentale regionale, dunque, le scuole interessate elaborano un progetto di sperimentazione che, in funzione di una piena valorizzazione dell’autonomia scolastica, si caratterizzi anche per le seguenti prerogative:

A questi requisiti generali, poi, si aggiungono quelli caratterizzanti il livello scolastico. Così nella scuola dell’Infanzia si sostanzia nelle seguenti azioni di flessibilità:

Mentre per quanto attiene alla scuola Elementare la sperimentazione può comportare per ogni classe prima:


6) L’Orientamento scolastico nelle intese con le Regioni
 

Come abbiamo già accennato, gran parte delle forme innovative in prova sia nelle intese sia nella sperimentazione nazionale riguardano principalmente l’Orientamento scolastico anche attuato in forma integrata. Bisogna ricordare come già la Commissione De Mauro (Gruppo 4 – Dall’orientamento alla didattica orientante in funzione dell’obbligo scolastico e dell’obbligo formativo. Coordinatore: Giorgio Allulli – Franco Frabboni; Moderatore: Maria Teresa Sarpi) avesse già in qualche modo codificato le tre forme dell’orientamento che si realizzano nella scuola:

"la dimensione Consulenziale: come intervento didattico speciale del docente, anche completato con collaborazioni esterne, che offre "il supporto necessario a sviluppare nell’allievo una maggior consapevolezza di sé e del contesto scolastico di riferimento in ordine ad una scelta di studi da confermare o cambiare" a partire dall’accoglienza, attraverso l’analisi iniziale di competenze e il sostegno agli apprendimenti, fino al bilancio di competenze per decidere il consolidamento o il riorientamento.

La dimensione Informativa: come intervento educativo e organizzativo della scuola teso a far conoscere i percorsi scolastici, formativi e lavorativi successivi agli alunni e ai genitori, partendo dai campi disciplinari tramite moduli didattici specifici per passare, attraverso una presa di contatto con la realtà e le situazioni del lavoro, anche in riferimento alle diverse famiglie professionali e ai rispettivi percorsi di accesso, al coinvolgimento e alla partecipazione "degli organi competenti operanti sul territorio", in primo luogo Centri di orientamento e Centri per l’impiego.

La dimensione Formativa: come intervento didattico ordinario disciplinare o pluridisciplinare centrato sull’apprendimento di conoscenze, competenze e atteggiamenti valoriali connessi alle materie e allo studio inizialmente e da qui progressivamente irradiantesi ai saperi, ai linguaggi, ai campi di esperienza e ai sistemi simbolico – culturali come strumenti per conseguire l’espressione delle proprie attitudini e la consapevolezza di sé e della realtà" (si veda nota n. 1).

Molte delle iniziative integrate sia per la dimensione consulenziale che per quella informativa nelle intese con le Regioni vedono un intervento sia in fase di realizzazione che in fase di formazione del personale degli Enti e dei Servizi per l’Impiego. A questo proposito si deve ricordare come tutta la materia dell’Orientamento Professionale stia ricevendo in questi tempi la regolamentazione dell’Unione Europea che potrà diffondere modelli di lavoro, strategie di intervento e ruoli (dalla prima formazione, al reclutamento e allo stato giuridico) degli orientatori professionali in modo univoco.

In tale direzione, comunque, già si erano mosse talune Regioni fin dall’attuazione del nuovo obbligo scolastico e poi con nuovo vigore (e tanti fondi europei) con l’obbligo formativo a 18 anni (ne avevamo già dato relazione. Si veda la nota n. 2.). Ma oggi con le intese tale prospettiva si sta diffondendo anche ad altre regioni, ad esempio da settembre la Puglia, unica regione nel Mezzogiorno che si sia dotata di un protocollo d’intesa firmato dall’Assessore Regionale alla Formazione Professionale con i Ministeri dell’Istruzione e del Lavoro, sperimenta così i contenuti principali della riforma Moratti per il ciclo secondario.

"Un insieme di novità, destinate a rivoluzionare il sistema dell’istruzione e
della formazione, che impegna i soggetti operanti nel settore ad una nuova

collaborazione sinergica per l’attuazione di :

L’attuazione dell'obbligo formativo fino a 18 anni, poi, grazie all’introduzione di crediti formativi certificati e a patti formativi flessibili previsti dall’intesa in direzione della riforma, offre ai giovani l’opportunità di "disegnarsi" un percorso di formazione rispondente ai propri interessi, aspirazioni, potenzialità. In tale prospettiva risulta indispensabile, allo scopo di favorirne il successo formativo, individuare con precisione il ruolo dei "Tutor nell'obbligo formativo e nell’apprendistato", responsabili di guidare i giovani ad una scelta adeguatamente ponderata, al fine di potenziarne, ulteriormente, le competenze.

I Centri Territoriali per l’Impiego, poi, nell’ambito delle sinergie scuola formazione impresa, hanno la responsabilità di attivarsi per assolvere, al meglio, tale funzione attraverso un’azione di valorizzazione delle risorse umane e di attuazione del coordinamento degli attori presenti sul territorio locale. Gli Istituti scolastici ed i Centri di formazione devono svolgere il loro ruolo di proposta educativa e professionale con un’efficacia ed una qualità che i nuovi compiti e la delicatezza della materia impongono e con il rispetto reciproco delle competenze proprie" (da una comunicazione interna dell’AICO a cura della dott.ssa Alessandra Troia).
 

7) L’Orientamento scolastico nella sperimentazione nazionale
 

Se per le intese lo sforzo maggiore riguarda l’Orientamento in forma integrata, per la sperimentazione nazionale si tratta di un nuovo assestamento dell’Orientamento formativo. Oggi, infatti, relativamente solo alla scuola dell'infanzia e alla scuola elementare, ma in futuro in tutti e due i cicli scolastici, la sperimentazione prevede tra le innovazioni comuni, la realizzazione di un Portfolio delle competenze individuali di ciascun allievo, d'intesa con le famiglie e per opera dei docenti della sezione (nella scuola dell'infanzia) e del docente tutor unitamente ai docenti del team (nella scuola elementare). Le disposizioni che accompagnano il Decreto istitutivo della sperimentazione nazionale chiariscono subito che il portfolio, nel rispetto delle finalità individuate prescrittivamente dalle Indicazioni per ciascun livello di scuola, non può essere considerato "un mero contenitore, ma costituisce una collezione strutturata, selezionata e commentata/valutata di materiali particolarmente paradigmatici prodotti dall’allievo, che consentono di conoscere l’ampiezza e la profondità delle sue competenze e, allo stesso tempo, della maggiore o minore pertinenza degli interventi didattici adottati.

Tale strumento, pertanto, è principalmente deputato all’osservazione e alla descrizione accurata dei percorsi seguiti e dei progressi educativi raggiunti dal bambino nella scuola dell’infanzia, e alla valutazione e all’orientamento nella scuola elementare, nonché, in entrambi i settori scolastici, alla documentazione essenziale dei momenti significativi del percorso formativo del bambino e dell’alunno. La materiale predisposizione del portfolio potrà avvenire in termini aperti e flessibili, attingendo, con opportuni adattamenti, alle migliori esperienze in materia".

La sua struttura, infatti, comprende una sezione dedicata alla valutazione e un’altra riservata all’orientamento. La prima deve essere redatta dalla scuola sulla base degli indirizzi generali circa la valutazione degli alunni e il riconoscimento dei crediti e debiti formativi secondo l’articolo 8 del Dpr. 275/99. Per la seconda, invece, è preciso compito di ogni istituzione scolastica individuare i criteri di scelta dei materiali e collocarli all’interno di un percorso educativo-formativo che valorizzi le pratiche dell’autonomia di ricerca e di sviluppo e il principio della cooperazione educativa della famiglia. La riflessione critica sul Portfolio e sulla sua compilazione, infatti, come già lo era la scheda di valutazione della scuola media prima della drastica riduzione operata dal Ministro Berlinguer, costituisce l’occasione per sviluppare l’Autoorientamento.

Ma in realtà le due dimensioni si intrecciano, perché, come recitano le Indicazioni, "l’unica valutazione positiva per lo studente di qualsiasi età è quella che contribuisce a conoscere l’ampiezza e la profondità delle sue competenze e, attraverso questa conoscenza progressiva e sistematica, a fargli scoprire ed apprezzare sempre meglio le capacità potenziali personali, non pienamente mobilitate, ma indispensabili per avvalorare e decidere un proprio futuro progetto esistenziale".

Proprio per questa ragione, la compilazione del Portfolio, oltre che il diretto coinvolgimento del fanciullo, esige la reciproca collaborazione tra famiglia e scuola, perché seleziona in modo accurato:

Questo strumento, poi, costituisce il supporto della vera identità scolastica dell’allievo in continuità tra le scuole e tra i cicli; le Indicazioni prescrivono, infatti, che "il Portfolio delle competenze individuali della Scuola Primaria si innesta su quello portato dai bambini dalla scuola dell’infanzia e accompagna i fanciulli nel passaggio alla scuola secondaria di primo grado. La sua funzione è particolarmente preziosa nei momenti di transizione tra le scuole dei diversi gradi. Il principio della continuità educativa esige, infatti, che essi siano ben monitorati e che i docenti, nell'anno precedente e in quello successivo al passaggio, collaborino, in termini di scambio di informazioni, di progettazione e verifica di attività educative e didattiche, con la famiglia, con il personale che ha seguito i bambini nella Scuola dell’Infanzia o che riceverà i fanciulli nella Scuola Secondaria di I grado".
 

8) Le prospettive del nuovo Orientamento (nelle parole del Ministro)
 

Recentemente il Ministro è intervenuto ad una manifestazione di Orientagiovani 2002 (cfr. nota n. 3) dove, nella prospettiva di un rapporto più stretto tra scuola e lavoro e comunque tale da consentire lo sviluppo di politiche d’istruzione e formazione, per conseguire più avanzati livelli di competenza culturale e professionale, e politiche sociali di maggior benessere e miglior qualità della vita, ha fatto il punto sulla situazione prospettica dell’Orientamento nella scuola e nella società. Partendo da un’analisi che coglie una diffusa forma di disagio giovanile, nuova, perché non causata tanto da precarie situazioni sociali ed economiche, quanto dalla fragilità delle personalità individuali, dalla carenza delle identità personali, dalla mancanza di interessi, dall’assenza di solidi valori di riferimento e che si esprime con rapporti più difficoltosi tra adulti e ragazzi, con un inserimento più difficile in una società caratterizzata da relazioni umane superficiali e dispersive, con disorientamento per il mancato sostegno affettivo della famiglia e il carente sostegno alla partecipazione della comunità scolastica, si giunge in conclusione al nuovo compito della scuola: saper ascoltare e motivare i ragazzi.

Il compito della scuola perciò cambia. "Gli insegnanti vengono chiamati a diventare dei veri e propri "tutor" capaci di aiutare i giovani nel loro processo di crescita e nello sviluppo della propria personalità; di sostenerli nei momenti delicati del loro percorso educativo e formativo, prima di un esame oppure quando si tratta di scegliere tra diversi indirizzi di studio". Il progetto di riforma dell’istruzione, perciò, non ha mire di professionalizzare i curricoli, ma di porre al centro dell’intervento bisogni, interessi, aspirazioni di giovani, famiglie e docenti. In tal senso sia lo Stato che le Regioni e gli Enti dovranno costruire le premesse per rinnovare e rafforzare le iniziative di orientamento dei giovani. La nuova relazione tra la scuola e il mondo del lavoro dovrà, infatti, vedere la costruzione di percorsi in quattro dimensioni:

Strumenti per dare attuazione concreta a queste prospettive sono:

A tali mete già conseguite, tuttavia, fanno riscontro anche altre certezze non altrettanto positive: come la carenza di orientamento nella scuola o la carenza di formazione nell’azienda. L’ampia distanza tra il mondo della scuola e quello del lavoro ci viene da una tradizione che nella scuola e nell’università vede offrire poca attenzione all’orientamento degli studenti, mentre nelle aziende alle esigenze di aggiornare o riqualificare i lavoratori. Ma a queste situazioni problematiche fa contrasto l’intenzione politica di favorire l’occupabilità e la piena valorizzazione del capitale umano. Le strategie di politica sociale e dell’istruzione, infatti, non possono che partire dalla "constatazione che livelli di istruzione più elevati ed un generale miglioramento delle competenze e delle capacità professionali sono una condizione necessaria per sostenere una fase durevole di espansione, di benessere e di stabilità sociale. Appare infatti evidente una correlazione sempre più stretta tra i livelli di istruzione e i livelli di sviluppo raggiungibili."

9) Note

1. Si consulti M. P. Dellabiancia, "La riforma della scuola e il successo scolastico e formativo di tutti gli alunni" in Rivista dell’Istruzione, n. 6 anno 2001;

2. Si consulti M. P. Dellabiancia, "L’Orientamento nella scuola" in Rivista dell’Istruzione, n. 3 anno 2001;

3. Si fa riferimento all’intervento del Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, Letizia Moratti alla IX Giornata Nazionale "OrientaGiovani 2002" Roma, 30 ottobre 2002.

Cattolica, 14/11/2002
 

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